Volontariato
Quelli che la scuola la fanno su un palco
Un convegno alla Rinnovata Pizzigoni di Milano per discutere di teatro a scuola e della necessità di fare rete per integrare l’arte teatrale nella didattica
Prima i rapporti erano sempre “con il freno a mano tirato”. Dopo, ognuno si è sentito più libero di essere se stesso. Prima c’era chi si faticava ad esprimersi, dopo tutti hanno trovato la loro dimensione, più sciolta. Il discrimine tra il prima e il dopo è il teatro, fatto e non solo fruito. Più precisamente, il teatro fatto a scuola. Il progetto si chiama TAC-Teatro Attiva Cultura ed è stato ideato dagli insegnanti dell’Istituto Comprensivo Rinnovata Pizzigoni di Milano con l’obiettivo di trasformare la scuola in un centro di educazione e cultura diffusa, a disposizione della comunità, con una serie di incontri, laboratori, mostre e spettacoli volti a promuovere l’inclusione sociale. Partito nel 2019, vincitore del bando promosso dal MiBACT “Scuola attiva la cultura”, passato attarverso la pandemia, il progetto TAC con il nuovo anno scolastico è entrato nella sua terza fase che prevede anche, il prossimo 7 ottobre, un convegno organizzato in collaborazione con l’associazione AGITA e ospitato dal Teatro Bruno Munari, rivolto a docenti, istituzioni, associazioni di categoria, attori e registi per discutere di teatro a scuola e della necessità di fare rete per integrare l’arte teatrale nella didattica (qui il link per la registrazione e in allegato il programnma).
L’idea alla base del progetto infatti è quella del superamento del teatro come attività extracurricolare, per riconoscerlo invece come strumento didattico. Renata Di Venosa è un’insegnante della primaria della Rinnovata Pizzigoni e sul perché fare teatro a scuola non ha dubbi: «Perché dà la possibilità di risvegliare abilità diverse. È un mondo che permette a tutti di trovare il proprio angolino di espressività e di creatività: per qualcuno il disegno, per altri il movimento, per altri ancora la voglia di leggere nuovi testi, andandoli a cercare. E insegna un modo di stare insieme agli altri, imparo a condividere, a non aver timore di dire quello che penso. Alla scuola primaria tutto questo significa offrire al bambino tanti stimoli, qualcosa di certo crescerà».
Il progetto TAC è partito dai docenti, con un laboratorio guidato dagli attori del Teatro del Buratto: «Ci ha mosso l'esigenza di imparare a comunicare con il corpo e con la voce in modo migliore, per rapportarsi meglio con gli alunni», ricorda Di Venosa. Gli insegnanti mettono in scena alcuni miti greci, in uno spettacolo che coinvolge il pubblico fatto non solo di alunni e famiglie ma anche di tanti cittadini del quartiere. «Immergersi nel teatro ha tirato fuori la nostra espressività creativa, la capacità di sentirsi più liberi anche fra colleghi: questo ha favorito i rapporti lavorativi, che erano sempre invece un po’ col freno a mano».
Dopo i docenti è stata la volta dei bambini della prima e seconda primaria, sempre con il Teatro del Buratto. Era l’autunno 2019/2020, quando nessuno poteva immaginare scenari di lockdown e Dad. I bambini mettono in scena uno spettacolo che parte dalle fiabe, completamente costruito da loro: «È stato completamente diverso dal classico spettacolo di fine anno o di Natale in cui i bambini spesso eseguono quello che la maestra dice di fare e i bambini hanno l’ansia del fare bene o male. Non c’erano direttive, non c’erano costumi, non c’era scenografia… tutto è stato affidato a piccoli gruppi di bambini che lo hanno ideato completamente. Con movimenti nello spazio e con il loro corpo sono diventati personaggi o elementi della fiaba: il vento, gli alberi. Bambini stranieri e con disabilità si confondevano assolutamente nella classe, in modo armonico, un bambino autistico è riuscito a sfruttare le sue caratteristiche: in scena lui era il vento ed era davvero il vento», dice Di Venosa.
Spettacolo a parte, tutto questo poi è rimasto alla classe, nelle situazioni più ordinarie. Anche in Dad. «Abbiamo cercato delle situazioni di gioco fattibili davanti alla telecamera, sfruttando delle abilità che loro avevano acquisito: sapersi esprimere senza fatica di fronte agli altri, usare il volto per esprimere qualcosa… Abbiamo fatto un lavoro sull’archivio della scuola e guardano le foto i bambini hanno osservato che erano delle scene. Perché non facciamo parlare le persone? Hanno inventato i dialoghi fra i bambini del passato e abbiamo lavorato sull’uso della voce», racconta la maestra. Ancora adesso, all’intervallo, i bambini che hanno partecipato a quel laboratorio giocano a fare teatro: inventano liberamente e chiamano gli insegnanti a vederli.
«Abbiamo messo un seme e la prima piantina ha resistito a questo anno e mezzo imprevedibilmente complicato», sintetizza Di Venosa. Il 7 è un altro passo in avanti, con l'Istituto Comprensivo Rinnovata Pizzigoni che vuole diventare, anche con il teatro, un polo culturale e motore di rinnovamento per il quartiere e la città intera. Il 30 settembre alla Pizzigoni è andato in scena lo spettacolo vincitore del Premio Teatro Nudo No’mah di Teresa Pomodoro “ArleChino: traduttore e traditore di due padroni” di Cristina Pezzoli e Shi Yang Shi e la scuola tornerà ad essere palcoscenico in occasione del concerto strumentale in programma il 14 ottobre.
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