Welfare

Carcere: la laurea dietro le sbarre

Ventidue detenuti di vari istituti toscani riuniti nella casa circondariale di Prato per frequentare i corsi all'ateneo di Firenze, i cui docenti si recheranno nel penitenzirio

di Giampaolo Cerri

Ventidue detenuti nel carcere di Prato studiano all?Università di Firenze. Sono distribuiti in tutte le facoltà, anche se hanno scelto in prevalenza Scienze Politiche e Lettere: dallo scorso anno accademico hanno cominciato a seguire un percorso didattico organizzato apposta per loro. L’esperienza – nata dall?accordo tra l’Amministrazione penitenziaria, l?Università di Firenze e la Regione Toscana – è stata presentata ufficialmente nella casa circondariale di Prato, in occasione dell’inaugurazione dei corsi per l’anno accademico 2001-2002, dalla direttrice dell’Istituto Ione Toccafondi, dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Massimo De Pascalis, dal rettore dell’ateneo fiorentino Augusto Marinelli, dal magistrato di sorveglianza Alessandro Margara, alla presenza del vicepresidente della Giunta regionale della Toscana Angelo Passaleva. L?iniziativa si è rivolta in questa prima fase a detenuti provenienti dagli istituti di pena della Toscana che hanno fatto richiesta di iscrizione all’Università, con particolare attenzione a chi ha conseguito in carcere la maturità. I detenuti-studenti sono riuniti a Prato in una sezione apposita, nella quale sono stati allestiti spazi destinati allo studio e all’incontro con i docenti. Un delegato per ogni Facoltà dell’Ateneo fiorentino, a seguito di colloqui preliminari con gli studenti, pianifica gli interventi didattici e di tutorato. Delegato del rettore per l’intera attività è il prof. Nedo Baracani della Facoltà di Scienze della formazione. L?esperienza della costituzione di un polo universitario all’interno del carcere è la prima con queste caratteristiche nel sistema penitenziario italiano. «L?iniziativa attuata va nel senso di dare utilità al carcere, a non farne un tempo perduto nella vita di chi ci viene chiuso», ha detto il magistrato di sorveglianza Alessandro Margara, «il problema non è solo riempire giornate altrimenti vuote, ma inscrivere lo studio, il lavoro e le altre eventuali attività nel percorso rieducativo, riabilitativo, risocializzante che la nostra Costituzione attribuisce alla pena». «La gestione del progetto», ha sottolineato la direttrice del carcere di Prato Ione Toccafondi, «è affidata ad un comitato didattico organizzativo formato da rappresentanti delle istituzioni coinvolte; un?importante azione di supporto e di collegamento è svolta dalle associazioni di volontariato». «L?esperienza di Prato è parte di quella più ampia rete di legami che uniscono l?università all’ambiente sociale, inteso come sistema di relazioni, competenze, opportunità», ha spiegato il rettore Marinelli, «questo comporta la ricerca di modalità nuove anche nei metodi di insegnamento e di studio e mette alla prova la capacità dell?università di svolgere i suoi compiti in condizioni del tutto diverse da quelle che siamo abituati a vivere» Si prospetta, inoltre, anche l?adesione degli atenei di Pisa e Siena: quello di Pisa sta perfezionando proprio in questi giorni l’accordo con l?Amministrazione penitenziaria, relativamente ai primi cinque iscritti.


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