Non profit
Il turismo conviviale per riscoprire l’Uomo e la Bellezza universale
Il ritrovato bisogno di convivialità, di spiritualità, di incontro. Un progetto dell’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della CEI punta a un nuovo modello di turismo che non insegua soltanto il business ma si collochi all'interno di un processo educativo alla vita buona e felice. L'esperienza del Parco culturale ecclesiale che, ad oggi, coinvolge 18 Diocesi italiane: una risorsa di sviluppo e di crescita nell’ottica del pane (il lavoro) e della parola (l’evangelizzazione)
C’è un elemento che, più di ogni altra cosa, è emerso durante gli ultimi 18 mesi caratterizzati dalla pandemia: il bisogno di ciascuno di noi di mantenere vive, e possibilmente rafforzarle, le relazioni con gli altri. Si avvertiva da tempo, in verità, ma è soprattutto in questo periodo che la maggior parte di noi si è accorta di avere bisogno di convivialità ma anche di spiritualità, di incontro, di rispetto reciproco, di attenzione verso gli altri. Sono alcuni degli obiettivi che persegue il turismo conviviale, una nuova modalità promossa dall’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza Episcopale Italiana. Ne parliamo con il direttore don Gionatan De Marco, che dirige anche la Fondazione di Partecipazione Parco Culturale Terre di Leuca. «Sì, il turismo conviviale è tutto questo», conferma. «Si propone di essere la possibilità concreta offerta a un ospite e a una Comunità cristiana, che si fa ospitale, di vivere un’esperienza evocativa e generativa attraverso la narrazione dialogica della Bellezza che susciti la consapevolezza di uno stupore capace di trasfigurare l’oggi di ognuno, chiamato a diventare Locus Lucis, dove l’homo viator si sente accolto e riconosciuto, dove si tessono relazioni capaci di offrire calore, dove il patrimonio di cultura sa stupire e le persone abbiano qualcosa da raccontare».
Quando e come nasce il progetto del turismo conviviale? «Nasce all’interno di un processo attraverso cui l’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della CEI ha coinvolto su tutto il territorio nazionale i vari attori di quello che si chiama turismo religioso, per cercare insieme di delineare i tratti di un nuovo modello di turismo che potesse liberarlo dalle grinfie dell’esclusivo business e integrarlo all’interno di un processo educativo alla vita buona e felice. Nel 2018 e 2019 si sono tenuti i simposi a cui hanno partecipato diocesi, università, aziende del settore, esperti che hanno riflettuto attorno a tre parole chiave: bellezza, stupore, comunità. Da tutta quella riflessione è nato un pensiero sistematico che ha portato alla pubblicazione del volume “Turismo conviviale. Bellezza, stupore, comunità”, edito da Armando Editore nel 2020, in cui si cerca di delineare il modello, i luoghi, il linguaggio, lo stile di un turismo conviviale, pensato come declinazione al futuro del turismo religioso».
Il turismo conviviale, spiega don Gionatan, «affonda le sue radici su una visione della società e della vita che ha nel movimento e nel manifesto convivialista i punti di ispirazione di fondo di una prospettiva che si è cercato di declinare nel settore turistico, pensato come luogo di educazione ad un benessere integrale e di evangelizzazione attraverso la bellezza che stupisce. Da una visione filosofica del mondo, della società e dell’economia si è cercato di costruire un modello esperienziale innovativo che accompagni pian piano i territori a passare dalla percezione del turista-cliente o del pellegrino-fedele alla percezione dell’ospite-amico».
Nella fase di ideazione e riflessione sono state coinvolte circa 300 persone che hanno partecipato ai vari simposi e hanno dato il loro concreto contributo di riflessione. «Da qui – sottolinea don Gionatan – sono scaturiti i modelli di turismo e governance che trovano nell’esperienza del Parco culturale ecclesiale la loro concretizzazione. Ad oggi sono 18 le Diocesi italiane che hanno avviato il percorso per far nascere quest’esperienza che vede nel territorio una risorsa di sviluppo e di crescita nell’ottica del pane (il lavoro) e della parola (l’evangelizzazione). Una Comunità trasforma un territorio e delle esperienze in Locus Lucis quando offre un’esperienza straordinaria e speciale, quanto più personalizzata possibile e animata da una grande capacità di narrazione, per alimentare la vita e la speranza di chi incontra, promuovendo lo sviluppo della persona nella sua totalità. E questo partendo dall’esperienza essenziale dello stupore. Solo lo stupore, infatti, potrà aprire la strada a quel desiderio che, poi, può portare a scelte compromettenti di vita piena, capaci di far gustare la gioia vera dell’essere umani e cristiani. In tal senso, il turismo conviviale è un possibile laboratorio di turismo No.Bel., della Notizia Bella, ministero della Comunità cristiana che si attua in un tipo particolare di relazione in cui si accompagnerà la persona in un percorso che, da stupito consapevole, favorisca una lettura positiva del vissuto, dando la possibilità di sanare le svariate forme di difficoltà o di ferite esistenziali, allenandola all’arte della gratitudine e alimentandone il desiderio di una vita integralmente gioiosa».
Il turismo conviviale può creare valore? «La grande sfida del turismo conviviale è permettere alla Bellezza di ritrovare un proprio spazio nella vita quotidiana delle persone e dei popoli, coniugandosi con l’utile. Esempi virtuosi sono offerti dai processi di rigenerazione urbana, riconversione ecologica, riadattamento dei consumi energetici, di riuso e di lotta allo spreco. E così il patrimonio culturale, se solo si misurasse l’immensa perdita che si produce ogni volta che un bene rimane inagito: la doppia sconfitta di smarrire un valore d’uso e anche un valore di opzione, non lasciando intravedere l’opportunità di creare valore contemporaneo, in un mondo che considera sempre più rilevante lo spazio dell’estetica persino negli oggetti, in special modo se coniugato a fattori quali il consumo ridotto di risorse, l’utilità e la funzionalità, la discrezione, la responsabilità sociale, le emozioni, le esperienze e le percezioni sensoriali. Il turismo è il segmento economico in cui appare più evidente l’esistenza di una connessione tra estetica dei luoghi e il loro valore economico».
Intanto, a Lecce, l’Istituto tecnico superiore regionale per il Turismo – Puglia, ha istituito un percorso di Alta specializzazione che si terrà ad Alessano e nasce dalla collaborazione tra la Fondazione ITS IOTA, la Fondazione De Finibus Terrae e l’Ufficio nazionale per la Pastorale del turismo della CEI. Partendo dall’esigenza di formare persone in grado di organizzare, animare e promuovere reti territoriali capaci di far nascere sul territorio nazionale e mediterraneo i Parchi culturali ecclesiali, formerà professionisti capaci di declinare il turismo conviviale nei territori.
«Un Parco culturale ecclesiale – precisa don Gionatan – si propone di essere un’esperienza di turismo di comunità. Vuole essere un sistema territoriale che promuove, recupera e valorizza, attraverso una strategia coordinata e integrata, il patrimonio liturgico, storico, artistico, architettonico, museale, ricettivo e ludico di una o più chiese particolari. Vuole essere un sistema che, seppur profondamente radicato in un territorio, diventa capace di mettere in relazione comunità parrocchiali, monasteri, santuari, aggregazioni laicali. Vuole essere un tessuto connettivo in grado di valorizzare spazi aggregativi e ricettivi, antiche vie di pellegrinaggio, iniziative culturali tra le più disparate, tradizioni radicate nella cultura e nella religiosità popolare. Inoltre, vuole accompagnare la rete ecclesiale territoriale ad entrare in contatto con altre reti (ecologico-ambientali, sistemi turistici locali, istituzioni, GAL), rispondendo così anche ad esigenze complementari della fruizione culturale, turistica e del tempo libero, salvaguardandone la primaria funzione ed identità religiosa. Il Parco culturale ecclesiale, infatti, sin dalla sua prima ideazione è pensato come occasione offerta alle Comunità cristiane di crescita in chiave comunionale e missionaria attorno ad un progetto comune, sollecitandole ad attivare percorsi virtuosi di accoglienza al proprio interno di ospiti con storia, sensibilità, cultura ed esperienze diverse».
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