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10 piccoli profughi, dalla Polonia all’Italia sul pulmino dell’oratorio
Grazie a un’amicizia cresciuta negli anni con i soggiorni dei bambini di Chernobyl nelle famiglie di Busto Arsizio (Varese), l’emergenza della guerra ha spinto don Giuseppe Tedesco a rispondere alla richiesta di aiuto che arrivava da sotto le bombe. «Mi hanno detto “vienici a prendere” e sono partito»
«Mi hanno scritto su whatsApp “vieni a prenderci”. E sono partito». Così semplicemente don Giuseppe Tedesco, parroco di Busto Arsizio racconta la sua missione: quasi 48 ore, 3mila chilometri in pulmino per andare a salvare dieci profughi ucraini. Alcuni dei bambini e ragazzi che da alcuni anni trascorrono l’estate e le vacanze di Natale nella città della provincia di Varese. «Quei ragazzi sono i nostri ragazzi, hanno trascorso l’estate giocando nel campo di calcio dell’oratorio, per loro è casa, un luogo familiare e hanno qui tanti amici. Da quando è iniziata la crisi siamo in contatto via telefono e whatsapp…».
Sono anni che con l’associazione “Noi con voi” alcune famiglie della parrocchia accolgono per i soggiorni sanitari tra i 20 e i 30 ragazzi ucraini, sono i bambini di Chernobyl. «Sono stati loro a dirci che scappavano che si dirigevano verso la frontiera polacca… e quando ci hanno detto che erano usciti ci hanno scritto dove andarli a prendere. Ed è allora che ci siamo mossi». Don Giuseppe non è andato solo «non potevo certo guidare per 2930 km», chiosa. La partenza con tre parrocchiani nella mattina di domenica 27 febbraio, quasi 48 ore tra andata e ritorno.
Prima di partire don Giuseppe ha chiamato il commissariato per avere tutti i permessi «e ovviamente ho avvisato anche le mie “autorità”» premette. A lui è andato anche il sostegno di tutti i parrocchiani «mi hanno aiutato perché hanno compreso le ragioni che ci muovevano: salvare quanti più bambini potevamo». Il pulmino della parrocchia non è andato alla frontiera tra Ucraina e Polonia, «ci eravamo dati degli appuntamenti via whatsapp: otto di loro ci aspettavano a Lodz e due a Cracovia».
Sei i minori tra i 9 e i 14 anni accolti, con loro anche una neonata «è nata il 9 febbraio» con la mamma, oltre a una bimba con la mamma. «Sono andati nelle famiglie che già conoscevano e li avevano accolti per le vacanze, altri sono in casa parrocchiale… ma sto pensando a tutti gli altri, a quelli che non sono riusciti a salvare…», continua don Giuseppe.
I dieci profughi accolti a Busto Arsizio, infatti, arrivano dall’area di Chernobyl «gli altri bambini che ospitiamo d’estate abitano invece nella zona di Kiev e loro non sono riusciti a scappare. Ma se dovessero dirci che sono in viaggio verso la frontiera…. » don Giuseppe non lo dice, ma è pronto a correre a prendere anche loro.
Ad accogliere quello che alcuni giornali hanno definito “il tassista di Dio” all’alba c’era anche il primo cittadino di Busto Arsizio, Emanuele Antonelli. La città in provincia di Varese si appresta a destinare all’accoglienza dei profughi ucraini una struttura “La casa di don Lolo” che è proprio a fianco del campo dell’oratorio di San Giuseppe e che per venti anni ha accolto i parenti dei degenti nel locale nosocomio. Ed era lì che nei primi anni 90 erano stati accolti i primi profughi albanesi. Così è come se il fil rouge dell’accoglienza si fosse riannodato.
In apertura don Giuseppe Tedesco – screenshot tratto dal video di Lombardia Notizie online su Facebook
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