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La partecipazione come principio politico
L'intervento del docente della Luiss di Roma e della Formazione Quadri Terzo Settore: "Il rischio è che la partecipazione depoliticizata si riduca a procedura"
Il concetto di partecipazione presenta — anche in ambito accademico — diverse ambiguità: è stato per lo più concepito in una prospettiva bidimensionale (prendere parte/essere parte); si è caratterizzato nel dibattito pubblico per la sua strumentalità (per esempio, la centralità delle elezioni, che sono una forma – importante – di partecipazione episodica e intermittente e quindi non esauriscono l’impegno civico quotidiano); si è contraddistinto per la sua normatività (si pensi alle vecchie definizioni e al falso bipolarismo “partecipazione convenzionale vs partecipazione non convenzionale”). Molto spesso il concetto e le pratiche della partecipazione sono state svuotate della dimensione del “comune”, un comune sostantivo e non solo aggettivo. In molti casi, poi, le pur meritorie azioni di governance condivisa hanno contribuito a un’idea “neutra” e “depoliticizzata” della partecipazione, spesso così ridotta a procedure burocratizzate, che non consentono né un reale empowerment delle cittadine e dei cittadini né la creazione di interlocuzione coi corpi intermedi e con il territorio.
Come evitare, allora, che la partecipazione democratica perda la sua natura di strumento di coesione sociale? Il primo passo è cambiare paradigma: uscire dalla logica della partecipazione come strumento ed entrare in quella della partecipazione come principio politico. Tale prospettiva è strettamente connessa con quella della comunità come spazio di inclusione. La partecipazione, in altre parole, si pone come pratica egalitaria e inclusiva del mettere in comune. E, in questo modo, si salda alla stessa idea dei “commons” come principio politico. Se, infatti, il comune è “l’indisponibile e l’inappropriabile” (nelle parole di Dardot e Laval), la partecipazione è l’azione comune che costruisce l’ordine politico.
Nel percorso di Fqts (Formazione Quadri terzo Settore), abbiamo dato questa prospettiva “politica” alla partecipazione democratica; una prospettiva che rimette al centro le comunità come spazio di confronto orizzontale e motore di cambiamento. La partecipazione democratica, peraltro, costituisce fine e mezzo dello sviluppo sociale ed economico, poiché favorisce (o dovrebbe) il potere decisionale dei gruppi sociali marginali e in spazi liminali; è in questa prospettiva che le comunità e il Terzo settore diventano agenti di cambiamento, capaci di costruire coesione a partire proprio dalle pratiche concrete di partecipazione.
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