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Lo slavista Dell’Asta: «Col Nobel a Memorial l’umano vince sulla geopolitica»
Il vice presidente di Russia Cristiana, Adriano Dell'Asta, che ha collaborato con i fondatori dell’associazione destinataria del premio assegnato stamattina, ci racconta a caldo il significato profondo di questo riconoscimento. «Un fatto enorme che anche molti russi sognavano»
Ha letto la notizia anche lui da pochi istanti. Sta ricevendo le prime reazioni e messaggi da amici e conoscenti in Russia, tra cui la responsabile del museo Memorial, e in Italia: “È una cosa enorme, impressionante, sono commosso”. La notizia è, appunto, quella del premio nobel per la pace appena assegnato ai russi di Memorial, assieme al bielorusso Ales Bialiatski e agli ucraini del Centro per le libertà civili. Lui, invece, è Adriano Dell’Asta, professore di LIngua e Letteratura russa alla Cattolica, vice presidente della Fondazione Russia Cristiana, grande conoscitore della cultura russa. E voce nota ai lettori di Vita.
Gli chiediamo un primo commento a questo evento che ha sorpreso il mondo, sebbene in tante persone albergava la speranza che prima poi qualcosa di simile potesse succedere: “Credo che molti russi – e non solo – lo sognassero”.
L’amicizia che lega il professor Dell’Asta e tanti suoi colleghi a Memorial parte dalla sua fondazione, avvenuta, nel 1989, ad opera di un altro premio nobel, Andrej Sakharov, è poi cresciuta in particolare con l’ex direttore, Arsenij Roginskij, scomparso nel 2017, e prosegue con alcuni degli attuali responsabili dell’associazione.
Alcuni di loro, tra cui Irina Scerbakova, hanno anche partecipato al Meeting di Rimini 2022 con una mostra dedicata a Memorial ,organizzata da Russia Cristiana proprio grazie a loro. Ma qual è il ruolo di questa associazione nella società russa? “È il ruolo di una coscienza civile tutta centrata sull’umano. Questo è il punto essenziale di Memorial. È chiaro che la loro attività ha anche evidentemente un risvolto politico, ma il loro interesse è la persona. Roginskij stesso, che era uno storico, un vecchio dissidente, l’aveva detto esplicitamente: il nostro interesse è l’uomo. C’è anche la politica, ma tutto nasce dalla rinascita di una coscienza umana e civile”.
L’impatto che tutto ciò potrà avere nella società in quanto tale non è certo quello che producono le maggioranze o le strutture organizzate, ma non è questo ciò che conta, secondo Dell’Asta: “Siamo come ai tempi del dissenso. I dissidenti erano ben lungi dall’essere maggioranza, anzi, erano un’infima minoranza, ma hanno cambiato il mondo”. Probabilmente, spiega ancora, assisteremo a letture geopolitiche sul fatto che il Nobel è diventato schiavo degli americani, che lo hanno dato contro i russi, ma per lui sono letteralmente stupidaggini: “Il valore del dissenso è che ha vinto, ha cambiato un mondo disinteressandosi della geopolitica. La politica c’era, eccome, ma il dissenso ha cambiato la Russia perché aveva fatto anzitutto passare, pian piano, una mossa umana e morale: l’uomo era la prima mossa, la persona, con la sua capacità di cambiare la storia. Anche se gli effetti non si vedono subito”.
Non sappiamo, in effetti, quando e come accadrà questa nuova vittoria, ma noi dobbiamo e possiamo crederci, non per un atteggiamento fideistico, al contrario: “Noi però dobbiamo saperlo, perché è già successo! In questi vent’anni demenziali ce lo siamo dimenticati e questa, forse, è la grande colpa dell’Occidente: essersi dimenticato che l’uomo poteva cambiare la storia. Perché l’ha fatto. E può rifarlo!”
In questo senso, aggiunge Dell’Asta, Memorial ha fatto e fa delle cose grandi: il suo lavoro è iniziato raccogliendo tutte le testimonianze alle quali si poteva arrivare dall’inizio della Rivoluzione in avanti. Parliamo di tutte le distruzioni dell’umano, dei campi di concentramento, delle deportazioni dei popoli, della grande carestia degli anni Venti, Trenta e poi del 46 e 47. Il lavoro è stato svolto finché è stato possibile negli archivi e poi con le testimonianze e i documenti che via via la gente portava a Memorial, nel frattempo sempre più conosciuto, anche grazie al noto fondatore.
Ciò ha comportato la crescita di un impressionante centro di documentazione, composto da una serie di data base in cui sono annotati i nomi e le persone vittime di repressione: “È importante sottolineare che parliamo di una storia viva, non di un archivio burocratico. Dietro ogni nome, ogni cifra, c’è una persona, con una storia verificata: il lavoro di Memorial è quello degli storici, che operano con un metodo rigoroso, anche se l’avvio è quello di un’amicizia, altrimenti non si spiegherebbe questo interesse per l’uomo”.
L’altro grande aspetto che rende Memorial qualcosa di unico è anche l’attività svolta nella società civile in un contesto ostile. La più importante è quella di fine ottobre, in cui nell’arco dell’intera giornata del 29 viene organizzata la lettura pubblica dei nomi dei fucilati negli anni del Grande Terrore, tra il 1937 e il ‘38. Una lettura veniva fatta in Piazza della Lubjanka, davanti al masso proveniente dal lager delle isole Solovki: “Un fenomeno impressionante di coscienza civile, chissà se la manifestazione potrà svolgersi quest’anno”.
Memorial lo scorso dicembre è stata chiusa. L’accanimento del regime nei suoi confronti è partito infatti anni fa: la norma ufficiale è di questo dicembre, ma le pressioni andavano avanti da tanto, eseguite applicando la legge sui cosiddetti agenti stranieri. Concludiamo questo commento con una nota amara di attualità: “Coloro che oggi dicono di non sapere che Putin era così… in realtà lo sanno. È dal 2012 che esiste questa legge terribile: usare il termine “agenti stranieri” in Russia, dove è presente la memoria del nemico oggettivo, del nemico del popolo, del sabotatore era un marchio terribile e Memorial era costretta a subire questo marchio per qualsiasi opera svolgesse”. Ma ciò, come si vede anche col nobel, non ha impedito che la sua attività diventasse coscienza pubblica”.
L'immagine in apertura è un frame del video Adriano Dell’Asta, docente di Cultura russa dell'Università Cattolica del S. Cuore, Milano.
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