Politica

Cosa troveremo nel piatto dopo la pandemia?

A 20 anni dal G8 di Genova le multinazionali del cibo entrano a gamba tesa nel Vertice sui Sistemi Alimentari delle Nazioni Unite (Unfss). Mentre si prepara una contro-mobilitazione globale (oltre 1000 le organizzazioni della società civile che si sono attivate) in vista del pre-vertice di Roma dal 26 al 28 luglio, giovedì 22 è previsto un flash-mob davanti alla sede romana della Fao

di Redazione

Sta crescendo in tutto il mondo la critica contro il Vertice Onu sui Sistemi Alimentari indetto dal Segretario Generale Antonio Guterres e previsto a New York il prossimo settembre. Un vertice in cui -si legge in una nota – il ruolo delle multinazionali dell’agroindustria risulta pericolosamente pervasivo e dominante.
Sono ormai circa 1000 le organizzazioni internazionali e regionali della società civile, le associazioni di piccoli produttori e allevatori, le comunità indigene, gli esperti internazionali, oltre i rappresentanti del mondo scientifico ed accademico che si preparano a una Contro-Mobilitazione virtuale e in presenza per formulare domande competenti sul futuro del cibo e per esprimere il loro dissenso in occasione del pre-Vertice sui Sistemi Alimentari che si terrà a Roma presso la Fao, dal 26 al 28 luglio. Tra le numerose mobilitazioni globali – il programma delle tre giornate di Contro-Mobilitazione si trova online: Call to action | Peoples’ Counter-Mobilization to Transform Corporate Food Systems – CSM (csm4cfs.org) – si inquadra il Flash-Mob nella capitale internazionale del cibo, Roma, che sarà organizzata davanti alla sede della FAO il 22 luglio, dalle ore 11 alle 13.

«Nonostante l’alimentazione riguardi la salute di tutta la popolazione del pianeta e le aziende agricole familiari e di piccola scala producano oltre il 70% del cibo che consumiamo, sono poche grandi imprese a dettare le politiche in campo agricolo e a stabilire cosa dovrà essere prodotto, come e quanto dovrà costare il cibo», dichiara Vandana Shiva che ha preso formalmente posizione contro l’iniziativa dell’Onu. I sistemi globalizzati del cibo incarnano un modello predatorio che impoverisce e consuma le risorse del pianeta, e per questo già erano stati oggetto di denuncia da parte del movimento alter-mondialista presente a Genova durante il G8 nel luglio 2001.

«La chiave per il diritto al cibo e le diete sane e sostenibili risiede nel ricollegare l’atto di consumo con quello della produzione, riaffermando l’importanza degli alimenti freschi stagionali e poco processati, attraverso catene corte, centralità della produzione locale contadina e dei rispettivi territori. Purtroppo, venti anni dopo Genova, mega-attori economici continuano a ricevere ingenti finanziamenti pubblici e numerosi incentivi fiscali e normativi nel nome dello sviluppo sostenibile. È il paradosso assoluto del greenwashing: ma la versione rassicurante di un nuovo capitalismo green non convince nessuno», commenta Stefano Prato, direttore di Society for International Development e uno dei facilitatori del Meccanismo della Società Civile e dei Popoli Indigeni (Csm).
Il Csm (Civil Society and Indigenous Peoples’ Mechanism for Relations with the UN Committee on World Food Security) dopo aver più volte suonato l’allarme con lettere al Segretario Generale dell’Onu e alla leadership del Vertice che non hanno ottenuto risposta, ha deciso di chiamarsi fuori da questa iniziativa dell’Onu. Il Csm è l’entità istituzionale in seno alla Fao che dal 2009 partecipa ai negoziati sulla sicurezza alimentare e sul diritto al cibo, portando la voce e le ragioni di chi denuncia nei rispettivi paesi la privatizzazione delle risorse naturali, la deforestazione e l’inquinamento ambientale legato all’uso dei pesticidi e fertilizzanti e allo sfruttamento del lavoro. «Oltre alla responsabilità sulla perdita drammatica di biodiversità, questi sistemi alimentari sono responsabili di un’enorme sottrazione di terra alle comunità contadine ed ai popoli indigeni che espulsi o costretti a migrare, abbandonano le loro terre», sostiene Ivana Borsotto, presidente della Federazione degli Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario (Focsiv), «l’accaparramento delle terre ha raggiunto i 93 milioni di ettari: è urgente regolare l'accesso alla terra in modo da tutelare i diritti dei contadini e dei popoli indigeni. Di questo dovrebbe occuparsi un vero vertice delle Nazioni Unite».

Il numero delle persone affamate aumenta vertiginosamente su scala globale, e la pandemia ha fatto accrescere la fame in misura drammatica, denuncia l’ultimo rapporto internazionale Sofi 2021 sullo stato della sicurezza alimentare e nutrizione, pubblicato il 12 luglio 2021: quasi una persona su tre non ha avuto accesso a un'alimentazione adeguata nel 2020 – un incremento di 320 milioni di persone affamate in un solo anno, da 2,05 a 2,37 miliardi. Servono politiche decise, ma adeguate, per invertire la rotta. Anche perché Covid-19 ha fatto aumentare la povertà e la disuguaglianza ed il pianeta è sull’orlo del collasso, una crisi collegata a doppio filo ai sistemi alimentari delle holding del cibo che oggi sono protagoniste nel Vertice delle Nazioni Unite. «Uno dei più grandi problemi del sistema alimentare globale è la concentrazione di potere nelle mani di poche imprese transnazionali in settori chiave come le sementi, gli allevamenti industriali, le monocolture che hanno imposto la standardizzazione delle diete e l’utilizzo indiscriminato di ingredienti da queste derivate» sostiene Paolo Venezia di Terra Nuova, Centro per la solidarietà e la cooperazione tra i popoli.

A differenza dei summit precedenti, dove il controllo politico stava in capo agli Stati e quello organizzativo alla Fao, il Vertice sui Sistemi Alimentari nasce nel segno della opacità e della assenza di ogni controllo democratico, aprendo una prassi senza precedenti. Il Forum Economico Mondiale di Davos (World Economic Forum, Wef) – l’organismo privato che riunisce le 1000 più grandi corporations globali – è co-organizzatore del Vertice.
Il primo segnale controverso di questa nuova alleanza – continua la nota – è arrivato nel 2020 con la designazione di Agnes Kalibata, presidente dell'Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa (Agra) creata dalla Fondazione Rockefeller e dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, come Rappresentante Speciale del vertice. Agra, nata nel 2006 è da anni fortemente criticata per l'apertura del continente alle colture transgeniche e all'agricoltura intensiva.

Già dal primo documento reso pubblico sull'agenda dell’incontro, l’orientamento prevalente risultava puntare alla agricoltura di precisione, alla raccolta di dati e all’ingegneria genetica come temi portanti per affrontare la sicurezza alimentare. «Insomma siamo di fronte ad un terreno di scontro tra due visioni opposte sul cibo», commenta Silvia Stilli portavoce dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi). «Contravvenendo all'idea del cibo come diritto ed elemento multidimensionale, crocevia di relazioni sociali e tradizioni, l’enfasi sulla digitalizzazione della quantità enorme di dati ed informazioni agricole, non governata nell’interesse pubblico, non può che aumentare le diseguaglianze nell’accesso ai beni primari e rischia di essere l’ennesimo furto operato sulla pelle dei produttori di piccola scala, che per secoli hanno moltiplicato la biodiversità per il bene comune».

La manifestazione globale mira a sensibilizzare la stampa e l’opinione pubblica sui temi nascosti del Vertice e per richiamare le responsabilità degli Stati sulle soluzioni future.

In apertura photo by Annie Spratt on Unsplash

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