Welfare
Da Treviso a Bruxelles: il progetto di accoglienza diffusa del prof. Calò ha fatto scuola
Per aver ospitato a casa propria sei giovani migranti sbarcati a Lampedusa, nel 2015, Antonio Calò aveva ricevuto l'onorificenza dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Oggi il suo modello di integrazione dal basso, denominato “6+6x6”, è diventato un progetto a cui si stanno ispirando sei città europee. Capofila il comune di Padova.
E’ nato dalla caparbietà di un privato cittadino, Antonio Calò, il progetto di integrazione dal basso “EMBRACIN”, voluto e guidato dal Comune di Padova (www.embracin.eu) che sta coinvolgendo sei comuni in Italia, Slovenia, Grecia, Cipro, Spagna, Svezia.
La storia di Calò è nota: il professore di Treviso, assieme alla moglie Nicoletta, nel 2015, dopo dell’ennesima tragedia migratoria nel Mediterraneo nella quale morirono oltre 900 persone, aveva deciso di accogliere a casa propria alcuni giovani profughi sbarcati a Lampedusa. Tra il 2015 e il 2020 ne accoglie ospitati sei, togliendoli agli affollati centri della provincia e, con la collaborazione di professionisti di diverse discipline, li accoglie come parte della sua già numerosa famiglia. Oggi tutti e sei parlano un buon italiano, hanno un lavoro a tempo indeterminato e una casa tutta loro.
Per questa sua iniziativa, che sta per diventare un libro “Si può fare: l’accoglienza diffusa in Europa”, che lo stesso Calò ha scritto insieme alla politologa e giornalista olandese Silke Wallenburg (in uscita a fine ottobre, casa editrice Nuova Dimensione con la prefazione di David Sassoli e la postfazione di Romano Prodi), nel 2015 Calò aveva ricevuto l'onorificenza "Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e nel 2018 il Premio di Cittadino Europeo dal Parlamento Europeo.
La sua esperienza è diventata il punto di partenza che ha portato alla costruzione di una rete transnazionale di autorità locali che, con questo progetto finanziato dalla Commissione Europea nel 2020, ha l’ambizione di trasformare, adattandola, la pratica di un cittadino privato, premiando e valorizzando le forme di accoglienza spontanee, “dal basso”, -che provengono cioè direttamente dai cittadini che operano per diventare parte attiva nei processi di integrazione di chi arriva in Europa- , in forme di integrazione diffusa e politiche di inclusione urbana, dove i cittadini e le famiglie diventano protagoniste e le amministrazioni locali valorizzano il ruolo delle comunità stesse.
Il modello 6+6×6
Il Progetto EMBRACIN, partito fra mille difficoltà nel febbraio 2021, con il supporto tecnico di Alterevo Società Benefit di Vittorio Veneto (TV) che ne ha seguito la stesura, ha svolto un percorso di condivisione, adattamento a ampliamento dell’approccio che lo stesso Calò aveva definito 6+6×6 dove il primo 6 è il numero di richiedenti asilo che Calò e la sua famiglia hanno ospitato nella loro grande casa; il secondo 6 è il numero di professionisti che hanno formato un team interdisciplinare per accompagnare il processo di integrazione; il x6 è più un auspicio, cioè il numero di richiedenti asilo ogni 5000 abitanti che può fare dell’accoglienza diffusa un modello di integrazione reale.
I comuni che vi partecipano si trovano in Slovenia (comune di Hoce Slivnica alle porte di Maribor); Svezia con il Comune di Sala; Cipro, il comune di Engomi; Spagna con Siviglia e Jaen, per finire a Salonicco in Grecia.
L’esperienza di Padova
In Italia, il Comune di Padova ha selezionato 6 nuclei famigliari disposti ad accogliere, per un periodo minimo di 6 mesi e massimo di un anno, una persona rifugiata, e accompagnarla nel suo percorso di integrazione nel capoluogo, promuovendo così la sua autonomia.
Le famiglie accoglienti, selezionate da professionisti del Comune e della cooperativa Orizzonti, parteciperanno ad un percorso di formazione e saranno seguite per tutto il corso della convivenza, assieme alla persona accolta, da operatori sociali, legali, psicologi, oltre che dai facilitatori di Refugees Welcome Italia.
«L’obiettivo è quello di elevare un’esperienza di un singolo cittadino a misure di politiche urbane di inclusione diffusa, con la codifica di un approccio sistemico di accoglienza basato su quattro pilastri che sono basati su un principio/valore assoluto, cioè che la migrazione è una realtà e che va considerata come una risorsa per un paese come il nostro soprattutto con un sistema “diffuso” di inclusione, spiega Marta Nalin, Assessora al Sociale, Integrazione e Inclusione sociale del comune di Padova.
«Il ruolo attivo della società civile, l’approccio olistico con un team multidisciplinare per accompagnare all’inclusione e autonomia, la collaborazione fra pubblico e privato e la volontà soprattutto a livello locale e urbano di riformulare le politiche di inclusione rappresentano i capi saldi del modello che sta costruendo in maniera differenziata nei Comuni che stanno sperimentando il proprio 6+6×6 adattato».
Marta Nalin, assessora del comune di Padova
A partire dalla primavera 2021 le 6 città coinvolte stanno quindi portando avanti una sperimentazione, che sarà valutata attraverso dei protocolli per la misurazione d’impatto dai partner scientifici (il Polibienestar dell’Università di Valencia, Spagna e Alterevo Società Benefit) su piccoli gruppi di migranti.
La costruzione di una rete sull’accoglienza diffusa
Infine il Progetto, oltre alla sperimentazione di approcci innovativi, sta lavorando per allargare l’esperienza a reti di città europee interessate al tema anche con l’ausilio della rete ECCAR (di cui Padova è parte), organizzando momenti di discussione e condivisione dell’esperienza attraverso dei webinar che si terranno a partire dalla primavera 2022. L’obiettivo è creare una rete tematica sul tema dell’accoglienza diffusa in cui le municipalità e gli attori locali possano scambiare e promuovere nuove forme e politiche di integrazione che provengono dal basso e che vedano il ruolo centrale della popolazione per superare stereotipi e intolleranza nei confronti del fenomeno migratorio. Il Progetto terminerà a fine 2022.
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