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Il dramma del Pantanal: brucia la più grande pianura alluvionale del mondo
È la seconda maggiore foresta dell’America latina dopo l’Amazzonia, ed ospita la maggiore biodiversità al mondo, ma a causa della siccità e degli incendi la sua situazione è da tempo critica. Lo scorso anno circa un terzo è andato in cenere, un dramma senza precedenti
di Paolo Manzo
Negli ultimi tre decenni, il Brasile ha perso circa il 15,7% della superficie idrica che aveva, l'equivalente di oltre 3,1 milioni di ettari. Tutti i biomi, ovvero quegli ecosistemi perfetti come l’Amazzonia e la Mata Atlantica, hanno registrato perdite ma la situazione più preoccupante è senza dubbio quella del Pantanal, dove, a causa della siccità e degli incendi, c’è stata una riduzione drammatica della superficie ricoperta da acqua.
Il paradosso è che tradizionalmente il Pantanal è caratterizzato dall'essere paludoso ma, come dimostrano gli studi pubblicati lo scorso 22 agosto dall’osservatorio MapBiomas Água, dal 1985 ad oggi ha perso il 74% della sua superficie d'acqua. Il Pantanal è la seconda maggiore foresta dell’America latina dopo l’Amazzonia, ed ospita la maggiore biodiversità al mondo, ma a causa della siccità e degli incendi la sua situazione è da tempo critica. Lo scorso anno circa un terzo del Pantanal è andato in cenere, un dramma senza precedenti.
Secondo Cássio Bernardino, coordinatore del progetto per il WWF-Brasile, nelle aree in cui era possibile vedere specchi d'acqua nel 1985, oggi abbiamo zone aride. «La siccità influisce sull'intera dinamica del bioma», ha dichiarato Bernardino al quotidiano Folha de São Paulo, sottolineando come le riserve d’acqua nel Pantanal siano cruciali nel controllare gli incendi. Con la riduzione dell'area allagata e stagioni prive di pioggia come questo 2021, la materia organica diventa più secca e gli incendi hanno dunque gioco facile. Non è infatti un caso che il Pantanal stia andando di nuovo a fuoco come nel 2020. A morire sono centinaia di giaguari, coccodrilli e bovini, per non parlare della distruzione dell’economia di tante famiglie di contadini e indios, legate per la loro sopravvivenza proprio a questo fragile e splendido bioma.
Particolarmente tragica la situazione del giaguaro latino americano, a rischio di estinzione nell’area visto che lo scorso anno il 90% del parco naturale dove vive è andato distrutto. Ma chi brucia il Pantanal? La domanda oggi se la pongono in molti e a quanto sembra gran parte degli incendi sono causati da piromani al soldo di chi vuole disboscare per poi usare queste terre per l’allevamento del bestiame. Una denuncia era già stata fatta lo scorso anno dagli inquirenti che stavano indagando sul disastro del Pantanal ed il problema dei piromani è analogo anche sul fronte boliviano, dove sono già andati in fumo centinaia di migliaia di ettari di foreste. Quest’anno il Pantanal ha registrato quasi lo stesso livello di area distrutta dagli incendi nello stesso periodo dello scorso anno, quando aveva subito il peggior disastro ambientale della sua storia.
Da inizio 2021 fino al 21 agosto scorso, la più grande pianura alluvionale del mondo aveva già perso 261.800 ettari a causa degli incendi, l'equivalente di due volte l’estensione territoriale di Rio de Janeiro. È praticamente la stessa superficie bruciata nello stesso periodo dell'anno scorso (265.300 ettari) ed i dati provengono dall'Environmental Satellite Applications Laboratory del Dipartimento di Meteorologia (Lasa), presso l'Università Federale di Rio de Janeiro (UFRJ). «Quest'anno il Pantanal si è prosciugato più dell'anno scorso», ha spiegato alla Folha Márcio Yule, 57enne coordinatore del Centro nazionale per la prevenzione e la lotta contro gli incendi boschivi (Prevfogo) dell’Ibama del Mato Grosso do Sul. Secondo lui, la situazione è rapidamente peggiorata negli ultimi giorni. «Fino alla scorsa settimana, era abbastanza tranquillo. Abbiamo chiuso il mese di luglio con il 56% di incendi in meno rispetto allo scorso anno. Ora invece la situazione è più complicata». Domenica 22 agosto il fuoco è arrivato molto vicino a Bela Vista, a 317 km da Campo Grande, città al confine con il Paraguay, da cui è partito l'incendio una decina di giorni fa. Non lontano da lì, un forte incendio nella Terra Indigena Kadiweu ha devastato il 18% del territorio degli indios, trasformatisi in pompieri della Prevfogo.
Non meglio del Pantanal sta la più conosciuta Amazzonia, dove la deforestazione ha raggiunto il livello annuale più alto dell’ultimo decennio, secondo i dati diffusi da Imazon, istituto di ricerca brasiliano. Tra agosto 2020 e luglio 2021, la foresta pluviale ha infatti perso 10,476 chilometri quadrati, un'area 13 volte più grande di New York. «La deforestazione è fuori controllo», ha detto Carlos Souza, ricercatore di Imazon, «ed il Brasile sta andando contro l'agenda globale per il clima che sta cercando di ridurre urgentemente le emissioni di gas serra». Souza ha chiesto la ripresa urgente delle azioni del governo per fermare la distruzione, compresa la fiscalizzazione della deforestazione illegale che è stata compromessa dai tagli di bilancio del ministero dell'ambiente e delle agenzie di protezione ambientale. Mentre affronta accuse di smantellamento sistematico delle protezioni ambientali, il presidente Bolsonaro ha schierato migliaia di soldati per combattere la deforestazione illegale e gli incendi. Ma tale politica si è rivelata inefficace, secondo Marcio Astrini, segretario esecutivo del locale Osservatorio sul clima. «I dati mostrano che non funziona», spiega Astrini aggiungendo che «nessuna operazione dell'esercito sarà in grado di mascherare o controbilanciare gli attacchi del governo contro la foresta».
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