Economia

La grande fuga dal cattivo lavoro

Un dossier dell'AreaStudi Legacoop-Prometeia certifica la ripresa del mercato del lavoro a cui però corrisponde un boom delle dimissioni +31,6% fra il 2020 e il 2021. Il presidente di Legacoop Mauro Lusetti: «Un quarto delle cooperative ci dice che oggi il problema è la scarsità di manodopera, ma il Paese non chiede solo lavoro, ma buon lavoro»

di Redazione

I dati più recenti sull’occupazione evidenziano che il mercato del lavoro italiano sta riprendendo vitalità, dopo i pesanti effetti negativi della pandemia testimoniati dal crollo delle attivazioni di nuovi rapporti di lavoro che, tra il 2019 e il 2020, sono calati, complessivamente, del 23,7%, da 7,5 milioni a 5,7 milioni. A questo si accompagna però un fenomeno che non va sottovalutato: la crescita delle dimissioni dei lavoratori dipendenti, che nei primi nove mesi del 2021 aumentano del 31,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando da 1 milione ad oltre 1 milione e 300mila. È quanto emerge dal report “Assunzioni e cessazioni: qualcosa si muove nel mercato del lavoro italiano” realizzato nell’ambito del progetto di ricerca Monitor Fase 3, frutto della collaborazione tra Area Studi Legacoop e Prometeia.

Il fenomeno dell’aumento delle dimissioni dei lavoratori dipendenti cui non sembra corrispondere un passaggio ad altra occupazione, quanto piuttosto un allontanamento permanente dal mercato del lavoro, ha dato vita in molti paesi ad un dibattito sulla “great resignation” che trova parziale conferma nei dati contenuti nel report di ricerca anche per il nostro Paese.

Con la progressiva uscita dalla crisi, sono aumentate non solo le nuove assunzioni, ma anche le cessazioni. Da un confronto su periodi omogenei, si osserva che da gennaio a settembre 2021 le assunzioni sono aumentate del 19,4% rispetto allo stesso periodo del 2020 (da 4,4 a 5,3 milioni) e le cessazioni del 6,6% (da 4,2 a 4,5 milioni). Una dinamica, quest’ultima, che si è accentuata a partire dal marzo 2021, quando sono venute meno molte misure di distanziamento sociale. L’incremento delle cessazioni rilevate tra marzo e settembre del 2021 è stato del 18,1% rispetto al periodo corrispondente del 2020 (+580mila in valore assoluto).

Molto significativo il dato relativo al confronto tra la dinamica dei licenziamenti e quella delle dimissioni sul totale delle cessazioni. Sempre prendendo a riferimento il periodo gennaio-settembre, nel 2021, sul totale di 4,5 milioni di cessazioni, mentre scende il peso relativo dei licenziamenti economici -grazie al blocco imposto da marzo 2020, sono scesi da una quota media del 10,5% negli anni 2017/2019 al 6,7% del 2020 e al 5,5% nei primi sei mesi del 2021- aumenta quello delle dimissioni, che nei primi 9 mesi del 2021 salgono al 29,8%, con un incremento di quasi 6 punti percentuali rispetto alla media dei due anni precedenti (24%).

Tornando ai dati relativi alle dinamiche “assolute” delle dimissioni, il report evidenzia come, dopo la forte riduzione dovuta al lockdown, siano tornate superiori ai livelli pre-crisi. Se, infatti, nel periodo gennaio-settembre 2020 si osserva una riduzione delle dimissioni del 19,1% rispetto allo stesso periodo del 2019 (passano da 1,2 milioni a 1 milione), sullo stesso periodo il 2021 mostra, come detto in precedenza, un forte incremento, pari al 31,6%, delle dimissioni rispetto al 2020 (da 1 milione ad oltre 1,3 milioni).

«Il mercato del lavoro è uno dei punti di osservazione privilegiati per capire che due anni di pandemia hanno cambiato le vite di tutti -commenta Mauro Lusetti, presidente di Legacoop- e non solamente il nostro modo di vivere ma anche le priorità, le speranze, gli obiettivi e i comportamenti economici e sociali. Conosciamo fin troppo bene i difetti del nostro mercato del lavoro, e questa rapida fase di ripresa li ha evidenziati: un quarto delle nostre cooperative ci dice che il principale problema oggi è la “scarsità di manodopera”, ma in regioni come l’Emilia Romagna questa percentuale si avvicina alla metà. È ovviamente il colmo in un paese che soffre dei nostri tassi di disoccupazione, e ora il PNRR può e deve essere anche lo strumento per risolvere queste distorsioni strutturali. Attenzione, però, che emergono altri aspetti: ossia la qualità del lavoro e della vita, il bisogno di soddisfazione, di autorealizzazione, di crescita sociale e personale: lo sviluppo armonico di un paese non richiede non solo di mettere le persone al lavoro, ma di metterle al posto giusto; un sistema produttivo che non valorizza i propri talenti, semplicemente, non rende ciò che potrebbe”.

In conclusione, il report sottolinea la necessità di porre attenzione, pur in presenza di un contesto complessivo favorevole, alle aree di fragilità nel mercato del lavoro. In particolare, occorrerà mantenere sotto controllo l’epidemia per evitare nuove restrizioni, proseguire con una corretta e rapida implementazione del PNRR che contribuirà non solo a consolidare la ripresa, ma anche a rafforzare la crescita di medio periodo, procedere con la riforma degli ammortizzatori sociali e degli strumenti di politiche attive per favorire la transizione fuori dalla crisi e verso nuovi settori e modalità di lavoro, aumentare la partecipazione di giovani e donne al mercato del lavoro ed incrementare la mobilità lavorativa.

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