Mondo

Ong cattoliche: in Africa muiono di Aids 40 insegnanti la settimana

L'allarme lanciato in occasione della presentazione dell'appello 'I poveri non possono aspettare' in vista della conferenza dell'Onu a Monterrey

di Gabriella Meroni

In Africa e’ emergenza insegnanti a causa dell’Aids. In paesi come il Mozambico, infatti, il virus ne uccide in media quaranta ogni settimana. A lanciare l’allarme è stato oggi il responsabile per le relazioni internazionali della Comunità di S.Egidio Mario Giro, in occasione della presentazione dell’appello ‘I poveri non possono aspettare’ in vista della conferenza dell’Onu a Monterrey. La prima e più grave conseguenza dell’Aids in Africa, ha affermato Giro, è l’abbassamento dell’età media di sopravvivenza: la soglia di vita è scesa sotto i 50 anni e in Mozambico, in particolare, ha raggiunto il limite minimo dei 37 anni. E’ ”la prima volta dal 1960 che il livello della speranza media di vita – ha detto Giro – si abbassa in modo così drastico”. L’epidemia, inoltre, ha portato alla decimazione di alcuni settori della società civile. E gli insegnanti figurano in testa a questa tragica classifica: in media, secondo le stime del rappresentante della comunità di S.Egidio, muoiono 40 insegnanti ogni 7 giorni in Mozambico e molti di più in Zambia, dove questa è diventata una vera emergenza nazionale. Una situazione ”dalle conseguenze gravissime – ha commentato – perché per formare un docente sono necessari anni ed è difficile sostituirli”. Per questo, quando in questi paesi vengono nominati nuovi impiegati e docenti se ne nominano sempre due, prevedendo che uno di loro potrebbe morire entro l’anno a causa dell’epidemia da Hiv. Emergenza anche nel settore trasporti e della produzione mineraria. E proprio l’allarme per la mancanza di minatori, ha concluso Giro, ”e’ l’aspetto che ha fatto reagire la comunità finanziaria internazionale: naturalmente, quando c’è un interesse economico in ballo l’interesse sale, così l’autorevole quotidiano ‘Financial Time’ ha posto di recente la questione in un articolo in prima pagina. Ma il problema esiste da molto, molto tempo”.


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