Mondo
L’arte sventola la bandiera ucraina
A Milano annunciato un padiglione ucraino per la prossima Triennale. Alla Biennale di Venezia ci sarà Pavlo Makov, l’artista chiamato a rappresentare il suo Paese. Intanto su iniziativa di un curatore italiano decine di artisti internazionali, tra cui vere star come Anish Kapoor, hanno creato opere per denunciare l’occupazione
«Cosa serve l’arte davanti alla guerra?»: è la domanda che una giovane artista Ucraina, Olga Artistova, arrivata in Italia, ha rivolto ad un’amica che le proponeva di partecipare ad un progetto per la pace. L’amica, Julia Krahn è anche lei artista, tedesca di origina ma italiana di fatto. Ha un rapporto particolare con l’Ucraina da quando nel 2019 aveva partecipato ad un progetto espositivo a Karkhiv, dove artisti italiani e ucraini si mettevano in rapporto con l’eredità del rispettivo passato. Alla domanda di Ola, Julia ha risposto spiegando il senso del progetto a cui le chiedeva di partecipare: una Biennale della luce, dove l’arte si trasformasse in un atto di preghiera, al di là di ogni confessione religiosa di appartenenza. Una preghiera come quella evocata dal Cristo giallo fluo su fondo blu che Julia aveva realizzato lo scorso anno, sulla scia della sua esperienza in Ucraina e delle relazioni che ha intessuto; è un’opera che vista oggi in parte risponde alla domanda su quello che l’arte serve davanti alla guerra.
Sono tanti gli artisti che si sono mobilitati davanti all’emergenza di Kyev. E l’Italia è stata l’epicentro di questa mobilitazione. Merito in particolare di un critico e curatore, Demetrio Paparoni, che ha giocato tutte le sue relazioni per costruire un inserto del giornale a cui collabora, Domani. Ha chiesto a una serie di artisti internazionali di esprimere con un’opera realizzata ad hoc la loro testimonianza per il popolo ucraino e denunciare la ferocia della guerra. Julian Schnabel, artista e star del mercato, ha voluto produrre due immagini: su un’antica cartina del paese ha tracciato una violenta linea rossa e una scritta, “Nothing to be Gained Here”. Il campo giallo e blu carica di forza lo slogan di Peter Halley, “Words not War”. Anish Kapoor, uno dei più celebri artisti viventi, ha proposto un’opera potente, nella quale due fattori in gioco, il sangue e il petrolio, si combinano in una drammatica miscela. Sulla stesura dipinta una scritta: «war is won not by the pain inflicted but by the pain that can be suffered», «la guerra non si vince per il dolore inflitto ma per il dolore che si può soffrire».
Tra gli artisti convocato per questa operazione ce n’è anche uno ucraino, che oltretutto vive a Mosca, Oleg Kulik, nato a Kiev nel 1961, è stato direttore artistico della Regina Gallery nella capitale russa. Nella sua opera, un uomo nudo assalito da due cani sventola una bandiera ucraina, dipinta con pennellate convulse tano che il giallo è sgocciolato su tutta l’immagine. E non manca un artista russo, Andrei Molodkin, che ha rappresentato il suo paese alla Biennale del 2009. Ora vive a Parigi e questo gli ha permesso di proporre un’immagine violentemente esplicita. Una dritta Putin in caratteri cubitale che emerge da un lago di sangue. Un altro artista russo, Kirill Savchenkov, che avrebbe dovuto partecipare alla Biennale veneziana di quest’anno, ha voluto specificare il suo turbamento non coopera ma con una dichiarazione: «Non c’è posto per l’arteq uando i civili muoio sotto le bombe».
Il Padiglione russo non ci sarà alla Biennale, mentre ci sarà, nonostante le difficoltà, quello ucraino, con protagonista Pavlo Makov (nella foto di cover): come ha rivelato al giornalista e curatore Luca Fiore, porterà la riedizione di un’opera degli anni 90, “Fontana dell’esaurimento”, che rievoca la drammatica esperienza vissuta nella sua città, Karkhiv, quando i sovietici, per cattiva gestione, lasciarono tutti senz’acqua per una settimana.
Non ci sarà Padiglione russo neanche alla 23esima Triennale di Milano, programmata per il 20 maggio. In compenso, per decisione del presidente Stefano Boeri, è stato avviato il cantiere per un padiglione aperto dedicato all’Ucraina, affidato a Gianluigi Ricuperati. «Sarà uno spazio interdisciplinare, dove a dispetto della tragedia che quel pollo sta vivendo, chiameremo a progettare. In fondo l’arte più colpita dalle bombe è proprio l’architettura. Da lì occorre ricominciare».
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