Famiglia

Regioni senza famiglia

Solo otto i governi regionali che si sono dotati di leggi “ad hoc”. Le poche norme esistenti non soddisfano l’associazionismo: definizioni inadeguate, filosofie assistenzialiste.

di Redazione

La definizione di famiglia è ambigua e spesso generica. Solo di rado si valorizzano le associazioni familiari come servizio pubblico sul territorio. E i loro rappresentanti hanno scarsa voce in capitolo proprio nelle politiche che li toccano da vicino. Insomma, la legislazione regionale in materia di famiglia fa acqua da tutte le parti, anche se non mancano confortanti eccezioni. A compilare la pagella dei promossi e dei bocciati è il Forum delle Associazioni familiari, che riunisce, tra soggetti nazionali e comitati regionali, circa tre milioni e mezzo di famiglie. Una valutazione che non è fine a se stessa: la speranza è che il giudizio negativo ?bruci? alle amministrazioni regionali e che magari inneschi una sana competizione a chi arriva prima a migliorare le norme. La novità richiesta, in sostanza, è di far cessare un equivoco, quello che confonde le leggi assistenziali a favore di fasce sociali deboli con le leggi per la famiglia. Le regioni ?giudicate? dal Forum sono nove, i concetti-chiave monitorati nell?analisi dei testi di legge, tre: la famiglia come società coniugale che si regge sul bene comune e non sugli individui; l?applicazione del principio di sussidiarietà; il ruolo dell?associazionismo familiare all?interno delle istituzioni. I ?voti? cambiano a seconda della ?materia?, ma gli estremi saltano subito all?occhio: la promozione quasi a pieni voti di Abruzzo e Lombardia – le cui norme, non a caso, nascono dalla collaborazione con il Forum -, e la sonora bocciatura di Emilia e Lazio. Con una premessa d?obbligo: il valore civile, prima che religioso, della centralità del matrimonio. Per le associazioni è infatti pericoloso equiparare vincolo coniugale e convivenza, perché si crea confusione sulla specificità del soggetto-famiglia e sulle politiche di sostegno economico. E infatti sulla definizione di famiglia cadono quasi tutte. È ambiguo il Lazio, che prima cita gli articoli della Costituzione sul matrimonio e poi, poche righe sotto, «prende atto dell?esistenza di una pluralità di forme di convivenza». Scarso rilievo al vincolo coniugale anche nelle norme di Liguria, Marche e Val d?Aosta. Appena sufficiente il Friuli, che dà valore al vincolo coniugale ma si ferma lì: non fa capire quale peso abbia la famiglia nel quadro delle politiche sociali. Complete e chiare, su questo punto, risultano invece Lombardia e Abruzzo, che mettono al centro il matrimonio, la rilevanza politica della famiglia quale «soggetto sociale» e la promozione del «diritto al libero svolgimento delle sue funzioni». Quanto alla sussidiarietà solo Lombardia, Abruzzo e Val d?Aosta ci pensano. La prima, ad esempio, si impegna a «sostenere le iniziative delle reti sociali che puntano a sviluppare le capacità delle famiglie ad assumere la pienezza delle proprie funzioni educative e sociali». E l?Abruzzo prevede di selezionare e formare famiglie per l?accoglienza di «vittime di violenze sessuali, gestanti in difficoltà» e altri soggetti deboli. Nelle restanti regioni, invece, prevale un?impostazione centralista: è la Regione ad accogliere e valutare le proposte delle associazioni di volontariato, e i sostegni in denaro sono scarsi. Infine, la voce alle associazioni come vera e propria rappresentanza politica. Su questo fronte si salvano, pur senza brillare, Lombardia, Abruzzo e Marche, che nelle Consulte familiari o nelle Conferenze regionali sulla famiglia inseriscono un numero significativo di esponenti del volontariato. Altrove il panorama è desolante: in Friuli, ad esempio, la Commissione regionale delle famiglie ha solo il magro compito di «esprimere pareri su tutte le proposte e i disegni di legge che affrontano questioni familiari». Mentre l?Emilia Romagna relega la Conferenza sulle famiglie al ruolo di «informazione in ordine alla sessualità e alla procreazione responsabile». Il Lazio, poi, istituisce un osservatorio in materia che però contempla solo «docenti, ricercatori ed altri esperti del settore». Delle associazioni neanche l?ombra. Un caso a parte è quello del ?Nuovo pacchetto famiglia? del Trentino che ha carattere previdenziale.Riconoscendo alle famiglie un ruolo importante in materia di maternità e lavoro casalingo. Diritti non assistenza Si sente spesso dire che tutte le leggi c?entrano con la famiglia. E il problema è proprio questo: un concetto di famiglia ancora non chiaro. C?è un?idea di famiglia che non ha niente a che vedere con la sua autentica natura. Per questo motivo poche norme rispondono ai requisiti fissati dal Forum delle associazioni familiari. Eppure ritengo che non siamo lontani dal fare accettare alle istituzioni certe novità. Il cammino è stato lento: abbiamo cominciato nel 1989 a fare il giro dei Consigli regionali, e fino a 4 anni fa non si è mosso nulla. Poi, improvvisamente, nella legislazione di alcune Regioni è cominciato a passare il concetto che la famiglia è un soggetto con determinati diritti, non solo un oggetto di assistenza. E là dove c?è un testo di legge, è sempre possibile migliorarlo. Ma resta la difficoltà di definire la specificità del soggetto famiglia: è un problema ideologico degli schieramenti politici regionali. Per questo aspettiamo di sentire le risposte dei vari candidati alle elezioni regionali sul cartello di proposte che abbiamo presentato. Un altro ostacolo è quell?idea sbagliata di sussidiarietà che dice: dove lo Stato non ce la fa, il privato può dare una mano. Si tratta dell?esatto contrario: non faccia lo Stato, ciò che le famiglie e le associazioni possono fare. presidente Sindacato delle Famiglie


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