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Impresa sociale: ecco com’è andata

Qualche retroscena sulla riunione in Consiglio dei ministri

di Paul Ricard

Il ddl sull’impresa sociale, in discussione stamattina al Consiglio dei ministri, non è passato. Eppure per il ministro del Welfare, o. Roberto Maroni, costituiva l’esempio di quel “dialogo sociale” tanto sbandierato in faccia ai sindacati. E il povero ministro non è che non abbia dialogato, con le varie anime del Terzo settore, con gli uffici tecnici degli altri ministeri, con le altre parti sociali. Insomma, in un mese aveva messo, più o meno d’accordo tutti, e quel che più importa e, a lui, importava, è che era riuscito a tenere unito il Terzo settore smussando qua e là gli angoli dei numerosi testi di legge che erano sul tavolo.
Cosa è successo allora? Nostre fonti confidenziali ci hanno riferito che al CdM è stata vera buriana, dapprima con un intervento folcloristico del ministro Pisanu che ha accustao Maroni di essere “statalista” (?!), e poi, con un intervento più sostanziale, Tremonti è intervenuto dicendo che non ci sono soldi per prevedere benefici fiscali alle imprese sociali. Un obiezione che, quasi, svuota di significato ogni ipotesi di legge.
Il ddl è così passato all’ordine del giorno di settimana prossima. Che morale trarne?
Che il conservatorismo di Confindustria, Confartigianato e altre corporazioni è duro a morire. E che il superministro Tremonti sta diventando un vero “uomo nero” per il non profit italiano.

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