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Affidamento familiare, la forma più generosa di accoglienza per i minori non accompagnati

Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, scrive: «Nel sistema dell’accoglienza la figura del tutore volontario rappresenta ancora oggi l’incarnazione di un approccio innovativo. Ma ora è arrivato il momento di fare un passo in avanti per assicurare la tutela più ampia possibile ai ragazzi che arrivano in Italia da soli: un primo strumento da valorizzare è l’affidamento familiare, un istituto già previsto dalla legge che va ora promosso attraverso un’opera di sensibilizzazione e sostegno»

di Carla Garlatti

Nel sistema dell’accoglienza la figura del tutore volontario non è più una novità: la legge che l’ha introdotta risale infatti ormai a quattro anni fa. Eppure essa rappresenta ancora oggi l’incarnazione di un approccio innovativo. Alla funzione del tutore come rappresentante legale che si occupa solo di questioni burocratiche e amministrative, si affianca – e anzi dovrebbe prevalere – l'aspetto relazionale del rapporto umano con il minore straniero che arriva nel nostro paese senza adulti di riferimento. Una figura capace non solo di essere guida nelle scelte di vita, ma anche di farsi carico dei problemi dei ragazzi, interprete dei loro bisogni e garante dei loro diritti, anche nelle piccole cose di ogni giorno. Quella che realizza il tutore volontario, quindi, non è una tutela formale che si limita a eseguire gli adempimenti previsti dalla legge, ma una tutela effettiva che richiede ascolto e accompagnamento. Per questo il tutore riveste un ruolo fondamentale nel processo di inclusione e di integrazione del minore straniero non accompagnato, diventando un anello imprescindibile del sistema di accoglienza.

Questi primi anni di applicazione della legge 47/2017 hanno permesso alla figura del tutore volontario di prendere piede e di maturare esperienze che sono state oggetto di attività di monitoraggio e di analisi da parte dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, finanziati attraverso il fondo europeo Fami. È arrivato il momento, ora, di fare un passo in avanti per assicurare la tutela più ampia possibile ai ragazzi che arrivano in Italia da soli: un numero che, purtroppo, a causa del cambiamento climatico, dei conflitti e della povertà tenderà a crescere in maniera strutturale. E si tratta per la maggior parte di minorenni che si trovano ad affrontare viaggi lunghissimi, in condizioni precarie, senza punti di riferimento che possano prendersi cura di loro e dei loro diritti.


Un primo strumento da valorizzare, in questo senso, è l’affidamento familiare, che rappresenta la forma più generosa e inclusiva di accoglienza. Si tratta di un istituto già previsto dalla legge che va ora promosso attraverso un’opera di sensibilizzazione e sostegno. Inoltre occorre accordare, anche a coloro che arrivano in Italia alle soglie della maggiore età, la possibilità di iscriversi a corsi di formazione professionale. Si tratta di offrire l’opportunità di imparare un mestiere, trasformando i loro desideri e le loro aspirazioni in una risorsa per l’intera comunità.

Non solo. Vanno meglio chiariti il ruolo e i compiti del tutore volontario, a cui deve essere riconosciuta una funzione che vada oltre l’aspetto meramente burocratico e valorizzi veramente il suo impegno nel sostenere il minorenne durante il percorso di inserimento. In questo senso risulta particolarmente importante mettere in atto un coordinamento efficace del tutore con i gestori delle strutture che ospitano i ragazzi, con i servizi sociali, con il personale scolastico e con le autorità: il tutore dovrebbe essere pienamente coinvolto nelle decisioni che riguardano la quotidianità e il futuro del minore.

È da valutare, inoltre, la possibilità di garantire una formazione continua ai tutori volontari anche incrementando e migliorando quella offerta oggi: la maggior parte dei tutori – sentiti attraverso un monitoraggio realizzato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza – reputa la formazione abbastanza soddisfacente quanto a contenuti e metodologia. Sempre in base a quanto emerso dallo stesso monitoraggio, sarebbe utile anche una formazione specifica non solo in tema di adempimenti burocratici, competenze e ruolo dei servizi territoriali, ma anche sotto il profilo delle competenze interculturali. Rispetto a quest’ultimo punto, in particolare, andrebbero rafforzate le occasioni di conoscenza degli aspetti etnografici ed etnologici, di quelli psicologici e di quelli relazionali. In ogni caso, se ci sono la volontà e la pazienza di lavorare per costruire un rapporto affettivo significativo ogni barriera – linguistica, etnica, culturale e di genere – è superabile.

Il sistema di tutela volontaria per essere efficace va completato e rafforzato attraverso l’adozione dei decreti attuativi previsti dalla legge di bilancio 2020 ai commi 882 e 883, i quali finanziano interventi a favore dei tutori, restituzione del 50% dei costi sostenuti dalle aziende per i permessi di lavoro concessi e rimborso delle spese sopportate dai tutori per gli adempimenti legati allo svolgimento dei loro compiti. L’Autorità garante, a tal proposito, ha sollecitato il Mef e il Ministero dell’interno, il quale ha attivato un tavolo tecnico per la loro adozione.

*Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza

Credit Foto: Sintesi

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