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Impresa sociale: una volata con spintoni

La Cdo non condivide il testo da proporre al governo: "troppi vincoli". Il forum: "evitare commistioni con pubblico e privato". E il decreto potrebbe arenarsi

di Giampaolo Cerri

Che impresa far nascere l?impresa sociale! Intorno alla legge che il Terzo settore aspetta (dopo quelle che hanno regolato volontariato, cooperazione sociale, onlus e associazionismo di promozione sociale), continua lo scontro. Nel non profit innanzitutto. Dopo la dura polemica che aveva visto opposta la Compagnia delle opere a tutto il Forum del Terzo settore sull?opportunità e sul merito di un testo preparato dal ministero del Welfare, fra le associazioni sembrava essere tornato il sereno. All?inizio dell?anno, anche l?organizzazione presieduta da Giorgio Vittadini aveva accettato di partecipare al tavolo tecnico convocato da Maroni. Dopo due riunioni e quando il concerto fra le organizzazioni avrebbe dovuto proporre un testo comune, la nuova spaccatura. Il 31 gennaio la Cdo, invece di inviare all?incontro un rappresentante, mandava un fax al ministro e alla sottosegretaria Sestini, firmato dal direttore dell?Ufficio studi, Emanuele Forlani: «Noi non ci saremo». La Cdo chiariva in sette punti la sua contrarietà al testo che sta prendendo piede. Il dissenso riguardava l?architettura complessiva: tutto troppo funzionale alla cooperazione sociale, si fa sapere da via Melchiorre Gioia, sede milanese della Cdo. Non piaceva soprattutto il divieto di controllo di imprese sociali da parte di enti pubblici o imprese private, e la partecipazione al governo dell?impresa esclusivamente dei soci o degli utenti e non di altri soggetti. Qualche giorno prima, il 27 gennaio, in una lunga e dura intervista a Libero , Vittadini aveva accusato il Forum in generale, e Confcooperative in particolare, di rappresentare una concezione conservatrice del non profit, giocando di sponda con la componente centrista del governo. Ma il Forum aveva tirato diritto. Uno dei due portavoce, Edoardo Patriarca, elenca a Vita i punti in cui il documento del tavolo tecnico è venuto incontro alla richieste della Cdo. «Abbiamo acconsentito che fra i soggetti giuridici dell?impresa sociale ci fossero le srl e le fondazioni», spiega, «e rimosso il problema del controllo esterno da parte di centrali o associazioni generali. Abbiamo limato e corretto laddove si riteneva che la normativa fosse troppo schiacciata sulla cooperazione sociale, esperienza peraltro meritoria e che il mondo ci sta copiando». Relazioni pericolose La linea del Piave, per quelli del Forum, si attesta su tre punti. «Non potremo accettare una legge che permetta a enti pubblici o privati di controllare la proprietà e la gestione delle imprese sociali», sottolinea il portavoce. «Per una questione di chiarezza, le commistioni vanno evitate: non possiamo ridurre le imprese sociali a tante municipalizzate, né tantomeno a dépandances defiscalizzate dei privati». Altro punto di non ritorno è costituito dai limiti alla remunerazione dei capitali impiegati e agli emolumenti del personale: «È impensabile che un?impresa di questo genere possa puntare a fare utili senza misura: un assetto che appare in lampante contrasto con il campo stesso di intervento». Questione che si riverbera sull?aspetto delle retribuzioni: «Dobbiamo garantire una certa eticità anche in questo», osserva, «non è pensabile avere dirigenti del non profit con stipendi superiori a quelli del privato. Negli Usa, dove la prassi è in uso, stanno già pensando di fare marcia indietro». Infine la partecipazione all?impresa di prestatori d?opera e utenti: «Abbiamo rimodulato il testo originario», dice Patriarca, «parlando genericamente di ?forme di partecipazione?». La Cdo per parte sua conferma la distanza. «La nostra è un?obiezione di fondo», chiarisce Emanuele Forlani. «La legge deve innanzitutto riconoscere chi svolge servizi di pubblica utilità, alla persona e per il bene comune. Non comprendiamo la necessità di porre a priori divieti e limiti. Perché impedire che un?azienda profit destini parte del proprio patrimonio e delle proprie risorse a un?attività di utilità sociale? Perché impedire al non profit di strappare al profit i manager migliori, pagandoli di conseguenza? Perché infine vincolare un soggetto nuovo come l?impresa sociale, alla partecipazione di soci e utenti?», conclude. «Questo accade nella cooperazione sociale: ma qui si sta appunto disciplinando una realtà nuova, dove l?elemento imprenditoriale è centrale: perché applicare schemi già visti?». L?altolà del Forum Il Forum intanto ribadisce che il testo uscito dal tavolo tecnico è quello buono: «Decida il governo se privilegiare la proposta in cui si riconosce tutto il Terzo settore o piuttosto quella di una sua sola componente». In ballo, fa sapere il rassemblement del non profit, ci sono i futuri rapporti con Berlusconi. A togliere dall?impiccio tutti potrebbe essere lo stesso esecutivo, congelando il decreto legislativo: i ministri centristi su cui Vittadini aveva puntato il dito, si sarebbero infatti risentiti. input Sul sito della Cdo, www.cdo.it, comunicati e notizie . Tutto sul Forum del Terzo settore su www.vita.it


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