Welfare
Saranno i poveri a pagare la legge di Bilancio?
«Reddito di cittadinanza: ridurre la durata del sussidio per il 2023 e rendere più stringenti le condizioni per i lavoratori considerati occupabili è un intervento che non tiene conto di tutti i dati ufficiali e dei principali studi». L'intervento del portavoce dell'Alleanza contro la Povertà
Dovevamo resistere, e invece. I dibattiti politici hanno aumentato l’accanimento contro il Reddito di Cittadinanza, una misura indispensabile per il Paese, e creato una guerra tra poveri: si risparmierebbe sul RdC per dare ai pensionati. È una guerra contro i poveri, più che contro la povertà. Il nuovo Governo, che pure ha alimentato il dibattito, riduce lo spazio del RdC e mette sotto scacco milioni di poveri, che temeranno l'arrivo del 2024. Si rimane nel dubbio di cosa sarà. Abolire lo strumento significa lasciare 3,6 milioni di persone, di cui oltre 2,3 milioni al sud, senza alcun aiuto.
Sembra che il Governo sia caduto in due gravi errori: confondere il reddito di cittadinanza con le politiche attive del lavoro e alimentare la narrazione dei poveri come fannulloni. Stando alle dichiarazioni, nel 2023 le persone in condizione di occupabilità potranno ottenere il reddito di cittadinanza solo per 8 mesi (attualmente sono 18 le mensilità previste): se non accetteranno la prima offerta di lavoro che viene fatta, decade il sussidio. L'offerta di lavoro potrebbe essere fino a 100 minuti di mezzi pubblici da casa. Potrebbe essere per pochi mesi. Non importa se sei un nucleo monogenitoriale, se non hai le risorse per permetterti un'automobile o un abbonamento ferroviario, se non hai i tempi tecnici per portare i tuoi figli a scuola e parlare con gli insegnanti o se non riesci più a gestire i gravi problemi sociali del tuo nucleo, che sono quelli che alimentano il circuito della tua povertà… Niente da fare. La colpa di essere poveri si paga cara.
Ridurre la durata del sussidio per il 2023 e rendere più stringenti le condizioni per i lavoratori considerati occupabili è un intervento che non tiene conto di tutti i dati ufficiali e dei principali studi che mostrano quanto la platea presa in considerazione abbia bisogno di essere inserita in adeguati e supportati percorsi di formazione e riqualificazione, di inserimento lavorativo o di promozione dell’auto-imprenditorialità cooperativa. La via di favorire la compatibilità tra lo strumento e la ricerca dell’impiego da parte dei beneficiari è positiva, ,a richiede un approfondimento. L’annunciato intervento sul RdC in legge di bilancio – per quanto non si disponga ancora di un testo da analizzare – appare al momento come prevalentemente punitivo verso quelle famiglie in povertà in cui un componente è considerato colpevole di non riuscire a trovare lavoro entro 8 mesi. La logica non dovrebbe essere quella di tagliare uno strumento a favore dei più poveri, ma di renderlo più efficiente ed efficace. L’intervento è da considerarsi tanto più insostenibile in un periodo che si preannuncia di recessione.
Avevamo certamente bisogno di modifiche per migliorare il RdC, ma le modifiche servivano per rispondere alla crescente popolazione in condizione di bisogno. Parliamo di modifiche migliorative che dovrebbero andare dall’ampliamento della platea degli aventi diritto fino all’adeguamento degli importi in relazione all’aumento del costo della vita, senza tralasciare il rafforzamento effettivo dei percorsi di politiche attive del lavoro. Al momento sembra invece che la logica sia anzitutto tagliare, poi si vede.
Per tutte queste ragioni l'Alleanza contro la povertà chiede un confronto col Governo. Perché abbiamo delle buone ragioni, ragioni molto umane: di uomini e di donne.
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