Non profit
Obiettivo lavoro: Flank motivator al fianco dei neet
È finanziato da Erasmus+ grazie ad una partnership dell’associazione Increase di Torino con il National Business Development Network di Sofia (Bulgaria) il progetto prevede la formazione di motivatori che affianchino i giovani aiutandoli all'ingresso nel mondo del lavoro. L'iniziativa è stata al centro di un incontro al Circolo dei Lettori di Torino
L’Italia è al primo posto in Europa per numero di giovani nella condizione di neet (non lavorano e non studiano 3 milioni di giovani) e allo stesso tempo è un Paese con grave carenza di manodopera nel quale le aziende fanno fatica a trovare personale. Un cortocircuito paradossale che evidenzia il modo plastico l’incapacità dell’Italia di costruire politiche del lavoro e di orientamento che permettano con maggiore facilità l’ingresso nel mondo del lavoro sia di chi è disoccupato, sia di chi esce dal percorso di formazione scolastica. In Spagna la riforma messa in atto sta dando buoni risultati (oltre un milione di occupati in più con contratto indeterminato nell’ultimo anno) grazie ad una serie di norme che prevedono penalità per i contratti ultra-brevi, sono stati eliminati i contratti per opera o servizi, è introdotto l’obbligo di giustificare le cause dei contratti temporanei e sono previste multe elevate per le infrazioni rilevate dell’ispettorato del lavoro.
Come spiega l’economista Massimo De Minicis è evidente che «in una fase di crisi perdurante, di caduta dei salari e di aumento dell’inflazione, una riforma del lavoro dovrebbe affrontare in maniera organica e complementare diversi aspetti, livelli minimi salariali, riduzione della precarietà e le dinamiche della contrattazione collettiva». Infatti, molti dei giovani che vengono etichettati come neet sono semplicemente lavoratori precari, giovani che entrano ed escono dal mercato del lavoro e che le indagini Istat non riescono a vedere perché si considera disoccupato che non ha lavorato nella settimana precedente alla rilevazione statistica. Ma poi quando lavorano che tipo di contratti anno? E quali retribuzioni? Secondo le ultime rilevazioni di Eurostat 360mila giovani nella fascia tra 20 e 29 anni, guadagnano meno di 876 euro al mese. Poche ore di lavoro a settimana, poche settimane nell’anno, salari bassi che a loro volta determinano bassa produttività. Anche la crescita dei posti di lavoro dell’ultimo anno è tutta trainata dai contratti a tempo: a luglio abbiamo toccato il record storico di 3,2 milioni di occupati a termine.
Di queste complesse questioni hanno discusso al Circolo dei Lettori di Torino i referenti del progetto Flank Motivator. Un progetto finanziato dal Erasmus+ grazie ad una partnership dell’associazione Increase di Torino con il National Business Development Network di Sofia (Bulgaria). Si tratta di un’iniziativa che prevede di affiancare giovani nella condizione di neet da motivatori che siano in grado di rilevare i bisogni, sia espressi che inespressi dei giovani, al fine di individuare le forme di sostegno più adeguate: figure flessibili che non stanno né avanti, né dietro ai giovani, ma a fianco.
«Noi siamo partiti dalla ricerca, un’indagine qualitativa che ci ha aiutato a comprendere i bisogni dei giovani neet, poi abbiamo fatto una ricerca quantitativa su 900 giovani per rilevare gli indicatori che già nella scuola segnalano condizioni di rischio (pubblicato nel libro Prima di diventare invisibili, Franco Angeli)», spiega Emilia Caizzo dell’associazione Increase. «Ma adesso vogliamo fare un passo in più formare persone in grado di accompagnare i giovani in quella che è la terza nascita: l’ingresso nel mondo del lavoro».
Ekaterina Krancheva rappresentante dell’associazione National Business Development Network che coinvolge 35 incubatori d’impresa con sede a Sofia ha spiegato la situazione dei neet in Bulgaria (353mila, soffermandosi in particolare sui 135mila di etnia rom) che vivono in gran parte nelle aree rurali. «La loro condizione deriva, in sintesi, da quattro principali cause: in primis l’ambiente familiare, lo stile di vita, le relazioni e l’ambiente sociale in cui sono immersi; la seconda causa è la scuola (sistema educativo) l’approccio pedagogico e l’orientamento (metodi e materiali d’istruzione); c’è poi il mondo del lavoro, l’approccio con cui i giovani si propongono, la fatica ha fare la prima esperienza e infine, c’è il problema dell’assenza di motivazioni: c’è una forma di apatia, soprattutto da parte dei giovani che vivono in piccoli villaggi e appartengono a minoranze (es. rom)».
Dal lato italiano ha spiegato Giovanna Pentenero, assessora lavoro, formazione professionale del Comune di Torino «si sta facendo molto ci sono molti progetti, iniziative e ulteriori risorse sono in arrivo (Garanzia Giovani, Fse, Goal), ma i numeri sono impietosi abbiamo aziende che cercano persone e non si riescono a trovare risposte adeguate e nello stesso tempo il tasso di disoccupazione è altissimo. Il problema è come oggi intercettiamo le persone. Abbiamo una rete di servizi importante che deve riuscire ad essere una rete vera, manca l’interconnessione e quindi la possibilità di intercettare le persone. […]. Le grandi sperimentazioni non sono state messe a sistema, aggiungiamo risorse, misure, con rischi di sovrapposizione, di più interventi per alcuni e magari nessuno per altri».
L’impressione e che ci siano tante iniziative, tanti progetti, ma non una politica. Eppure c’è qualcosa di più che non dipende dalla politica: la frammentazione degli interventi non è altro che il riflesso della frammentazione della società, non si può pensare che l’individualismo, la solitudine, la segregazione spaziale trovino poi una ricomposizione nel lavoro. Come spiega il professor Guido Lazzarini «c’è una destrutturazione delle persone, il non sapere più chi sei e se non fai niente non ti senti niente. I giovani, in particolare, rischiano questo deterioramento». Il progetto cercherà di dare una risposta. «Spaventano le incertezze», spiega Sara Diena giovane consigliera del Comune di Torino «e soprattutto le certezze (vedi cambiamento climatico)». Ma quelli dell’associazione Increase sanno che sono difficili le cose belle.
Nell'immagine in apertura assessora Giovanna Pentenero, il professor Guido Lazzarini e le partner bulgare e italiane dell'associazione Increase
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