Formazione

Che scuola di benessere: Un intervento di Casini

Il presidente della Camera ha partecipato al convegno per il decennale della legge 381/92 sulla cooperazione sociale.

di Francesco Agresti

Partecipo a questo convegno nella mia veste di presidente della Camera dei deputati, ma ancora di più come amico e sostenitore convinto della cooperazione e dell’impresa sociale. Il bilancio di questi dieci anni è altamente positivo e mi conferma nell’idea che la vostra realtà merita una particolare attenzione e un riconoscimento da parte delle istituzioni e delle forze politiche. La legge n. 381 fu, del resto, testimonianza proprio di quest’attenzione e di una importante lungimiranza politica. Le cooperative sociali sono nate nel segno della solidarietà e anche oggi restano fondamentalmente strumenti di solidarietà sociale(…). Una solidarietà, quella cooperativa, che si esprime anzitutto attraverso l’assistenza diretta ai cittadini, ma anche con le opportunità di occupazione che le cooperative creano per soggetti altrimenti destinati a restare ai margini del mercato del lavoro. La cooperazione sociale finisce allora per svolgere una funzione ulteriore, che è di grande rilevanza nelle società complesse in cui ci troviamo: diventa strumento di equilibrio del sistema e incide positivamente sulla questione sociale. Nel caso del nostro Paese, a me sembra che la cooperazione sia una risposta assai valida alla necessità di mantenere l’equilibrio fra spinte verso il libero mercato ed esigenze della solidarietà. Negli anni 90 abbiamo assistito, in tutti gli Stati europei, a un progressivo disimpegno dello Stato dalla partecipazione diretta all’economia, a una riaffermazione forte dei principi del libero mercato; al tempo stesso abbiamo verificato l’impossibilità di mantenere inalterato un modello di welfare incompatibile con vincoli di bilancio sempre più stringenti. In un quadro di questo tipo, i cittadini in posizione di svantaggio e di emarginazione si possono trovare stretti fra due soluzioni comunque insoddisfacenti: un intervento dello Stato o di soggetti pubblici locali sempre meno efficiente, improntato spesso a una logica puramente assistenziale, ovvero un sistema di sicurezza sociale affidato ai privati, che non può garantire proprio le posizioni più deboli ed esposte. Il ricorso alla cooperazione è una via alternativa, che punta alla promozione della persona umana, che coniuga l’assistenza all’ingresso nel mercato del lavoro in una prospettiva di inclusione sociale. A me pare che nel dibattito sempre aspro fra sostenitori del mercato e sostenitori dello Stato, il mondo della cooperazione rappresenti un elemento di sintesi preziosa, un investimento per il Paese, un bene da custodire e incoraggiare attraverso una politica di incentivazione e di sostegno. Strumento di ricchezza La cooperazione sociale non è però solo strumento di solidarietà; essa è anche strumento di ricchezza. Quanto meno è uno strumento di distribuzione della ricchezza, attraverso le opportunità di lavoro che riesce a dare a migliaia di persone, soprattutto a persone svantaggiate, il benessere che garantisce a migliaia di famiglie, i servizi che produce a centinaia di migliaia di cittadini. Infine la cooperazione sociale è uno straordinario strumento di formazione della coscienza civile e della cittadinanza.(…) La cooperazione sociale ha saputo coordinare gli sforzi di migliaia di volontari e costituisce un punto di riferimento essenziale per tanti giovani che scelgono il servizio civile in alternativa agli obblighi militari.(…). Con la disciplina contenuta nella legge n. 381 si è infatti impressa una svolta importante alle politiche sociali e del lavoro, raccogliendo alcune delle istanze di modernità che cominciavano allora a trovare spazio nel dibattito politico e che ancora oggi costituiscono questioni di grande attualità.(…). Le cooperative sociali hanno saputo interpretare nel modo migliore le ragioni e gli obiettivi che mossero il legislatore, ma oggi chiedono con forza alle istituzioni di portare a compimento la costruzione di un modello alternativo di Stato sociale, in cui le reti della solidarietà sostituiscano progressivamente in modo autonomo parte dell’impiego diretto dello Stato e delle strutture pubbliche nell’assistenza e nella sicurezza sociale. Reti di solidarietà formate non solo dalle cooperative, ma dal vastissimo mondo del volontariato laico e religioso, che però hanno bisogno di interloquire con un sistema istituzionale fortemente ancorato, almeno in prospettiva, al principio della sussidiarietà. Il passaggio da una politica di mero decentramento a una reale prospettiva di sussidiarietà segna un salto culturale che può essere decisivo per il futuro della cooperazione. Non solo supplenza Se l’impresa sociale resterà confinata in una logica di puro ausilio al ruolo dello Stato senza una radicale riconsiderazione delle sue possibilità di iniziativa autonoma, nel settore dell’assistenza, tutti avremo perso una grande occasione per rendere più moderno ed efficiente il nostro Paese. Se invece prevarrà la linea che vincola gli interventi al principio di sussidiarietà, si sarà finalmente compiuto il processo lungo e difficile, avviatosi proprio con la legge che oggi stiamo celebrando. Un primo banco di prova potremo averlo verificando le modalità con cui verrà data esecuzione alla legge n. 328 del 2000 sulla riforma dell’assistenza.(…) Come ho accennato all’inizio di questo mio intervento, sono un convinto sostenitore della mutualità, purché essa sia vera mutualità. Sono convinto sostenitore di una esperienza che affonda le sue radici nel pensiero laico cattolico e nella dottrina sociale della Chiesa. Ho piena fiducia che, in ordine alle questioni attuali che stanno a cuore al presidente Marino e alle Confcooperative, ci sarà modo di individuare soluzioni non penalizzanti e in linea con l’interesse della cittadinanza di mantenere solida e dinamica l’esperienza cooperativa.


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