Welfare

Saharawi: associazioni contro Selva

I volontari che aiutano la minoranza in lotta per l'indipendenza nel Marocco, arrabbiati con il presiente della Commissioni esteri.

di Giampaolo Cerri

Una dichiarazione di Gustavo Selva, presidente della Commissione Esteri, fa arrabbiare le associazioni che in Italia si occupano dei Sarahwi, la minoranza che lotta per l’indipendenza dal Marocco. «L’agenzia si stampa marocchina Map», recita una nota dell’associazione “Ban Slout Larbi” di Sesto Fiorentino (Fi), «ha diffuso il 19 febbraio 2002 un comunicato con alcune dichiarazioni che il presidente della Commissione Esteri della Camera on. Gustavo Selva avrebbe rilasciato a El Aiun, nel Sahara Occidentale occupato, nel corso della visita della delegazione parlamentare italiana in Marocco e nei territori occupati del Sahara Occidentale. «Secondo quanto riportato dall’agenzia», presegue il comunicato, «l’on. Selva avrebbe dichiarato che i campi profughi sahrawi ricordano i campi di concentramento nazisti. Se corrispondenti al vero, si tratta di affermazioni gravissime ed inaccettabili poiché, sulla traccia di dichiarazioni simili ripetute alla nausea dalla propaganda del regime marocchino da oltre vent’anni, ribaltano completamente la verità sui rifugiati sahrawi. E’ noto infatti che gran parte del popolo sahrawi è stato costretti a rifugiarsi nel deserto algerino, nei pressi di Tindouf, a causa dell’invasione armata del Sahara Occidentale da parte dell’esercito marocchino a partire dal novembre 1975. Le popolazioni in fuga sono state oggetto dei bombardamenti dell’aviazione marocchina nell’evidente tentativo del genocidio del popolo sahrawi». L’associazione ricorda che «i sahrawi hanno certo subito la tragica esperienza dei campi di concentramento e dell’eliminazione fisica, ma nei tristemente famosi centri di detenzione marocchini di Kalat Mgouna, di Tazmamart, ed altri, dove del resto sono morti accanto ai sahrawi migliaia di democratici marocchini. Se dunque l’on. Selva voleva riferirsi ai campi di concentramento e al genocidio, Egli ha certamente confuso luoghi e carnefici. Altrettanto gravi sono, se fedelmente riportate, le dichiarazioni relative all’opera delle ONG che dovrebbero aiutare e non fare politica a favore di coloro che costringono la povera gente nei campi di rifugiati. Dal 1976 la solidarietà internazionale vede mobilitate le Ong, le Chiese, le associazioni umanitarie, oltre alle stesse agenzie dell’Onu, e all’UE, per portare sollievo alla popolazione sahrawi. I rifugiati non possono raggiungere la propria terra a causa dell’occupazione militare marocchina, che del resto vi pratica una repressione senza pietà, torture, arresti arbitrari, scomparse, come testimoniano i rapporti delle organizzazioni internazionali per i diritti umani. Ancora oggi ogni anno altri sahrawi abbandonano i territori occupati per trovare salvezza nei campi profughi». «Quanto ai prigionieri di guerra marocchini e alla soluzione della questione sahrawi», conclude, «va ricordato che il piano di pace dell’Onu, che il Marocco si ostina a non voler applicare, prevede il diritto all’autodeterminazione dell’ultimo popolo africano sotto occupazione e le modalità per la rapida liberazione dei prigionieri di guerra di entrambe le parti, come da anni richiesto inutilmente dal Fronte Polisario».


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