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Occhetto: il partito è alla deriva
Sulla legge 185 intervista ad Achille Occhetto.
di Redazione
Achille Occhetto è stato l?ultimo segretario del Pci e il primo del Pds. Nella passata legislatura, ha diretto la commissione Esteri del Senato, dove è stato rieletto. Oggi che è parlamentare semplice, a Palazzo Madama risponde lui: «Cercavo il senatore Occhetto». «Sono io». Occhetto non ha bisogno di portavoce, non ha bisogno di ?negri? che scrivano libri per lui: quello che pensa di D?Alema e della ?banca d?affari? che faceva il bello e il cattivo tempo a Palazzo Chigi (i Velardi, i Cuperlo, i Rondolino) l?ha raccontato in un libro che si chiama, appunto, Il sentimento e la ragione.
Vita: Senatore, cosa pensa del voto favorevole dei Ds sul provvedimento che svuota la legge 185/90 sulle armi?
Achille Occhetto: Si tratta di una decisione inaudita e sbagliata. Quando ero presidente della commissione Esteri abbiamo affrontato la questione della vendita di armi a Paesi terzi, prendendo provvedimenti che ponevano l?Italia all?avanguardia, come il divieto di fabbricare mine antiuomo. Il voto della Camera non è frutto di una distrazione, come ora qualcuno dice dentro il mio partito, ma di una convinzione profonda, quella di ritenere Cesare Previti fonte d?ispirazione legislativa.
Vita: Stiamo parlando di Marco Minniti, braccio destro di D?Alema e suo ex sottosegretario alla Difesa?
Occhetto: C?è da parte del mio partito e di alcuni dirigenti un tentativo di accreditamento come forza di governo che va oltre la propria tradizione politica: qui non si tratta di superare la retorica di una sinistra protestataria ma di perdere ogni legame con un mondo, quello del Terzo settore, senza il quale è difficile che la sinistra possa rinnovarsi. La svolta è morta.
Vita: Onorevole, diventerà mica un no global anche lei, ora?
Occhetto: I Ds sono diventati ultrà del neoliberismo selvaggio. Si vergognano della loro storia e cantano le lodi della guerra e del tardocapitalismo. Poveretti. Basta leggere il Guardian o il New York Times per capire quanto siano schiavi di un impero criticato persino al suo interno. Ci sarebbe bisogno, invece, di un riformismo forte, sì, ma radicale. Come quello della Chiesa.
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