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Che banca ha più tempo che denari
Una scelta che coinvolge già 20mila persone: .si mette a disposizione il proprio tempo e le competenze per chi ne ha bisogno.
All?inizio erano dieci amiche romagnole divise, come tante altre donne, tra il lavoro, la famiglia, la casa e il tempo che non basta mai. Oggi sono 20 mila persone in tutta Italia, e dalla settimana scorsa saranno sempre di più perché il Parlamento ha approvato una legge che ne favorirà le attività e la crescita. È il popolo delle Banche del Tempo, un fenomeno tutto italiano che il mondo ci copia e che è partito, come molte buone idee, da un gruppo di persone decise a fare qualcosa per cambiare in meglio la vita propria e quella degli altri. Come? Scambiandosi gratis ore di aiuto reciproco: una lezione di inglese in cambio di un?ora di cucito, una torta di compleanno in cambio di un?aggiustatina al motorino. Un universo nato spontaneamente che oggi per la prima volta viene riconosciuto e agevolato dallo Stato.
Il fenomeno Banche del Tempo nasce in Italia alla fine del 1995, sviluppandosi subito a un ritmo forsennato: nel 1998 le Banche erano già 184, oggi sono 307. Un incremento dell?83% in meno di due anni al ritmo di 100 nuove ?filiali? l?anno. «Sì, in pratica ogni tre giorni si apre un nuovo sportello» dice Adele Grisendi, presidente di Tempomat (il linguaggio bancario continua…), l?organizzazione legata alla Cgil che si occupa di censire e supportare tutte le BdT italiane. «Siamo costretti a non diffondere il nostro numero di telefono, ma solo il fax per evitare di intasare le linee. Rispondiamo a tutti, ovviamente, ma abbiamo solo due braccia…».
Il tempo? Mettilo in cassaforte
L?idea insomma è vincente, perché ormai il tempo è diventato una risorsa talmente preziosa da dover essere chiusa in cassaforte. Scambiarlo alla pari è altruista, e insieme conveniente. Cosa volere di più? E pensare che quando nacque la prima Banca italiana sembrava soltanto un?iniziativa di quartiere, quasi di cortile, tra un gruppo di affiatate signore di Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini. «Siamo partite in poche, in sordina» racconta la signora Marisa Garattoni, impiegata, consigliere comunale e centrocampista della locale squadra di calcio femminile oltreché autista per la Banca del Tempo. «Poi un giorno abbiamo partecipato a un convegno a Bologna sulle pari opportunità, raccontando la nostra esperienza, e tutti si sono accorti di noi. Pensi che ci hanno chiamato perfino dal Giappone!». Il riconoscimento più importante però è venuto nei giorni scorsi dalla nuova legge sui congedi parentali (o meglio ?sui tempi delle città?), che ha messo nero su bianco all?articolo 27 ciò che in qualche Comune è già successo: un accordo tra l?ente locale e la Banca del Tempo per promuovere il senso di responsabilità dei cittadini. Una norma che si applicherà subito ai Comuni con più di 30 mila abitanti, senza però escludere gli altri. «Una decisione in linea con lo spirito della legge» dice la relatrice della legge, onorevole Cordoni. «Se infatti il problema generale è favorire la conciliazione tra vita lavorativa e famigliare, regolare il rapporto tra dipendenti e aziende con i congedi parentali estesi a entrambi i genitori non era sufficiente. Bisognava occuparsi anche del tempo trascorso fuori dall?azienda, nella società: le Banche del Tempo svolgevano già questa funzione, era giusto riconoscerne il ruolo sociale e soprattutto promuoverne l?esistenza nei Comuni italiani».
Una vera gloria nazionale
Le Banche del Tempo sono una gloria tutta nostrana. Nel mondo infatti esistono molte esperienze simili, ma nulla di uguale. In Gran Bretagna, per esempio, sono frequenti i gruppi chiamati Lets (Local exchanges trading systems), in cui vengono dati e offerti servizi, ma in cambio di una moneta fittizia creata dagli aderenti. Quindi viene mantenuto in qualche modo un criterio economico. In Francia è lo stesso, a parte piccole sperimentazioni di comunità ristrette che praticano il troc (baratto), ma nell?ambito di programmi pubblici di integrazione, attivati magari in quartieri multietnici. Negli Stati Uniti c?è il time-dollar, un?unità monetaria composta da periodi di tempo più o meno lunghi a seconda della ?qualità? della prestazione offerta. Anche qui, dunque, si scimmiotta il mercato. «Da noi invece è tutto veramente gratuito e alla pari» afferma Rosa Amorevole, sociologa, studiosa del fenomeno Banche del Tempo e autrice di molti saggi sull?argomento. «In Italia infatti mettiamo al centro le relazioni al posto dell?aspetto monetario, e nelle nostre banche non c?è la più piccola traccia di mercato. Anzi, tutti i soci che ho conosciuto sono molto rigidi su questo punto, non vogliono essere ?sporcati? dai soldi». Gli effetti benefici di una vita almeno in parte affrancata dalla schiavitù del denaro si vedono. Dove sorge una Banca del Tempo, testimonia ancora Rosa Amorevole, la vita migliora, le persone sono più soddisfatte e meno isolate. «Potrei raccontare centinaia di storie bellissime, che riguardano soprattutto donne sole. Ho presente il caso di una signora di 60 anni, nobile e coltissima, ma sola al mondo, che si stava spegnendo lentamente. Attraverso la Banca del Tempo ha trovato una ragione di vita: si rende utile agli altri con lezioni di pianoforte e di francese, e in cambio vuole solo compagnia. Sono sicura che non l?avrebbe mai chiesta senza poter dare niente a sua volta».
Sarebbe sbagliato però alimentare facili entusiasmi. Partecipare a una Banca del Tempo è entusiasmante, ma è soprattutto un impegno ben preciso che richiede dedizione e serietà. «Niente danneggia questa esperienza come la discontinuità» continua Rosa Amorevole. «Ma chi persevera, ne trae una gratificazione personale unica. Diversi studi hanno messo in evidenza come tra i soci delle Banche si attivano percorsi di crescita di identità e autostima contagiosi». Gli sviluppi futuri di queste oasi del gratuito sono molto promettenti e vanno anche al di là della nuova legge. Alcuni Comuni stanno già pensando di interagire direttamente con le Banche ricevendo da loro qualche ora di servizi (per esempio, attività di promozione turistica) e offrendo in cambio ?crediti? per accedere a servizi a pagamento.
Altrove si stanno aprendo sportelli BdT nelle scuole, per favorire gli scambi e la solidarietà tra gli alunni. «Nella nostra società ci sono poche organizzazioni spontanee che pensano al bene comune» conclude Rosa Amorevole. «Spesso i gruppi autorganizzati sorgono ?contro? qualcosa o qualcuno, quindi in nome di un interesse privato. Qui è esattamente l?opposto: ci si preoccupa del benessere proprio ma anche di quello del vicino».
In effetti, l?unica difficoltà di molte Banche è proprio quella di trovare persone che si rivolgono allo sportello per chiedere servizi, perché i ?conti correnti? ricevono più versamenti che prelevamenti. «Succede anche da noi, a Santarcangelo» testimonia la signora Garattoni. «A volte siamo così pieni di ore disponibili che facciamo fatica a vuotare le casse».
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