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Azzardo e politiche pubbliche: il nodo è la trasparenza dei dati

Da poco pubblicato per Carocci un libro frutto di un lungo lavoro di ricerca coordinato dal finlandese Pekka Sulkunen. Si tratta di un testo importante, che fa il punto della ricerca più avanzata sul tema dell'azzardo di massa. Analizzando gli ostacoli di natura economica e informativa contro cui falliscono gran parte delle politiche pubbliche di contenimento è possibile riallinearsi con i dati elementari della realtà

di Marco Dotti

Davvero tanti, probabilmente troppi i libri dedicati al gioco d’azzardo in Italia. Ma Limitare l’azzardo. Gioco, scienza e politiche pubbliche (Carocci, Roma 2021, pagine 302, euro 33), curato dalla sociologa torinese Sara Rolando, è un libro chiave che affronta la prospettiva italiana collocandola nel quadro internazionale.


Il volume raccoglie i risultati di lunghi anni di lavoro di un gruppo di ricerca curato da Pekka Sulkunen dell’Università di Helsinki, autorità mondiale in tema di addiction. Viene delineato un doppio quadro: storico sulla diffusione dell’azzardo in Italia; di analisi delle politiche pubbliche e degli ostacoli che ancora si frappongono alla stringente regolamentazione di questa diseconomia nel nostro Paese.

Un lavoro serissimo che ruota attorno al concetto di salute pubblica, destinato a diventare un punto imprescindibile di analisi per tutti coloro che studiano e affrontano un problema dalle molteplici sfaccettature.

Molti i luoghi comune da sfatare, quando si lavora e si studia un fenomeno come l'azzardo. Uno su tutti: il pregiudizio che porta molti interpreti e divulgatori a credere che il fenomeno sia universale, ovvero esista da sempre e per sempre. Un pregiudizio dovuto, ovviamente, all'ampissima diffusione dell'azzardo in molte culture. Per questo, il primo capitolo del libro curato da Rolando, trattando della storia della regolamentazione e dello sviluppo dell'azzardo industriale e di massa, deve preliminarmente sgomberare il campo da molti luoghi comuni di natura meta-storica.

Solo dopo una pars destruens, è possibile ricostruire il percorso che ha portato alla nascita di una vera e propria industria dell'azzardo di massa, arrivata alla fine del Ventesimo secolo ad assumere dimensioni globali e spesso intrecciate come quelle del turismo, della comunicazione, degli sport e dell'intrattenimento in genere.

Quando parliamo di azzardo, in sostanza, siamo di fronte a un fenomeno altamente complesso. Un fenomeno di matrice industriale che si sposa sempre più con il "capitalismo della sorveglianza" studiato da ricercatrici come Shoshana Zuboff. Il giocatore è una cavia in questo sistema che implementa tecniche di controllo biometrico sempre più avanzate, ma al tempo stesso vive e prolifera su un'opacità strutturale. Opacità tanto sul fronte dell'industria, quanto su quello delle rilevazioni epidemiologiche.

Proprio qui risiede l'asimmetria fondamentale e fortemente critica del fenomeno: chi delibera lo fa spesso senza conoscere o partendo da una conoscenza fondata su dati parziali.

Un'asimmetria che è, al tempo stesso, la chiave per comprendere l'impasse di molte politiche di contenimento e controllo, specialmente nel nostro Paese. L'invito, al termine di questo ampio lavoro, è quello di puntare su un riallineamento. Un riallineamento tra l'opinione pubblica, che in Italia come altrove ha sempre più evidenza della gravit del fenomeno-azzardo, e politiche pubbliche che non possono continuare a voler "governare" una realtà rappresentta da dati, numeri e prospettive sbagliate.

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