Mondo

Medicina: africani più sensibili ad alcuni farmaci

Lo rivela il pìrimo studio al mond odi questo tipo, condotto da medici italiani

di Gabriella Meroni

”Da tempo si sospetta che gli asiatici necessitino di maggiore quantitativi di anestetico e gli africani di minori: la nostra indagine tenta di sistematizzare questa impressione”. E’ quanto spiega il professor Oreste Ortolani, che insegna Anestesia e Rianimazione a Firenze e che dirige un’equipe universitaria che sta svolgendo una approfondita ricerca in paesi africani (sara’ poi la volta di paesi asiatici): la prima, in tal senso, al mondo. Ortolani sta concludendo una missione di lavoro durata tre mesi a Nairobi (Kenya, Africa Orientale), condotta presso il Kenyatta National Hospital, dopo aver effettuato una ricerca altrettanto lunga a Dakar (Senegal, Africa Occidentale) nell’ospedale universitario Aristide le Dantec. Le indagini sono svolte con moderne e ultrasensibili apparecchiature elettro-encefalografiche computerizzate (Ortolani se le trascina appresso con cura maniacale da Firenze) che consentono di valutare la profondita’ del sonno anestetico attraverso l’attivita’ elettrica del cervello. Tali indagini, spiega il professore, ”hanno permesso di stabilire, ed i risultati sono gia’ stati pubblicati con vasta eco, che gli africani del Senegal sono oltre il 30 per cento piu’ sensibili degli europei ad alcuni farmaci endovenosi usati per l’anestesia. E la significativa statistica di dati raccolti a Nairobi consente di confermare gia’ ad una prima analisi la medesima sensibilita’ all’anestesia anche nell’ Est Africa”. L’indagine proseguira’ in tempi brevi, studiando africani che da centinaia di anni hanno cambiato il loro habitat originale. In particolare, Ortolani sara’ gia’ alla fine del prossimo mese al lavoro nell’ospedale Sao Rafael (una ‘costola’ del San Raffaele di Milano) di Salvador di Bahia (Brasile), per verificare appunto se anche avendo cambiato insediamento da secoli la reazione degli africani all’anestesia resta costante, e diversa da quella europea. Tocchera’ poi ad aree asiatiche, probabilmente il Tibet. Uno studio tutto italiano, quello di Ortolani, la cui valenza, sostiene il professore, ”va ben al di la’ dell’interesse specifico della disciplina dell’anestesia, in quanto tende a stabilire differenze di tipo biologico, quali che siano, geneticamente determinate tra popoli diverse”. ”E comunque – conclude – in epoca di globalizzazione e di grandi migrazioni queste cose bisogna saperle: basti solo pensare a quanti africani ed asiatici capitano sui tavoli operatori italiani, e rischiano di vedersi somministrate anestesie magari non giustamente calibrate: il che, al termine dei nostri studi, potrebbe non avvenire piu”’


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