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Da 13 giorni in mare i mille naufraghi a bordo di navi Ong: “Fateci sbarcare subito”
Cresce la preoccupazione nel Mediterraneo centrale dove si attende un peggioramento nelle condizioni meteo con onde alte fino a sei metri. Il neo ministro dell'Interno Matteo Piantedosi propone di far richiedere ai migranti protezione internazionale a bordo delle navi Ong affidando così la gestione ai paesi dello stato di bandiera delle stesse navi. La Convenzione di Amburgo del 1979 dice però un'altra cosa: gli sbarchi devono avvenire nel primo porto sicuro disponibile, sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani sia per prossimità al luogo dove è avvenuto il soccorso
A quasi il tredicesimo giorno in mare per i quasi mille naufraghi a bordo delle tre navi Ong cresce di ora in ora la preoccupazione a bordo per lo stato di salute delle persone soccorse. A complicare lo scenario il peggiorarsi delle condizioni meteo con tempesta e onde alte fino a sei metri che si registreranno nelle prossime ore. “Ogni ulteriore ritardo nello sbarco di persone vulnerabili, già vittime di trattamenti inumani in Libia e provate dalla traversata, dovrà essere considerato responsabilità diretta delle autorità coinvolte”, scrive in una nota Mediterranea Saving Humans a sostegno delle tre navi della società civile impegnate in queste ore nei soccorsi nel Mediterraneo centrale: la Ocean Viking di Sos Mediterranee con 234 persone a bordo, la Humanity 1 di Sos Humanity con 179 e la Geo Barents di Medici senza frontiere con 572. Sono 985 persone in cerca di salvezza, solo sulla Sos Humanity ci sono almeno 100 minori.
Dal momento del primo soccorso la Humanity 1 ha inviato ben 17 richieste di assegnazione di un porto sicuro a Malta e Italia che sono state ignorate: “I naufraghi a bordo sono terrorizzati, molti di loro hanno problemi alla pelle, segni di torture riconducibili alla detenzione in Libia”, raccontano i medici a bordo.
Nei giorni scorsi Medici Senza Frontiere ha reso note alcune delle storie delle persone a bordo della Geo Barents, come quella della piccola di 11 mesi del Togo in viaggio con mamma e papà. La bambina è nata con un labro luperino, ha difficoltà a deglutire e i giovani genitori hanno affrontato la traversata nel Mediterraneo con la speranza di poter raggiungere l’Europa e avere accesso alle cure mediche necessarie. Loro come gli altri dovranno ancora aspettare il tempo del “dibattito politico”, come aveva tuonato nei giorni scorsi il presidente di Sos Mediterranee Italia, Alessandro Porro. L'ultima proposta del neo ministro dell'Interno Matteo Piantedosi sarebbe quella di far richiedere ai migranti protezione internazionale a bordo delle navi Ong affidando così la gestione ai paesi dello stato di bandiera delle stesse navi. Un'interpretazione che trova ostacoli nel diritto del mare, la Convenzione di Amburgo del 1979 prevede infatti che gli sbarchi debbano avvenire nel primo porto sicuro disponibile, sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani sia per prossimità alla località di salvataggio.
I paesi degli Stati di bandiera delle navi Ong come la Germania e ora anche la Norvegia rispondono con un secco no all’Italia sulla richiesta di prendersi carico dei quasi mille migranti da 13 giorni in mare. Durante la trasmissione Il cavallo e la torre di Marco Damilano è stata diffusa la nota dell’ambasciata norvegese in cui si dice che “riconoscendo l’importante contributo dell’Italia nella gestione dei flussi migratori, garantire un porto sicuro è di competenza dello stato responsabile dell’area di ricerca e di salvataggio in cui è stata prestata tale assistenza”.
A essere in pericolo sono in queste ore le imbarcazioni di migranti in attesa di essere soccorse nel Mediterraneo centrale. E nel silenzio dei soccorsi come riferiscono i media arabi la guardia costiera libica continua a intercettare migranti nel Mediterraneo, nelle ultime ore un grosso peschereccio con 327 naufraghi siriani è stato riportato ad Al Khums con la collaborazione della motovedetta Ubari, un tempo di appartenenza della Guardia di finanza italiana e protagonista dell’attacco armato nei confronti dei pescherecci di Mazara del Vallo a maggio del 2021.
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