Politica

La superficialità con cui la politica parla ai giovani

Il 25 settembre potranno votare al Senato per la prima volta anche le ragazze e i ragazzi dai 18 anni. Eppure in campagna elettorale si parla soprattutto di riforme insostenibili delle pensioni. Pensiamo davvero che per dialogare con loro basti un video su TikTok? Se non fossimo così presi dal lancio compulsivo di slogan "usa e getta", ci accorgeremmo che quello di questa generazione è già un programma di governo, che farebbe migliore questo Paese

di Vanna Iori

Una forza politica che voglia guardare al domani deve necessariamente parlare con i giovani. Per troppi anni ci siamo dimenticati delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, delle loro aspirazioni, delle paure, di come non ostacolarli nella costruzione del futuro che li aspetta. Ci siamo anche fatti poche domande.

I giovani di oggi raccontano una complessità esistenziale che facciamo molta fatica a riconoscere e comprendere anche perché abbiamo difficoltà ad ascoltarli, stare insieme a loro, comprendere le loro richieste su clima, lavoro, diritti, istruzione. Li abbiamo giudicati per troppo tempo una generazione superficiale e appagata che vive sui social quando in realtà – in un’epoca di scarsissima partecipazione – ha saputo mobilitarsi nelle piazze e organizzare iniziative internazionali per provare ad orientare le scelte della loro generazione, dimostrando grande capacità di stare nei cambiamenti con la voglia di conoscerli, informarsi, indirizzarli. Tuttavia, il limitato ascolto da parte della classe politica nei confronti di queste istanze e di questa sottovalutata profondità ha impedito – almeno fino ad oggi – di invertire la rotta nel binomio giovani e politica.

Se non cominciamo a capire che le loro battaglie non hanno solo un valore ideale e simbolico non riusciremo mai a intercettare i loro bisogni, dando risposte concrete, rinnovando la loro voglia di partecipazione alla politica per come la conosciamo. Le loro proposte su economia, lavoro, sviluppo sociale e ambientale si fondano sulla conoscenza della realtà e sull’esperienza vissuta. Penso a una generazione che vive di lavoro precario, che ha visto peggiorare negli anni l’offerta formativa ed educativa nonostante l’encomiabile impegno di docenti ed educatori, che dovrà vivere l’età adulta in un mondo stravolto dai cambiamenti climatici, e non solo. Se li ascoltassimo per davvero potremmo capire che la loro prospettiva e la loro visione sono in grado di migliorare la qualità di vita delle nostre comunità. Ma rimaniamo ancorati a vecchi schemi, a preconcetti antiquati e retrogradi.


Dai ragazzi arriva una profondità che non siamo ancora capaci di sentire, una solidarietà che non siamo più in grado di praticare e un pragmatismo che non siamo più capaci di agire. Ascoltiamoli per davvero; perché coinvolgerli significa confrontarsi con prospettive innovative e uscire dall’immobilismo che troppo spesso pare attanagliare l’Italia.

Le nuove generazioni andrebbero messe dentro ai processi di cambiamento per provare a dare una scossa a una politica che ha dimostrato tutte le sue fragilità. I giovani oggi sono un movimento politico e di opinione a cui va data voce, mettendo da parte gli atteggiamenti paternalisti. I partiti li evocano ma li devono ascoltare davvero: questo significa dare risposte su occupazione e servizi, tutela dell’ambiente e diritti civili.

Il 25 settembre potranno votare al Senato per la prima volta anche le ragazze e i ragazzi dai 18 anni, grazie alla riforma costituzionale approvata lo scorso anno. Eppure in campagna elettorale si parla soprattutto di inique flat tax e di riforme insostenibili delle pensioni. Che peso si dà alle istanze di questa generazione informata e impegnata, quella dei diritti e dei Fridays For Future, dei cervelli in fuga? Pensiamo davvero che possa bastare un video improvvisato su Tik Tok? Pensiamo davvero di intercettare così la domanda di cambiamento di una generazione appassionata, capace di costruire movimenti di opinione che hanno la forza di riempire le piazze nonostante l’incapacità di fare comunità?

La superficialità con cui parliamo dei giovani e ai giovani racconta molto di questo tempo così vuoto perché se non fossimo così presi dal lancio compulsivo di slogan "usa e getta", ci accorgeremmo che quello di questa generazione è già un programma di governo che farebbe migliore questo Paese. Dai ragazzi arriva una profondità che non siamo ancora capaci di sentire, una solidarietà che non siamo più in grado di praticare e un pragmatismo che non siamo più capaci di agire. Ascoltiamoli per davvero; perché coinvolgerli significa confrontarsi con prospettive innovative e uscire dall’immobilismo che troppo spesso pare attanagliare l’Italia.

*Vanna Iori, pedagogista, ordinaria di Pedagogia all'Università Cattolica di Milano. Dal 2013 è in Parlamento con il Pd. Non correrà alle elezioni del 25 settembre «per fare posto al giovani e a nuove figure»

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