Formazione

Contestato il giudizio del Cnel sugli immigrati

L'associazione "Nessun luogo è lontano", legata agli Scalabriniani, attacca il Cnel per il contenuto del Rapporto sui lavoratori stagionali. Qui di seguito la lettera aperta del pre

di Redazione

La stampa del 12 febbraio scorso dà conto ai cittadini del rapporto CNEL-CENSIS in materia di immigrazione. Dalla lettura dei comunicati stampa che hanno preceduto la presentazione dello studio e dai resoconti che l’hanno seguita, c’è da rimanere senza parole. Mi domando se sia possibile che nel mezzo di un dibattito dilaniante per il Parlamento e per molte forze della società sulla modifica (meglio sarebbe dire snaturamento) della vigente legge Turco-Napolitano in materia, il CNEL in particolare, entri a gamba tesa non solo e non tanto presentando numeri e percentuali sulla cui oggettività c’è da discutere, ma dando ricette politiche e formulando giudizi severi sul cattivo governo dell’immigrazione nel nostro paese. Sono cosciente che indignarsi è fuori moda un po’ come dedicarsi al punto croce tuttavia in questo degrado deontologico c’è lo specchio del caos in cui viviamo. Si dice nello studio che metà degli immigrati stagionali presenti nel nostro paese sono clandestini, che vengono da noi perché ci sono barriere colabrodo e leggi permissiva. Insomma in Italia ci sarebbe il bengodi del lassismo e del malgoverno, niente di meglio di una buona legge che stringa le maglie e dia sicurezze. Insomma un gigantesco spot per il governo e uno schiaffo sonoro a quelle parti della maggioranza che pur timidamente esprimono dubbi sull’efficacia, sulla costituzionalità e sulla giustezza del disegno di legge in questione. Come è possibile che il CNEL, nato per essere la “terza” camera del Parlamento Italiano e poi sopravvissuto a se stesso più spesso con supponenza che con ragione, scelga una così sfacciata servitù non tanto nei confronti dell’attuale maggioranza ma del governo in prima persona, invitando a commentare la sua ricerca, il Viceministro Sacconi come se fosse elemento super partes e non già parte in causa di un disegno di legge firmato Bossi-Fini. Mi rendo conto, mentre scrivo, del candore imbarazzante di queste notazioni; mi consolo perché sono in buona compagnia di un certo numero di italiani stanchi dello sport nazionale di correre in aiuto al vincitore, soprattutto quando a farlo sono organismi sovvenzionati con il denaro di tutti. Forse ci vorrebbe un codice deontologico che vieti ad un arbitro di trasformarsi in centravanti o portiere, secondo i casi. O forse di “Codici” e “Carte” ce ne sono già troppi e non resta che sedersi, mantenersi vigili ed aspettare che passi la notte della dilagante mediocrità. Associazione “nessun luogo è lontano” Presidente Fabrizio Molina


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