Volontariato

Perché Pinochet non ci può sconfiggere

L’orologio della giustizia internazionale è come se in quest’inizio millennio avesse fatto un passo indietro di due anni.

di Riccardo Bonacina

L?orologio della giustizia internazionale è come se in quest?inizio millennio avesse fatto un passo indietro di due anni. Il ministro britannico Straw ha dato il suo sostanziale contributo non consentendo alcuna estradizione del generale Pinochet rendendo così molto improbabile che questi debba rendere conto di fronte a un tribunale dei gravi reati di cui è stato accusato.
Il pensiero, in questi giorni, corre spontaneamente al Tribunale Penale Internazionale il cui statuto fu approvato a Roma nel luglio 1998 e al dibattito intenso che preparò quell?evento. Si discusse per mesi in base a quali criteri e come dovesse funzionare questa Corte di giustizia mondiale che sarebbe stata in grado di processare individui personalmente responsabili di aver pianificato, ordinato o commesso gravi crimini contro l?umanità. Si elaborarono i principi di indipendenza del Tribunale, si cominciarono a definire concetti come peace keeping, corpi di pace, genocidio, crimini di guerra, crimini contro l?umanità. Eppure da quel luglio ?98 ad oggi è come se fossero stati più i passi indietro di quelli in avanti. A tutt’oggi lo Statuto del Tribunale Penale Internazionale ha ricevuto solo 7 ratifiche sulle 60 necessarie. Nel frattempo è successo di tutto: la guerra in Kosovo, le stragi prodotte da misure come l?embargo all?Iraq, l?uso politico del Tribunale dell?Aja per i crimini commessi nei Paesi dell?ex-Jugoslavia, le stragi in Cecenia, i conflitti in Africa, infine il salvacondotto per ?motivi umanitari? a Pinochet che rischia di mettere in crisi una giovane democrazia. In questi due anni l?appello alle ?ragioni umanitarie? è stato usate per tutto e il contrario di tutto; per giustificare le guerre e per soccorrere le vittime di quelle stesse guerre, per coprirsi dietro alle ipocrisie delle risoluzioni Onu, per chiudere gli occhi quando conviene. Sembra, insomma che gli interessi, più o meno leciti, dei governi continuino ad essere più importanti del rispetto dei diritti umani. Basta guardare a quel che rimane del Kosovo dopo lo spreco di ragioni umanitarie e di corpi militari che impropriamente si continuano a definire ?di pace?. Una situazione ?esplosiva? ha detto Kofi Annan, «La risoluzione che governa il Kosovo fu fatta in fretta e furia» dice Staffan De Mistura, e la gente continua a spararsi e a morire.
Eppure la cosa peggiore da fare in queste ore sarebbe quella di abbandonarsi alla delusione poiché qualcosa è pur conquistato, per sempre. Malgrado l?epilogo infelice, il caso Pinochet dice che una persona che è seriamente indiziata di gravi crimini, non potrà d?ora in poi andare in giro per il mondo con tranquillità. Forse qualcosa è finalmente cambiato, grazie a tutte quelle persone comuni che hanno lavorato in difesa delle vittime di violazioni dei diritti umani. Le stesse persone che, nonostante Pinochet, continueranno a chiedere che tutti i responsabili di crimini terribili finiscano sotto processo. Le stesse persone che, nonostante in Kosovo si spari sotto l?egida della Kfor o in Cecenia a massacrare nell?indifferenza del mondo, si rimboccheranno una volta di più le maniche per aiutare le vittime di qualsiasi parte politica o etnica, testimoniando come la pace non sia frutto di decreti e come la giustizia abbia a che fare con la solidarietà.

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