La Sardegna distrutta dagli incendi, parlano i volontari

La macchina dei soccorsi funziona male: ecco perché. La burocrazia spesso blocca gli interventi, le istituzioni sembrano sorde alle richieste di chi lotta in campo contro le fiamme. Da ascoltare il lamento e il j'accuse del pastore sardo Fortunato Ladu in un video dalle immagini sconvolgenti

di Luigi Alfonso

La Sardegna, violentata ancora una volta dal fuoco, si interroga. Tra il Marghine e il Montiferru, le zone più colpite in questa torrida estate, migliaia di persone continuano a lavorare ininterrottamente ma l’umore della gente (cittadini e operatori) è più nero delle campagne ormai carbonizzate. Si moltiplicano le denunce alle Procure della Repubblica competenti, soprattutto per quanto riguarda alcune segnalazioni fatte nelle scorse settimane, di cui diversi enti istituzionali non hanno minimamente tenuto conto. In attesa delle relazioni del Corpo forestale e di Vigilanza ambientale, la Procura di Oristano ha già aperto un fascicolo con l’ipotesi di incendio colposo aggravato.

«Il problema non si pone quando scoppia un incendio che, se vogliamo, è un fatto abbastanza naturale in una regione come la Sardegna, che in estate è brulla e siccitosa, per giunta continuamente battuta dallo scirocco o dal maestrale. Semmai è innaturale ciò che non si fa prima che partano le fiamme. Non voglio neppure parlare delle origini dei roghi, dico soltanto che non si può agire sempre in condizioni di emergenza». Così Riccardo La Porta, presidente dell’associazione di protezione civile “Sea Scout” di Oristano, commenta gli ultimi fatti che hanno messo in ginocchio la Sardegna centrale.

La Porta ha le idee molto chiare in proposito. «Faccio parte della Consulta provinciale della Protezione civile, dunque conosco la materia. Ogni volta che scoppia un incendio, scatta l’allarme e si convoca una riunione. Ma lì è già troppo tardi. A monte bisogna pensare alla formazione del personale, all’attribuzione delle risorse e in particolare delle attrezzature necessarie, dai guanti alle tute ignifughe per gli operatori. Tutti sono pronti a lamentarsi dopo, a richiedere indennizzi o a promuovere raccolte di fondi e beni di prima necessità, di cui spesso non si sa che fine fanno. Chiediamo cose semplici, come le bottigliette d’acqua dei volontari che per intere giornate combattono contro le fiamme. Non c’è un coordinamento provinciale efficace, siamo strangolati dalla burocrazia. E non mi riferisco al coordinamento tecnico, badate bene, perché i tecnici preparati alla Protezione civile regionale non mancano di certo. Sono i politici che creano problemi e spesso non li fanno lavorare bene. La Regione, spiace dirlo, è latitante: ignorano le nostre richieste ma sono solerti quando devono dirci che manca un documento oppure che hanno notato che un operatore aveva la tuta di servizio non in ordine. Poi scoppia un incendio e tutti sembrano meravigliati. In molte zone della Sardegna (per esempio attorno all’ulivo millenario di Cuglieri) non si è provveduto a sfalciare le erbacce alte un metro e mezzo, dopo un inverno molto piovoso. In queste condizioni, come si fa a fronteggiare un fenomeno così complesso?».

Paolo Piredda, referente territoriale dell’Oristanese per la direzione generale regionale della Protezione civile e vicepresidente dell’associazione Oristano Soccorso, è sconsolato: «Il gravissimo incendio che ha divorato buona parte del Montiferru è stato causato da un’auto che ha preso fuoco sulla Strada provinciale Santu Lussurgiu-Bonarcado. Stavolta si è trattato di un incidente. Purtroppo, le squadre che avrebbero dovuto completare le bonifiche sono dovute intervenire in un’altra zona, quindi le fiamme hanno ripreso vigore e poi sono risultate incontrollabili perché si sono infilate in un canalone. Un disastro immane. Ancora oggi, dopo 4 giorni, non possiamo dire che è tutto sotto controllo. La conformazione del territorio non aiuta di certo le operazioni, e di notte i mezzi aerei non possono intervenire. La conoscenza del territorio è fondamentale, ma non basta. Nella zona di Bonarcado abbiamo un vascone vuoto: lo segnaliamo da anni, è abbandonato ma l’Amministrazione comunale non ha ancora provveduto a collegarlo alla rete idrica. Poi ci sono mille difficoltà dal punto di vista burocratico, che rallentano l’operatività delle Associazioni di volontariato: per dire, siamo stati bloccati durante un intervento con le fiamme che arrivavano. Sa perché? Non avevamo il via libera del Centro operativo provinciale. Eppure siamo volontari abilitati. Così le fiamme hanno continuato a bruciare e distruggere tutto ciò che incontravano. È davvero demotivante, molti uomini sono scoraggiati. A volte si muore di burocrazia».

Sull’ulivo millenario di Cuglieri interviene Gianluigi Bacchetta, direttore dell’Orto Botanico dell’Università di Cagliari, dopo il sopralluogo effettuato questa mattina: «L’ulivo non mostra nessun fenomeno residuo di combustione. I primi interventi, come l’aspersione di acqua sui suoli intorno alla pianta, hanno prodotto effetti benefici, abbassando notevolmente la temperatura del terreno. Auspichiamo una vitalità degli apparati radicali e una ripresa vegetativa delle porzioni di tronco non direttamente interessate dal fuoco».

«Intanto prosegue Bacchetta – abbiamo provveduto a posizionare frasche e tronchi a protezione delle porzioni vitali della pianta, per ridurre al massimo l’esposizione alla luce solare e mantenere una maggiore umidità, oltre che evitare il calpestio e quindi la compattazione del suolo. Raccomando di non avvicinarsi alla pianta per nessuna ragione, non asportare i materiali collassati intorno e di avere pazienza per attendere la ripresa. La resilienza dell’albero deve essere quella della popolazione: ci sono persone che stanno soffrendo molto. Mantenere vivo quest’albero significa mantenere viva la speranza di tutti».

Il video, prodotto da YouTg Net, si basa sull'accorato appello scritto dal pastore sardo Fortunato Ladu (montaggio di Giuseppe Piredda)

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