Cultura
Cara Rai, ancora un’occasione persa sulla disabilità
Ho la certezza che l’intento di Amadeus nel portare per l’ennesima volta il tema della disabilità sul palco dell’Ariston fosse nobile. Purtroppo, però, anche questa volta si è trattato di una narrazione più che inadeguata. Non si capisce, per esempio, per quale motivo Maria Chiara Giannetta abbia dovuto, per tutto il monologo, essere sul punto di piangere. La vita delle persone con disabilità è obiettivamente molto faticosa, ma è anche molto allegra
di Lisa Noja
Ho la certezza che l’intento di Amadeus nel portare per l’ennesima volta il tema della disabilità sul palco dell’Ariston fosse nobile. Purtroppo, però, anche questa volta si è trattato di una narrazione più che inadeguata. E credo sarebbe davvero necessaria una riflessione profonda da parte del mondo degli autori televisivi sulle ragioni per cui non riescano mai a rappresentare la disabilità senza scadere in una stucchevole retorica che non aiuta a portare avanti quella rivoluzione culturale di cui il nostro paese avrebbe tanto bisogno.
Faccio solo qualche esempio.
1. Non si capisce proprio per quale ragione i “guardiani” (come li ha definiti Maria Chiara Giannetta,) rigorosamente senza cognome, perché le persone con disabilità vanno chiamate per nome e dando loro sempre del tu, non si capisce perché. O meglio si capisce e fa abbastanza girare le scatole) fossero muti e dovessero farsi raccontare la loro storia dell’attrice, senza poter spiccicare parola. Ne è dato sapere per quale motivo l’attrice abbia dovuto, per tutto il monologo, essere sul punto di piangere. La vita delle persone con disabilità è obiettivamente molto faticosa, ma è anche molto allegra. Prendetene nota cari autori e attrici/attori che ne parlate.
2. Ha detto la Giannetta che Michela, uno dei suoi quattro “guardiani” “vive con un tempo dettato solo da lei, non dagli altri”, mentre lei – la Giannetta – si affanna, corre dietro al tempo”. Volevo dare agli autori di Sanremo una notizia: anche le persone con disabilità lavorano, devono adeguarsi ai ritmi veloci della vita contemporanea, hanno tempi dettati dal mondo esterno. Il fatto è che, per star dietro a quei tempi, una persona con disabilità deve fare più fatica. Questo andrebbe raccontato, spiegando anche quante difficoltà e lentezza in più sono imposte alle persone con disabilità dal mondo inaccessibile e pieno di barriere, architettoniche e non, che le circonda. Bisognerebbe, insomma, utilizzare uno spazio pubblico come Sanremo per denunciare, magari con ironia, quegli ostacoli rimovibili, piuttosto che crogiolarsi nell’idea un po’ autoassolutoria di un inesistente e meraviglioso mondo a parte, lento e riflessivo, in cui vivrebbero più di 4 milioni di italiani.
3. “Mi sembra assurdo che questa donna – Maria (“guardiana” rigorosamente senza cognome) – possa avere paura” aggiunge la Giannetta. Per quale motivo, di grazia, una persona con disabilità non dovrebbe aver paura? Appartiene forse ad una categoria umana talmente eroica e coraggiosa da non poter provare i sentimenti che accomunano tutti noi? E questo pur vivendo una vita a tratti abbastanza terrificante, considerati gli ostacoli che deve superare? Ma come gli vengono agli autori certe idee?
4. Infine, la Giannetta ha detto che, grazie all’ interpretazione di Blanca, ha scoperto che quello che non conosce è una ricchezza infinita che la rende umana ed “è stata una figata”. Sono sicura che questa esperienza professionale ha arricchito l’attrice e sono felice per lei. Tuttavia, vorrei chiarire che non è compito delle persone con disabilita ispirare il prossimo o insegnargli il valore della vita. E vorrei anche che non si facesse confusione: avere una disabilità non è per nulla una figata, è una grande, enorme rottura di scatole. Sarebbe invece una gran figata vivere in un mondo inclusivo e privo di barriere che consenta a tutti noi di andare dove vogliamo, di entrare negli spazi che ci piacciono e di frequentare i luoghi che più ci aggradano senza fatica.
Un’ultima annotazione. Leggo di molti che criticano il fatto che le persone con disabilità siano prevalentemente interpretate da persone che non sono disabili. È una polemica che sinceramente non mi appassiona, perché introdurre le quote negli spazi artistici proprio non mi convince. Piuttosto, credo che sarebbe utile avere più autori con disabilità per evitare che buone intenzioni, come quelle che sicuramente hanno animato lo spazio “disabilita” dedicato ieri da Sanremo, si trasformi nell’inferno dei luoghi comuni che non aiutano il nostro paese a progredire culturalmente.
*Lisa Noja è una deputata del Parlamento italiano e un'avvocata civilista e amministrativista, è la Delegata del sindaco di Milano per le Politiche sull'accessibilità
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