Volontariato

Porto Alegre 2002: le riflessioni di Movimondo

Dalla protesta alla proposta, si intitola così il documento che riceviamo e volentieri pubblichiamo

di Redazione

Dalla Protesta alla proposta – Porto Alegre 2002 (di Vincenzo Pira ? MOVIMONDO) Martedì 5 febbraio nell?immenso salone della Pontificia Università Cattolica di Porto Alegre circa dieci mila persone partecipano all?evento conclusivo del II Forum Mondiale Sociale. Si finisce con la ?Ciranda? ? un girotondo a ritmo di samba che coinvolge tutti. Una catena di migliaia di persone che ballano cantando ?um outro mundo é possivel se a gente quiser?… Prima della samba finale si sono presentati alcuni dati di partecipazione al Forum : un totale di 60 mila partecipanti alle manifestazioni del Summit; circa 8.000 associazioni iscritte come delegati; oltre 1.000 giornalisti; più di 800 tra conferenze, seminari e work shop realizzati sui differenti temi sociali ritenuti prioritari. Nello stesso atto finale alcuni attori hanno letto un brano di Josè Saramago ? Questo mondo dell’ingiustizia globalizata?. Racconta ?un fatto verificatosi in un borgo nei dintorni di Firenze più di quattrocento anni fa. Gli abitanti del borgo si trovavano nelle proprie case o lavorando nei campi, ognuno occupato nelle proprie faccende quando, all’improvviso, si udì il rintocco della campana della chiesa. In quei pii tempi (parliamo di qualcosa accaduto nel XVI secolo), le campane suonavano molte volte durante il giorno e proprio per questo non avrebbe dovuto essere tanto strano, ma quella campana suonava malinconicamente a morto e, questo sì era sorprendente, nessuno nel borgo si trovava in punto di morte. Le donne uscirono per strada, e con loro i bambini, gli uomini abbandonarono lavori faccende e in poco tempo tutti si ritrovarono sul sagrato della chiesa, in attesa di sapere chi dovevano piangere. La campana continuò a suonare ancora per qualche minuto prima di interrompersi. Qualche istante dopo si aprì la porta e nell’ombra apparve un contadino. Ma non essendo quest’ultimo l’uomo che normalmente suonava la campana, si capisce che i paesani domandassero dove si trovasse il campanaro e chi fosse il morto. “Il campanaro non è qui, sono io che ho suonato la campana”, fu la risposta del contadino. “Ma, allora, non è morto nessuno?” chiese la gente ed il contadino rispose: “Nessuno che avesse nome e sembianze umane, ho suonato a morto per la Giustizia, perché la Giustizia è morta”. Che cosa era successo? Era accaduto che il ricco signore del luogo (qualche conte o marchese senza scrupoli) da molto tempo andava spostando le pietre di confine delle sue terre, occupando la piccola porzione di terra del contadino che si riduceva sempre di più. Il contadino danneggiato cominciò a protestare e reclamare, poi implorò compassione ed infine si decise a rivolgersi alle autorità e chiedere la protezione della giustizia. Tutto senza risultato alcuno, la sottrazione di terreno continuò. Allora, disperato, decise di annunciare urbi et orbi (un borgo ha la dimensione esatta del mondo per chi vi ha sempre vissuto) la morte della Giustizia. Forse state pensando che il suo gesto di esaltata indignazione commosse e fece suonare tutte le campane dell’universo, senza distinzione di razza, credo e tradizioni, che tutti, senza eccezione, si unirono al rintocco della morte della Giustizia fino a che questa non fu resuscitata. Che un tale clamore passò di casa in casa, di città in città, scavalcando le frontiere, lanciando ponti sonori su fiumi e mari, tanto da risvegliare il mondo addormentato… Non so che cosa sia successo in seguito, non so se le braccia popolari aiutarono il contadino a rimettere i confini al loro posto, o se i compaesani, una volta dichiarata defunta la Giustizia, fossero tornati rassegnati, a tessa bassa e con l’anima arresa, alla triste vita di tutti i giorni. La Storia non racconta mai tutto… … Non ho più nulla da dire. O sì, ancora una parola per chiedere un istante di silenzio. Il contadino di Firenze è appena salito ancora una volta sul campanile della chiesa, la campana suonerà. Ascoltiamola, per favore. ? Porto Alegre è stato soprattutto questo: indios, sem terra, abitanti dell?Amazzonia, operai, sindacalisti, giovani, intellettuali, amministratori locali, parlamentari, che sono saliti sul campanile e hanno detto che in tante parti la giustizia è morta, che c?è la guerra, che l?ambiente sta morendo, che la partecipazione democratica non esiste, che la miseria ammazza milioni di bambini, che altri sono costretti a lavorare 15 ore al giorno per portare un po? di alimenti in casa in quanto gli adulti sono da tempo disoccupati, che si devono pagare milioni di dollari per un debito estero ingiusto e oppressivo… Un grande movimento che ha suonato le campane per richiamare l?attenzione dell?opinione pubblica mondiale sulla questione sociale mondiale. Un movimento che protesta ma che si anche posto il problema di come devono essere affrontati e risolti i problemi che riguardano l?intera umanità, quali le soluzioni trovare è che comunque ?un altro mondo? diverso da quello che vogliono i difensori del pensiero unico, di quelli che dicono che la storia è finita, che la guerra è un dovere etico è non solo possibile ma in costruzione. V?è stata tanta protesta nei confronti del G8 e di alcune entità multilaterali (soprattutto FMI ? Banca Mondiale e WTO) che pretendono di imporre regole a tutti senza una partecipazione ampia e democratica e quindi senza averne diritto e legittimazione. La mia permanenza in Brasile è iniziata il 25 gennaio a São Bernardo do Campo dove da tre anni MOVIMONDO collabora, nella favela Aqueduto, con un Centro di formazione professionale e di promozione dell?occupazione nato dalla cooperazione decentrata della città di Imola e dal lavoro di una equipe di missionari emiliani. Abbiamo programmato insieme le azioni del 2002 e definito le modalità di gestione di un programma approvato al MAE di cui aspettiamo il contributo finanziario. Sono arrivato a Porto Alegre il 28 gennaio per partecipare al II Forum delle Autorità locali per l?inclusione sociale a cui mi sono iscritto come osservatore. Tale Forum è stato organizzato dal comune di Porto Alegre e ha visto la partecipazione di importanti sindaci, uomini politici e delle istituzioni sia europee sia latino americane. Tra questi cito come partecipanti al dibattito i sindaci di Roma, Bruxelles, Barcellona, Genova, La Spezia, Marzabotto, Parigi, Lisbona, São Paulo, Belèm, Belo Horizonte, Buenos Aires, Rosario; il presidente della regione toscana. Vari politici italiani del centro – sinistra. Il dibattito è stato molto ricco e interessante. La presentazione di varie esperienze amministrative di partecipazione popolare quali quelle del ?bilancio partecipativo? ruolo delle città e delle amministrazioni locali è importantissimo. Nel documento finale si ribadisce il ruolo delle città quali attori politici nel nuovo scenario mondiale, prendendo una posizione propositiva e favorendo la nascita di alternative che portino a una diversa globalizzazione. ?…In questo contesto, la lotta per la pace e contro la logica bellicista, diventa una responsabilità di chi vuole costruire un ordine globale democratico e solidale. Il ribaltamento di questa logica esige non solo la riduzione delle spese militari e la riconversione dell?industria bellica, ma anche una riforma democratica delle istituzioni internazionali, affinché aumenti lo spazio del potere locale, si riconoscano le richieste dei paesi più poveri e si permetta la più ampia partecipazione della società civile globale. La crescente privatizzazione dello spazio pubblico ha diminuito la capacità di regolazione e di erogazione di servizi da parte dello Stato. Uno dei suoi effetti é una società più violenta e in molte città il potere della criminalità organizzata finisce per imporsi sull?ordine democratico e su uno Stato indebolito. Quindi la pace auspicata dalle città non é solo quella da realizzare nell?ambito delle relazioni internazionali, ma riguarda anche le proprie realtà locali… ?…L?adozione di decisioni senza una effettiva conoscenza e controllo democratico da parte dei cittadini mette in discussione lo stesso sistema democratico. Perciò molte città promuovono il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali attraverso l?incorporazione di strumenti aggiornati di partecipazione popolare, come forma complementare della democrazia rappresentativa e come rafforzamento della società civile. Di fronte ai nuovi problemi, le città sono chiamate ad un compito storico: globalizzare la democrazia; ricostruire, con nuove modalità, la sfera pubblica; valorizzare le diversità culturali; condividere le responsabilità e ridurre le disuguaglianze sociali, a cominciare dall?estensione dei diritti di cittadinanza. Tutto questo a partire dalle migliori tradizioni democratiche. Le città e i loro governi democratici, per poter contribuire alla correzione della direzione assunta dall?attuale globalizzazione, devono organizzarsi secondo i parametri della società contemporanea: informazione, globalizzazione e articolazione in reti. Nell?ottica politica e con l?imperativo etico e morale dell?inclusione sociale, le città si stanno organizzando per affrontare, ad ogni livello, i problemi complessi, globali, regionali, nazionali e locali, che richiedono soluzioni altrettanto complesse di tipo locale, nazionale, regionale e globale. Grazie alla crescita dell?articolazione fra le città, con il rafforzamento delle sue reti, lo spazio locale è, sempre più, al centro delle discussioni su una politica globale di sviluppo. Le politiche pubbliche locali efficaci riescono a diventare universali e a risvegliare l?attenzione dell?opinione pubblica internazionale e degli organismi internazionali. Questo processo si é accelerato durante la Conferenza Habitat II, realizzata a Istanbul nel 1996, quando le associazioni delle città hanno costituito l?Organizzazione Internazionale dei poteri locali (CAMVAL), che é oggi riconosciuta come interlocutrice delle Nazioni Unite per i programmi sull?habitat, sullo sviluppo sostenibile e per le iniziative di promozione della pace. Questo II Forum degli Amministratori locali per l?inclusione sociale crea una rete delle Città per l?inclusione sociale, in direzione di una nuova organizzazione mondiale delle città, frutto del processo di fusione della Federazione Mondiale delle Città Unite ? FMCU ? e dell?Unione Internazionale delle Autorità Locali ? IULA -. Questa rete adotterà forme organizzative flessibili che permettano un lavoro finalizzato al raggiungimento dei seguenti obiettivi: Intervenire nello scenario internazionale per costruire un?altra globalizzazione, che superi l?attuale dominio finanziario, riconosca istanze democratiche internazionali, sia coerente con le decisioni democratiche locali, nazionali e regionali e assicuri lo sviluppo sostenibile. Agire sugli organismi internazionali ? sociali, politici, finanziari ed economici ? per la pianificazione di interventi e misure che facilitino l?azione delle città nella realizzazione delle politiche pubbliche per l?inclusione sociale. Promuovere ed estendere specifiche politiche di solidarietà nelle città che ancora ne sono prive e rafforzarle dove già esistono. Tali politiche devono essere supportate dai fondi necessari affinché la solidarietà sia sostanziale ed efficace. In questo modo tali politiche si coordineranno nella prospettiva di strutturarsi, giuridicamente e finanziariamente, nelle forme più adeguate. In questo senso, durante il Forum, é stata proposta una iniziativa solidale con le città argentine per contribuire concretamente a sostenere il locale sistema sanitario. Intervenire nei contesti nazionali e regionali per ottenere la cancellazione del debito dei paesi più poveri e la rottura del circolo vizioso che lo riproduce con effetti negativi sui diritti sociali delle popolazioni. Scambiare esperienze e informazioni per lo sviluppo di politiche pubbliche di inclusione sociale delle diverse città; in tal senso questo Forum appoggia la realizzazione dell?evento Urbis 2002 nel mese di giugno a São Paulo. Incentivare la cooperazione decentrata e la realizzazione di progetti bilaterali di collaborazione politica, tecnica, economica e culturale tra città. Difendere il diritto a manifestare pacificamente contro l?attuale globalizzazione. Integrare i migranti nelle proprie politiche di inclusione sociale, riconoscendo i diritti universali di cittadinanza. Partecipare al programma proposto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite per accompagnare i processi di pace nel mondo e impegnarsi a sviluppare la cultura della pace nelle politiche pubbliche per l?inclusione sociale, realizzando una ?diplomazia dal basso?, dei governi locali e della società civile, affinché le città e le loro istituzioni svolgano un ruolo attivo per la pace. Realizzare il III Forum degli Amministratori locali per l?inclusione sociale a Porto Alegre, nel 2003. Durante il II Forum degli Amministratori locali per l?inclusione sociale, abbiamo scambiato esperienze e discusso temi importanti quali: decentramento e partecipazione dei cittadini; Agenda XXI; finanziamento delle città; povertà urbana; sicurezza dei cittadini; educazione ed equità; ed altri ancora. Il nostro impegno prioritario é quello di trasformare l?idea di un altro mondo possibile in iniziative concrete che, a partire dai poteri locali, costruiscano una società più giusta e democratica.? Finito il Forum delle autorità locali per l?inclusione sociale con l?approvazione di questo documento, inizia il II Forum Sociale Mondiale a cui tanti amministratori locali partecipano. L?aspetto che mi interessa focalizzare maggiormente è quello della cooperazione internazionale e della partecipazione delle ONG di questo settore. Grupo Sur (rete di ong europee per l?America Latina), di cui MOVIMONDO è stato coordinatore negli ultimi tre anni, ha organizzato un seminario sul tema ?ONG di sviluppo e Movimento anti globalizzazione neoliberale ? Una alleanza possibile?? l?unico momento in cui tale tema è stato affrontato specificamente. Le ONG di cooperazione, non hanno fatto un lavoro previo di istruzione della partecipazione al Summit di Porto Alegre. Infatti nelle circa 700 organizzazioni italiane presenti vi erano anche una ventina di ONG di cooperazione- personalmente ho identificato rappresentati di MOVIMONDO ? UCODEP ? COSPE ? ICEI ? Crocevia ? MLAL ? Mani Tese ? Cric ? Terra Nuova ? Amici dei bambini ? ARCS ? CIES ? CISV). Tale partecipazione è stata a livello personale e non vi è stata né nella delegazione italiana (che si è riunita più volte, né nei dibattiti una visibilità né una posizione specifica delle ONG italiane o europee). Ma di questo parlerò in seguito. Il mondo delle ONG di cooperazione è composto da associazioni molto diverse tra loro per finalità, metodologie, identità. Le unisce un comune impegno per la solidarietà internazionale che si concretizza, però, in modi molto differenti. Nell?ultimo decennio non si è concretizzato l?auspicato ?dividendo della pace? che con la fine della guerra fredda doveva liberare risorse per lo sviluppo nel mondo. Purtroppo i conflitti locali sono aumentati e con loro le vittime civili. In questo contesto sono aumentate anche le disponibilità della comunità internazionale per interventi di aiuti umanitari e di emergenza. Interventi obbligatoriamente assistenziali che non aggrediscono le cause che provocano i conflitti ma ne leniscono unicamente gli effetti. E qui apro una prima parentesi per sottolineare, comunque, la scarsa disponibilità di fondi per la cooperazione. I governi OCSE hanno assunto l?impegno di destinare lo 0,7 % del PIL a questo settore; finora solo alcuni paesi del nord Europa (con un PIL limitato) hanno rispettato tale impegno. Gli altri sono molto distanti da tale percentuale (con una media di circa lo 0,3 % del PIL) e paesi come gli Usa e l?Italia non arrivano allo 0,2 %. Ovviamente il problema non è solo di quantità di risorse disponibili ma anche con chi e per che cosa vengono utilizzate. Non dimentichiamo i tempi in cui la percentuale arrivava allo 0,4 % e si favorivano interessi e persone che con la solidarietà internazionale e con lo sviluppo dei popoli non avevano niente a che fare. I vertici internazionali convocati a livello ONU negli ultimi dieci anni (da Rio a Copenhagen, da Pechino al Cairo, da Vienna a Instabul) hanno dato indicazioni concrete e si sono posti obiettivi sociali rilevanti. Purtroppo, poi, tali obiettivi non sono stati perseguiti con azioni e risorse adeguate e sono rimasti lettera morta. L?ultimo evento ?La Dichiarazione del Millenium? approvata dai capi di governo e dis tato delle Nazioni Unite nel mese di settembre del 2000 nella sezione 3 (Sviluppo e eliminazione della povertà) ha attualizzato gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo internazionale : o diminuire, entro il 2015, del 50 % il numero di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno; o garantire l?educazione primaria per tutti i bambini del mondo prima del 2015; o ridurre la mortalità infantile di 2/3 per la stessa data? I dati che annualmente la rete Social Watch pubblica sul monitoraggio degli indicatori assunti per lo sviluppo sociale nel vertice di Copenhagen non sono molto positivi. In molte regioni del mondo la povertà è in aumento e le strategie per combatterla non danno i frutti sperati. Per anni si è assunta la strategia di sviluppo focalizzata nella relazione crescita economica / diminuzione della povertà che conosciamo come teoria del ?trickle down? (?goteo? in spagnolo) ? il vaso pieno che trabocca e automaticamente porta benessere a tutti. In realtà le statistiche e i casi analizzati dalla rete Social Watch dimostrano che tale processo non è automatico e che invece è in atto una concentrazione delle ricchezze in ambiti sempre più ristretti. L?efficacia degli strumenti e delle strategie nella lotta contro la povertà non è strettamente legata alla crescita del PIL ma dipende da una miglior distribuzione delle ricchezze. È provato che un maggior investimento nella formazione delle risorse umane, aumentando l?investimento nei settori dell?educazione e della sanità sono altamente efficaci nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sociale e di lotta alla povertà. E in questo contesto ci si pone la questione che abbiamo affrontato nel seminario di Porto Alegre organizzato da Grupo Sur : è possibile una alleanza tra ONG di sviluppo e il movimento che si oppone al processo di globalizzazione neo-liberale? La prima considerazione da fare è che le ONG che si occupano di cooperazione internazionale, sia in Europa sia in America Latina, hanno svolto un ruolo fondamentale nell?organizzazione del Foro Social Mundial. Il Comitato Organizzatore è formato dall?Associazione delle ONG Brasiliane ? ABONG ? IBASE ? dalla Centrale sindacale CUT ? dal Movimento dei Sem Terra ? entità che da anni mantengono forti partnership con ong di cooperazione europee. Tra le entità finanziatrici dell?evento ci sono Oxfam, NOVIB, Actionaid, che sono ONG europee di cooperazione. Pertanto credo si possa affermare senza timore di smentite che le ONG di cooperazione sono parte integrante del Foro Social Mundial di Porto Alegre e del più ampio movimento sociale mondiale. La partnership tra ong del nord del mondo e entità dei paesi più poveri è un dato inconfutabile. Una questione comunque si è posta con forza a Porto Alegre : la cooperazione internazionale non è stato uno dei temi prioritari del dibattito. La presenza delle ONG di cooperazione allo sviluppo è stata forte nei seminari tematici ma non è emersa con una propria proposta autonoma e la loro visibilità è stata scarsa in confronto ai movimenti sociali europei o ai sindacati. Vi sono alcuni problemi che meritano approfondimento e riflessione. Personalmente credo che l?assenza di una posizione coordinata da parte delle ong (italiane ed europee) sia stato un fattore negativo e di impoverimento del confronto a Porto Alegre. Il Foro Social è stato uno spazio aperto, pluralista, in cui era doveroso far presente le diverse posizioni che caratterizzano il variegato mondo delle ONG che si occupano di solidarietà e cooperazione internazionale. Caratterizzazioni che devono essere rispettate e con le quali occorre fare i conti in un confronto sereno ma continuo. Identifico alcune dicotomie che mi sembrano caratterizzare questo confronto: 1. La prima dicotomia è fra Movimento e Istituzione. Al Foro Social Mundial hanno partecipato attivamente sindacati, partiti, ONGs, associazioni, municipi, entità fortemente organizzate e con gerarchie e procedure definite. Assumono un ruolo di governo delle istituzioni e di orientamento in queste del consenso sociale che riescono ad ottenere. Si caratterizzano, generalmente, per una forte volontà politica di dialogo, mediazione, esigenza di incontrare le soluzioni possibili, essere forza di governo nell?ambito degli stati nazionali, molto spesso, su posizioni riformiste più che antagoniste. Quelle entità più movimentiste (molto presenti, visibili e attive nel Foro) si pongono il problema della leadership interna, delle procedure decisionali che sono senz?altro più informali. Assumono posizioni di contestazione più radicale verso le istituzioni dello stato, i partiti tradizionali, le entità multilaterali a cui non riconoscono legittimità. Queste critiche coinvolgono anche le ONG per i rapporti che mantengono con queste entità ufficiali. Rapporti che spesso sono critici e dialettici altre di accettazione passiva delle linee che le entità finanziatrici impongono. 2. La seconda questione è relativa al grado di riformismo o di antagonismo che caratterizzano le entità partecipanti al Foro Social Mundial. La dicotomia tra chi privilegia la contestazione radicale e chi cerca di privilegiare la proposta, il compromesso possibile per trovare la miglior soluzione. 3. Altra dicotomia è quella tra organizzazioni che privilegiano le attività di lobbying e advocacy (e quindi campagne di informazione e pressione) e altre che preferiscono l?attività progettuale per rispondere a bisogni concreti definiti. La maggior parte delle maggiori ONG che conosco tentano di equilibrare le due cose: essere un soggetto politico forte che propone linee operative, realizza campagne di opinione e di pressione verso i governi e allo stesso tempo realizza attività progettuali finanziate anche da entità statali e multilaterali con cui ci si confronta dialetticamente, criticamente a volte con visioni comuni altre antagoniste. Ci sono tanti altri elementi dialettici da considerare: volontariato X partnership; gratuità X garanzie; sostenibilità X assistenzialismo, ecc. che animano il confronto tra associazioni che si occupano di solidarietà internazionale e che auspico facciano parte del dibattito del prossimo periodo. In conclusione : o La cooperazione internazionale a Porto Alegre non ha avuto l?attenzione e lo spazio che l?argomento meritava. Grande responsabilità di ciò l?hanno le ONG. Spero che nel prossimo periodo si possa recuperare questa attenzione coinvolgendo nel dibattito tutte le istituzioni e movimenti interessati (soprattutto municipi, sindacati, associazioni e movimenti sociali). o In preparazione del Forum Sociale Europeo che si terrà a novembre 2002 in Italia avviare un confronto sulla cooperazione internazionale in cui il problema della quantità delle risorse disponibili non sia né l?unico né il prioritario. Bisogna rispondere anche ad altre domande tipo : con quali partner locali, quale cooperazione e per quali risultati attesi. o I Forum devono essere un momento di programmazione e di valutazione delle attività e delle alleanze possibili nella costruzione di un mondo diverso? Ma è nel quotidiano che si devono affrontare i problemi e trovare le possibili soluzioni.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA