Non profit

Gli italiani, donatori scettici

I dati di una ricerca demoscopica rilevano che uno su quattro ha fatto un versamento ad un'associazione, ma la domanda di trasparenza è molto forte

di Francesco Maggio

Di primo acchito, a guardare i dati della ricerca Ispo presentata a Milano nel corso del convegno dell?Aibi «Trasparenza e qualità del non profit: il caso Amici dei bambini», c?è da farsi prendere dallo sconforto: negli ultimi tre anni, il 75% degli italiani non ha effettuato nessuna donazione a organizzazioni non profit. Di questi, ben il 25% dichiara che ciò è dovuto alla mancanza di trasparenza sull?impiego del denaro, Secondo una buona fetta degli intervistati (un campione di 5.125 persone, rappresentativo della popolazione italiana adulta) è colpa delle associazioni che «prima chiedono soldi e poi non danno notizia sui progetti per i quali si è donato il denaro». Ad essi, poi, si aggiunge un ?bel? 24% che afferma che non si è presentata l?occasione o non ci ha pensato (come a dire che nessun ente si è fatto avanti per chiedere soldi). Se si passa, invece, al 25% che ha fatto almeno un gesto di liberalità nell?ultimo anno, emerge che oltre la metà (il 56%) ne ha effettuato una sola e che i principali destinatari sono state tre sole categorie di associazioni (erano possibili tre risposte): associazioni per la ricerca sul cancro (31%); Telethon (19%); associazioni per l?aiuto ai bambini (19%). Il 47% è stato informato da parenti o conoscenti, il 41% dalla televisione e il 34% ha maturato l?idea sulla base del materiale inviato per posta dalle associazioni. Insomma, un disastro. O quasi. Ma proviamo a interpretare gli stessi dati con un?altra chiave di lettura. Il 25% degli italiani ogni anno fa una donazione. Ossia circa 10 milioni di italiani. Non male per un Paese dove il non profit ha cominciato ad affermarsi appena un decennio fa. è vero, poi, che le reti informali di conoscenza sono il più collaudato passepartout per aver notizia di una buona causa (e di chi se ne fa promotore). Ma ciò non deve meravigliare visto che gran parte degli enti non lucrativi sono nati per via informale, non di rado proprio su input di ?parenti e conoscenti?. D?altronde, i beni più preziosi che il non profit produce non sono forse i beni relazionali? E ancora, dove è stata presentata l?indagine? In un convegno promosso da una grande associazione, l?Aibi, che peraltro proprio nell?occasione ha ricevuto la certificazione di qualità del Rina (Registro italiano navale). Una bella dimostrazione di coraggio del non profit, da un lato, a fare autocritica, dall?altro a testimoniare il proprio impegno a percorrere la strada della qualità gestionale. Certo, la trasparenza rimane un punctum dolens del non profit. Ma da qui a tirare conclusioni apocalittiche ce ne corre. Aveva ragione un famoso economista americano quando affermava che «le statistiche sono come i bikini: mostrano molte cose ma non le più importanti».


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