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Diario dalla Cop27: la partita non è già decisa

Paloma Poncela, una delle cinque attiviste di WeWorld atterrate a Sharm el Sheik per la Conferenza delle parti dell’Onu, ci racconta la prima giornata trascorsa nella Blue zone, tra conferenze stampa e negoziazioni pubbliche e riservate. E alcune riflessioni agrodolci, ma sempre cariche di consapevolezza e tenacia, sul destino climatico

di Paloma Poncela

Il nostro primo giorno alla Cop27 è stato pieno di attività, scoperte e aspettative.
Siamo arrivate la mattina presto nella zona blu, l’area dove si trovano i padiglioni dei diversi Paesi e delle altre organizzazioni nazionali ed internazionali. Qui si svolgono le presentazioni dei progetti da tutto il mondo, si discutono i temi dell’agenda di questa edizione e si svolgono le negoziazioni a porte chiuse.

Abbiamo deciso di assistere alla conferenza stampa di diversi attivisti da tutto il mondo, tra i quali Vanessa Nakate o Mitzi Jonelle, dedicate a due temi principali che vengono costantemente discussi e che sono profondamente interconnessi tra loro.

Il primo è la responsabilità del Nord del mondo di dover rispondere per le atrocità climatiche passate e presenti, che è collegato al secondo tema: la necessità di creare un meccanismo concreto ed efficiente per fornire un risarcimento delle perdite e dei danni causati ai paesi del Sud del mondo. La lotta più grande è quella per sviluppare uno strumento che non sottragga fondi ad altre voci, come le misure di adattamento, ma che ne crei una nuova, non gravata da condizionalità e tassi di interesse eccessivi.

Tra le altre notizie di giornata, abbiamo visto che, in una delle negoziazioni tra i Paesi, Vanuatu ha proposto la creazione di un trattato per il trasferimento delle perdite e dei danni derivanti dai cambiamenti climatici. Abbiamo anche visto la negoziazione tra alcuni paesi presenti alla Cop27 e la Banca mondiale. Si evidenzia come la finanza climatica sia un argomento scottante dove si scontrano molti interessi diversi. Dovremo aspettare la prossima settimana per vedere quali misure saranno approvate definitivamente.

Poi abbiamo deciso di recarci nella zona verde, normalmente destinata alle organizzazioni della società civile, ai movimenti e ai dibattiti degli attivisti, alle mostre e alle attività. Tuttavia, per varie ragioni, questo è un Cop atipico. Ci troviamo di fronte a uno spazio che, è bene sottolinearlo, è invaso dal business. Con hub finanziari e uomini d'affari che presentano ovunque le loro iniziative di greenwashing. In quel momento mi sento molto piccola di fronte a quella grande infrastruttura che è il settore privato e che ha la sua agenda e infinite risorse.

Decidiamo quindi di tornare nella zona blu e partecipiamo alla conferenza finale, "Gioventù: dalla resistenza al potere", in cui quattro attivisti Ayisha Siddiqa (Iran-Stati Uniti), Eric Njuguna (Kenya), Mitzi Jonelle (Filippine) e Re Cabrera (Messico) ci hanno raccontato la loro prospettiva di attivismo da un punto di vista anticolonialista, femminista e con una totale inclusione dei popoli indigeni. Ci raccontano quanto l'attivismo possa essere difficile, frustrante e opprimente, e io lo capisco perfettamente. Soprattutto le parole di Ayisha quando ci dice: "A volte come attivisti pensiamo di dover salvare il mondo intero, ma è impossibile.

Questa è una partita molto complicata, in cui le cose sono già decise: le COP sono il momento in cui si mostra il punteggio di una partita già giocata e in cui in precedenza gli obiettivi e i vincitori e i perdenti sono già stati decisi. Ma anche con questa visione molto realistica, ci viene mostrato che è possibile agire e che la responsabilità di ognuno di noi è quella di proteggere l'ambiente circostante. E che se lottiamo tutti per la regione e l'area che abbiamo a portata di mano, diventa una lotta globale in cui possiamo essere decisivi.

Torno in albergo fiduciosa, sapendo che c'è una possibilità, che dobbiamo farci sentire, che è nelle nostre mani la reazione dei nostri politici se tutti rispondiamo a loro. Il cambiamento climatico non è qualcosa che deve essere discusso o risolto solo in queste due settimane di COP, ma è una lotta quotidiana per quanto possibile per ognuno di noi.

Ma se c'è una cosa che non dobbiamo dimenticare è che dobbiamo farci sentire, farci sentire nel nostro ambiente, nei nostri circoli, nella nostra città e nel nostro Paese. Facciamo sapere loro che ci interessa e che siamo qui, a guardare quello che fanno e che non ci fermeremo finché non avremo raggiunto una vera giustizia climatica.

*25 anni, di Barcellona, è Paloma Poncela è una delle cinque attiviste di WeWorld giunte alla cop27. L’11 novembre consegneranno a Ursula von Der Leyen le 100mila firma della petizione #ClimateOfChange

Photo Credits: lo scatto in apertura è tratta dal sito ufficiale della Cop27

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