Politica

Pnrr, ecco tutti gli errori e i possibili fallimenti

L’attuazione del PNRR sta entrando in una fase cruciale e la logica top down sta mostrando tutti i suoi limiti. Non si centreranno obiettivi di trasformazione se enti locali e soggetti privati non profit non verranno coinvolti: e sul ridisegno dell'assistenza e della sanità siamo ad una vera babele. Un ginepraio di commissioni e luoghi di discussione in cui ha più ruolo un vescovo del Terzo settore

di Virginio Brivio

L’attuazione del PNNR sta entrando in una fase cruciale, quasi “ansiogena” per tutti gli attori in campo e soprattutto per il Governo e le sue articolazioni ministeriali che entro metà anno dovranno rendicontare all’UE lo stato dell’arte degli obiettivi programmati circa le spese effettivamente impegnate e le riforme approvate in questo primo anno. Come è noto il mancato o parziale conseguimento degli stessi comincerà a produrre decurtazioni sulle successive tranche di finanziamento. Offro qualche spunto di riflessione a questo punto dell’attuazione con la sconfortante considerazione che il pericolo di una eccessiva centralizzazione delle procedure e dei soggetti attuatori comincia a mostrare i limiti che avevamo paventato.

Il fallimento della logica top down

Partiamo dalla logica dei bandi su base Ministeriale/nazionale o l’attribuzione diretta di ingenti risorse a società pubbliche (o controllate), soprattutto in materia di infrastrutture ed investimenti. Mi chiedo se non è possibile che per alcuni assi d'intervento ci sia una "Regionalizzazione" delle attribuzioni finanziarie, dentro una cornice dei principi inderogabili previsti dal PNRR, ma che possono trovare declinazioni diverse nei sistemi regionali a seconda degli assetti istituzionali programmatici e organizzativi degli stessi (vale per sociale, salute, coesione sociale, ambiente ecc). Le Regioni poi emettono bandi o attribuiscono direttamente risorse a sistemi territoriali già deputati a realizzare ordinariamente obiettivi coerenti, coordinati da cabine regia regionali, con la partecipazione degli enti locali e dei portatori qualificati di interessi.

Pensare infatti che provvedimenti di Direttori generali dei Ministeri pianifichino bandi in certe materie, unici dal Trentino alla Sicilia azzeccando i bisogni (sulla base di dati statistici …), tanto più in assenza di una compartecipazione reale ai processi di definizione dei principi base degli Enti locali e dei soggetti del territorio (che ci sembra capire poca voce hanno nella cabina di regia presso Presidenza Consiglio Ministri e aleatorio il ruolo del Tavolo del partenariato) è una metodologia che si presta a distorsioni.

Dare un ruolo ai soggetti privati e non profit

Secondo tema: allargare la partecipazione diretta ai bandi ed ai finanziamenti anche ai soggetti privati, non profit in particolare. Qui non si tratta tanto di aprire una discussione ideologica sulla partecipazione, sussidiarietà, coprogrammazione, ma fermo restando che alcuni di questi principi sono entrati in Costituzione, rafforzati in Sentenze Corte costituzionale e in leggi fondamentali (penso a quella sulla riforma del Terzo settore del 2017) prendere atto che possono essere alleati preziosi per spendere in tempi coerenti le risorse, fermo restando il ruolo di referenza, garanzia e programmazione degli Enti pubblici. Avvicinare i bandi ai territori significa favorire a secondo delle differenze territoriali questi processi di "buona spesa" delle risorse del PNRR (e non vale solo nel sociale, educativo, ma penso all’ ambiente, alle economie sociali di comunità, ecc …). Pensare che solo la filiera del pubblico riuscirà a spendere le ingenti risorse è una chimera ed è figlia dell’equivoco che le risorse più che alle comunità vanno alle Istituzioni, sottovalutando peraltro che i soggetti del terzo settore sono storicamente moltiplicatori di “energie territoriali, economiche, relazionali, partecipative.

La babele sugli anziani e l'assistenza

Terzo dato: le riforme normative e programmatorie. A parte quelle nei macro settori (Giustizia, Procedimenti, Pubblica amministrazione, competitività, Lavori pubblici) si sta ridisegnando la sanità e l'assistenza a livello nazionale con un numero di luoghi che sta rendendo difficile anche ai più esperti seguire il filo dei ragionamenti, e men che meno intervenire costruttivamente.

C'è la commissione presieduta da Mons. Paglia presso Ministero della Salute, la commissione presieduta dall’On. Turco presso il Ministero del Lavoro, alcune Commissioni specifiche (su assistenza domiciliare e standard servizi) presso Ministero della Salute, alcune competenze e forti poteri programmatori il decreto del 6 agosto sul PNRR le attribuisce ad AGENAS (che approverà i piani Regionali su Case e Ospedali salute tra gli altri…), il Ministero disabilità ha aperto una call sulle materie di propria competenza in vista della legge delega di riforma. Ciliegina sulla torta, il 13 gennaio scorso il Presidente del Consiglio Draghi ha nominato una commissione interministeriale di riforma sempre su queste materie: ennesima commissione che non sostituisce le altre ma le "affianca". A parte questa moltiplicazione di luoghi, due ulteriori osservazioni su questo ultimo decreto. Riforma della sanità e riforma dell'assistenza viaggiano su binari separati (perché se si fanno commissioni separate e non si pensa da subito unitariamente si perpetua il meccanismo …) e, saranno come sempre i Comuni in particolare a dover tentare di tenere insieme sui territori i principi del “partire dai bisogni cittadino e non dalle competenze“.

Seconda osservazione: è semplicemente scandaloso e politicamente grave che né le Regioni né ANCI né enti gestori del terzo settore siano in questa commissione (penso all’importante lavoro del Patto per la non autosufficienza ad esempio)! Addirittura Mons. Paglia potrebbe coordinare la commissione (in luogo del sottosegretario deputato in via ordinaria) ai sensi art 2 c. 2 del decreto e nessun rappresentante formale degli enti locali e dei territori presente per portare il proprio sguardo concreto sui modelli che si stanno elaborando!

Non si tratta di rivendicare un posticino, ma chiedere una revisione complessiva della Commissione ed una razionalizzazione dei luoghi che elaborano i modelli che condizioneranno la rete dei servizi per i prossimi anni. L'urgenza di rispettare i tempi delle Riforme che l'Europa ci ha dato non significa che anche questo tema venga gestito verticisticamente, al più con qualche inserto di esperti.

*Coordinatore Commissione Regionale Uneba Lombardia per il PNRR e fondi Europei

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