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In Piemonte il sistema di protezione funziona: ma il merito diventa demerito

Le reazioni di chi lavora nei servizi, in Piemonte, dopo l'approvazione della legge "Allontanamento Zero". Barbara Rosina (vicepresidente del Cnoas): «È stato detto che il tasso di allontanamento nella nostra regione è superiore alla media nazionale, ma quello piemontese è un sistema in grado di intercettare le situazioni di difficoltà precocemente. Questa capacità, da merito diventa un demerito: è paradossale»

di Sara De Carli

Dopo tre anni di discussione, segnata dalle ripetute critiche degli addetti ai lavori, in Piemonte è stato approvato il ddl “Allontanamento zero: interventi a sostegno della genitorialità e norme per la prevenzione degli allontanamenti”. Anche l’ordine degli assistenti sociali del Piemonte nel 2020, insieme ad altri ordini professionali, ad associazioni, docenti universitari, forze sindacali e liberi cittadini, aveva aderito al Comitato Zero Allontanamento Zero, per evidenziare le criticità della proposta. Antonio Attinà, presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali regionale ha sottolineato come «contrariamente a quanto è stato detto i dati rivelano che l’impegno degli assistenti sociali e di tutti gli altri professionisti coinvolti ha permesso il raggiungimento di importanti risultati per quanto riguarda gli interventi di protezione dei minori».

Secondo i dati ufficiali, fra i minori seguiti dai servizi sociali in Piemonte il 98% è seguito a casa o presso i parenti. La percentuale di allontanamento reale dalla famiglia d’origine e dal contesto familiare riguarda lo 0,24% di bambini e ragazzi, numeri più bassi della maggior parte degli stati europei. Tra i fattori di rischio che portano all’allontanamento, il primo è la trascuratezza affettiva e materiale (28,92%), segue l’incapacità educativa (24,42%), le dipendenze (19,27%), il maltrattamento (12,46%), gravi problemi del minore (7,72 %) e il sospetto abuso (3,08%). Spesso più di uno di questi indicatori sono presenti contemporaneamente e a volte c’è anche una condizione di indigenza, che non è mai però motivo di inserimento in protezione. «Il Piemonte si è da sempre distinto per una cultura dell’accoglienza e questo impegno ha permesso il raggiungimento di notevoli risultati in termini di sostegno alle famiglie e ai minori del territorio regionale, risultati che ora si spera non vengano messi in discussione», continua Attinà. «Una reale innovazione delle politiche dedicate alla tutela minorile e al sostegno delle famiglie consisterebbe in un’azione capace di integrare le politiche sociali e sanitarie, dell’abitare, dell’istruzione e del lavoro. Senza creare contrapposizioni, perché il rischio è quello di minare la fiducia delle persone verso gli operatori e creare diffidenza verso i servizi: cosa di cui non c’è bisogno nell’attuale contesto economico e sociale».

Piemontese è anche Barbara Rosina, attuale vicepresidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali. «Una valutazione completa non si può fare perché il testo della legge non è ancora pubblico. Quel che fin da ora colpisce però è la sfiducia totale nei confronti dei servizi, come se la in Piemonte finora i servizi avessero messo in atto misure “fuori legge”. In Piemonte su 623mila residenti minori, a fine dicembre 2020 erano seguiti dai servizi sociali 53mila minori e fra questi 2400 erano fuori famiglia, parte in affidamento e parte in comunità. Fra loro ci sono molti MSNA, che non sono allontanati dalla famiglia. È stato detto che il tasso di allontanamento nella nostra regione è superiore alla media nazionale, ma c’è anche da dire che quello piemontese è un sistema che funziona bene, che è in grado di intercettare le situazioni di difficoltà precocemente. Non per nulla qui l’affidamento si faceva prima che esistesse la legge. Questa capacità, da merito diventa un demerito: è paradossale. Anche perché – tornando ai dati – la percentuale sarà forse più alta rispetto ad altre regioni d’Italia, ma è ampiamente sotto la media europea, quindi non c’è nessun allarme», dice Rosina. «Né possiamo dimenticare che fra i minori allontanati ci sono anche minori stranieri non accompagnati, adolescenti con problemi comportamentali gravi, su cui proprio le famiglie hanno chiesto aiuto: gli allontanamenti qui sono concordati. Ed è l'autorità giudiziaria che a meno di casi particolari come il 403 dispone l'allontanamento. Non vedo come si possa dire che in Piemonte l’80 per cento degli allontanamenti sia evitabile».

Per chi lavora sul campo, un frame del genere non è indifferente: anzi. «Mette in discussione le competenze dei servizi e quelle dei genitori affidatari. Si parla per esempio di un piano di sei mesi da fare con la famiglia, ma non è che gli assistenti sociali facciano allontanamenti appena conoscono le persone: lo fanno se c’è una situazione di gravità ma altrimenti i percorsi di valutazione sono già lunghi, si parla con scuola, con i pediatri… Quanto ai parenti entro il quarto grado, ci sono difficoltò delle famiglie di origine che sono concatenate con le difficoltà dei genitori, non è detto che siano famiglie adatte». Quel che più preoccupa, conclude Rosina «è che possano esserci delle lungaggini negli interventi di protezione nei confronti dei bambini».

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