Welfare

Sinistra illusione. Nanni e ballerine

Marco Revelli, il mio no a Moretti. Il sociologo torinese spiega come alla mobilitazione giustizialista preferisca quella, di associazioni, parrocchie, circoli, sui temi sociali.

di Marco Revelli

Sta succedendo qualcosa. Evidentemente la corda era troppo tesa, tra l?impresentabilità morale del governo e l?abulia politica dell?opposizione, se la gente si è messa a fare i girotondi intorno ai tribunali, ad apostrofare dal palco e dalla platea le maschere impassibili dei leader ulivisti, a mandarsi fax ed email a catena. Ben venga tutto ciò. Sono segnali di vita, il sintomo che questo Paese non è disposto a digerire tutto senza fare una piega, Previti e Scajola, Castelli e Bossi, faccendieri, insabbiatori, trafficanti in proprio, servitori di Stato, lacché d?interessi in conflitto, cattivi predicatori e ancor peggiori razzolatori? quello che Gaetano Salvemini avrebbe definito il «ministero della malavita». La ruota di scorta E tuttavia devo anche aggiungere che (proprio perché provo un misto di vergogna, ribrezzo e indignazione per l?attuale ?stato della nazione?, come si suol dire) non mi salverei dalla disperazione se dovessi pensare che l?unica opposizione sta tutta qui. E che le nostre sorti sono affidate a questi volonterosi professori universitari, e pugnaci registi, con qualche nome eccellente, i rarefatti soliti noti, le Gae Aulenti, Levi Montalcini, Inge Feltrinelli, i Veca e i Giorello, Martinelli e Martinotti? Lo dico con molto rispetto per questo tipo di impegno, e l?improvvisa ?voglia di fare? che l?accompagna, ma se fosse così, se credessi davvero che la nostra salvezza civile sta solo qui, penserei seriamente a emigrare. In realtà c?è un altro mondo che sta al di sotto di questo, che muove sotto traccia, fuori dal raggio visuale stravolto e stravolgente dei media: un corpo dell?iceberg profondo e spesso, che da tempo va sperimentando forme di opposizione esistenziale al corso visibile delle cose, alternative di vita e non solo d?opinione, un?alterità poco visibile ma molto concreta. è un universo trasversale che passa per luoghi più opachi di un palco in piazza o di un consiglio di facoltà, piccoli circoli periferici, oratori parrocchiali, sedi di cooperative sociali per l?aiuto agli emarginati o per l?accompagnamento dei migranti, social forum, leghe sindacali nelle ex zone industriali ora in ristrutturazione, sportelli per disoccupati giovanili, reti antirazziste locali, centro sociali, gruppi di volontariato: un reticolo sottile ma diffuso dove ci si aggrega, si vince la solitudine, si crea comunità e impegno quotidiano, si testimonia fisicamente che «un altro mondo è possibile». Ignorati dai media Loro non avrebbero probabilmente consegnato le chiavi della città ai giudici, anche se alla legalità ci tengono, e la praticano, e la rivendicano soprattutto sotto forma di pari dignità di tutti; né hanno aspettato che si passasse del tutto il segno della decenza per muoversi (l?hanno fatto sui grandi temi dei migranti e dei loro diritti, dell?emarginazione sociale; delle nuove miserie e indigenze; del lavoro precario e servile; su tutto ciò che ferisce e tormenta il corpo sociale nel profondo). Certo, dai media non sono ?visti?, non sono neppure ?guardati? (non hanno un ?nome?, sono parte della moltitudine in cui si va sciogliendo la nostra società) e quindi nel sistema autoreferenziale che il circolo vizioso informazione-politica ha creato, non contano nulla. Non ?sono?. E tuttavia è merito loro se questo Paese resta vivibile. E se si può continuare a sperare.


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