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Morti nel Mediterraneo. A quando una reale politica dell’accoglienza?

Il 3 ottobre del 2013 al largo di Lampedusa, nel naufragio di un barcone proveniente dalla Libia, morirono 368 persone. Una delle più grandi tragedie umane del nostro secolo che, oltre alla dovuta memoria, porta a riflettere su quanto oggi le politiche sull'accoglienza siano per tutti, proponendo Palermo come sede della seconda rappresentanza europea in Italia e il 3 ottobre "Giornata Europea della Memoria e dell'Accoglienza" .

di Gilda Sciortino

A Lampedusa oggi è un giorno che nessuno, sull'isola, vorrebbe ricordare non perchè sconveniente, fastidioso, superfluo, ma perchè il 3 ottobre di 9 anni fa, anche il più giovane dei lampedusani ha dovuto assistere impotente a una delle più grandi stragi del Mediterraneo.

Era l'alba, quando un barcone proveniente dalla Libia si ribaltò davanti alle coste di Lampedusa, consegnando al fondo marino i corpi di 368 persone, 83 delle quali donne e 9 bambini. Una delle più grandi tragedie umane che, però, non ha insegnato nulla, dal momento che le morti in mare non si sono mai fermate.

Sono, infatti, 25mila i migranti e i rifugiati che hanno sino a oggi perso la vita nel nostro splendido mare, circa 20mila dei quali lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Solo nel 2022, sono già 1.400 le persone morte o disperse. Di queste, l'84% sulla rotta del Mediterraneo centrale che si conferma come una delle più attive e pericolose a livello globale.

Ce lo ricordano l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), l’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR) e il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) che oggi sono a Lampedusa insieme al "Comitato 3 Ottobre", le organizzazioni della società civile, i rappresentanti delle istituzioni governative locali, nazionali ed europee per "ricordare tutti coloro che hanno perso la vita nel tentativo disperato di trovare sicurezza e protezione in Europa".

Organizzazioni che hanno aderito alle attività organizzate proprio dal "Comitato 3 Ottobre" nell'ambito del progetto "Welcome Europe", con l'obiettivo di promuovere nelle giovani generazioni italiane ed europee una cultura di solidarietà, accoglienza e dialogo, fondata sul rispetto dei diritti umani e dell’imperativo umanitario e giuridico di salvare vite in mare. Sono, infatti, più di 300 gli studenti, provenienti da tutta Italia e dall'Europa, sull'isola per incontrare i sopravvissuti, anche del naufragio dell'11 ottobre 2013 in cui persero la vita altre 268 persone, 60 delle quali bambini, e i familiari delle vittime.

Una giornata importante per molti, non solo per chi ancora oggi non può farsi una ragione di queste stragi, ma anche per le organizzazioni che hanno il dovere di fare da pungolo nei confronti delle istituzioni.

Per il "Comitato 3 Ottobre", per esempio, il 3 ottobre "resta una data che ci ricorda come il salvataggio di vita umane debba sempre restare la priorità numero uno e come questa responsabilità debba essere condivisa da tutti gli stati membri dell'Unione Europea. Da qui la proposta di legge, sottoscritta tra gli altri dal Comune di Lampedusa e Linosa, da Medici Senza Frontiere, Arising Africans, Festival Divercity e U.N.I.R.E, per fare del 3 Ottobre la "Giornata Europea della Memoria e dell’Accoglienza" .

Una ricorrenza che, bando alle passerelle e alle corone di fiori lanciate in mare, serva a riflettere in maniera sempre più incisiva sui passi da compiere a livello europeo.

«Questo anniversario deve servirci a ricordare l'assenza di reali politiche di accoglienza – afferma Victor Matteucci, presidente di Mediter Aisbl, Ong con sede a Bruxelles – chiamando alle proprie responsabilità l'Europa e tutti i paesi europei, consapevoli che l'accoglienza è un diritto che noi europei dovremmo garantire a tutti. Al momento solo la Città di Palermo, nel 2015, ha prodotto ed emanato la "Carta di Palermo" che ha avviato un processo culturale e politico per l'abolizione del permesso di soggiorno, per la radicale modifica della legge sulla cittadinanza e per il diritto universale alla mobilità". Passi importantri in direzione di una reale accoglienza. Anche per questo dico che Palermo sarebbe la sede ideale della seconda rappresentanza europea in Italia. Se però, l'Europa pensa che debba essere Milano, capitale indiscussa della finanza, vuol dire che considera il potere economico la priorità. Palermo, porta sud d'Europa, invece, sarebbe il segnale di una politica che guarda al sociale, ai diritti umani, che punta a garantire il rispetto della dignità umana. Noi lavoriamo da sempre sulla cooperazione nel Mediterrraneo. Ciò che si dovrebbe fare anche dal punto di vista istituzionale per creare condizioni di uno sviluppo condiviso, per esempio in paesi come la Tunisia, il Marocco, il Libano e l'Algeria che in questo momento vivono una profonda crisi. Non possiamo più fare differenze, ma trarre insegnamento da quanto accade attorno a noi. La guerra in Ucraina, per esempio, ci ha dimostrato che esiste una visone a due livelli: immigrati di serie A e immigrati di serie B. Gli Ucraini sono stati accolti e non avremmo potuto e dovuto fare diversamente, non avremmo mai potuto minacciare blocchi. Questo la dice lunga sul fatto che ci sono immigrati europei affini a noi e immigrati arabi o africani che purtroppo sono altro da noi».

Anche per tutte queste ragioni, non tutti hanno ricordato cosa accadde il 3 ottobre di 9 anni fa in queste splendide acque, note a molti solo per la loro destinazione vacanziera.

«Una parte soltanto del nostro Paese celebra questa giornata – scrive Ugo Melchionda, portavoce del gruppo GREI250, rete costituita da rappresentanti della diaspora migrante in Italia, ricercatrici/ori dell’immigrazione, associazioni ed esponenti del Terzo Settore, dell’Università, del mondo cooperativo – perché essa è "divisiva": una parte propone di risolvere il problema affondando i barconi dei "clandestini" o instaurando un blocco navale che impedisca loro di avvicinarsi al suolo del bel paese dove il si risuona, una parte infine, affidandosi ai meccanismi del patto sulle migrazioni elaborato dalla Commissione Europea che prevede diverse misure inaccettabili su cui mi/ci sono/siamo già soffermato nei mesi passati, ritiene che i migranti debbano presentare le loro domande di protezione fuori dai confini nazionali. Queste tre parti del paese, unite tra loro, oggi costituiscono un'unico blocco che ha la maggioranza legale del Parlamento. Ma probabilmente non rappresenta la maggioranza del Paese, dove Ong, chiese, Terzo Settore ricordano il significato del 3 ottobre e lo possono collegare alla memoria della nostra emigrazione, passata e presente, dei vecchi e dei giovani "cervelli in fuga", alle tematiche della pace, ora che il conflitto nucleare conseguente all'invasione dell'Ucraina sembra essere sempre piu spesso minacciato o addirittura evocato; infine alla tematica ambientale che già provoca e sempre più provocherà espulsione di popolazioni ,al cui confronto i milioni di profughi ucraini sembreranno un rivolo a confronto di un grande fiume».

Ampia, dunque, la riflessione che nasce in occasione di questo ennesimo anniversario, che dovrebbe prima o poi fare capire alle istituzioni l'importanza di una politica lucida, attenta, solidale, che possa e voglia fare veramente la differenza. Quella differenza che stanno facendo gli studenti italiani oggi a Lampedusa che torneranno nelle loro abitazioni, nelle aule delle proprie scuole, con gli occhi e il cuore gonfi di tanta tristezza, ma anche caricati della responsabilità di essere portatori di messaggi di speranza per un futuro nel quale proprio la differenza possa diventare un termine di valorizzazione per ogni essere umano.

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