Welfare

Che pasticcio le mascherine: i bambini non capiscono le emozioni

Secondo uno studio dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), i bambini tra 3 e 5 anni faticano a capire le emozioni che si nascondono sotto le mascherine. «Questa problematica –spiegano le ricercatrici- potrebbe influenzare il corretto sviluppo sociale delle nuove generazioni», dato che proprio in questa fascia di età si raggiungono importanti traguardi evolutivi. «Gli effetti di questa deprivazione andranno studiati».

di Sabina Pignataro

Cioè che appariva evidente, ora è stato studiato e documentato: «i bambini dai 3 ai 5 anni faticano a riconoscere le emozioni di persone che indossano mascherine chirurgiche». Monica Gori, coordinatrice del team di ricerca U-Vip (Unit for Visually Impaired People) dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), lo definisce un «effetto collaterale delle misure di prevenzione nell’ambito della emergenza sanitaria Covid-19». Questa problematica, dice «potrebbe influenzare il corretto sviluppo delle capacità di interazione sociale nei bambini, dato che proprio in questa fascia di età si raggiungono importanti traguardi evolutivi. Gli effetti di questa deprivazione andranno studiati».

Come spiega la ricercatrice, il modo più immediato per leggere le emozioni altrui è attraverso l'osservazione dei movimenti facciali. «Ci siamo allora domandate come cambia la capacità di riconoscere le configurazioni facciali quando una parte del viso è coperta e come questo impatti sullo sviluppo della comprensione e l’elaborazione delle emozioni nel periodo della prima infanzia, che è considerata un periodo critico. L’abbondante letteratura scientifica esistente ha dimostrato che la felicità viene riconosciuta prima e più accuratamente, seguita dalla tristezza o dalla rabbia, e poi dalla sorpresa o dalla paura».

I bimbi piccoli riconoscono le emozioni con la mascherina 4 volte su 10

Lo studio, che è stato pubblicato su Frontiers in Psychology dal team composto da Monica Gori, Lucia Schiatti e Maria Bianca Amadeo, dimostra come «i bambini tra i 3 e i 5 anni siano in grado di riconoscere le espressioni facciali che esprimono felicità, tristezza paura e rabbia se coperte dalla mascherina solo il 40% delle volte».

«Questi risultati – evidenzia Gori- sono di importanza essenziale, in quanto suggeriscono che viviamo in un'epoca che potrebbe potenzialmente influenzare lo sviluppo del ragionamento sociale ed emotivo, e le future abilità sociali dei bambini».

lo studio IIT suggerisce di «valutare l’utilizzo di mascherine trasparenti per tutti gli operatori a contatto con la fascia di età 3-5 anni o l’ideazione di percorsi di training specifici per insegnare ai bambini il riconoscimento delle emozioni solo mediante l’osservazione degli occhi». Per esempio, aggiunge Gori potremmo sfruttare la multisensorialità (l’uso di più sensi insieme). «Nella mia Unità stiamo proprio adesso pensando a come sviluppare delle applicazioni per far fare dei giochi multisensoriali dove si aggiungono suoni alla visione degli occhi sotto le espressioni per aiutare i bambini a fare nuove associazioni ed imparare a riconoscerle».


Lo studio dell’OMS: meglio niente mascherine

Un documento redatto nell’agosto 2020 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fornisce una guida ai decisori e alle autorità in contesti pubblici e professionali sull'uso delle maschere per bambini nel contesto della pandemia COVID-19 «scoraggiando l'esposizione all'uso di maschere quando si ha a che fare con bambini fino a cinque anni». Inoltre anche per bambini di età più avanzata, l’OMS «consiglia di valutare attentamente i vantaggi di indossare maschere contro potenziali danni che comprendono problemi sociali, psicologici, di comunicazione e di apprendimento».

Come si è svolta la ricerca

I ricercatori IIT hanno preparato un questionario contente immagini di persone con e senza mascherina e somministrato mediante computer, tablet o smartphone a 119 soggetti di cui 31 bambini tra i 3 e i 5 anni, 49 bambini trai 6 e gli 8 anni e 39 adulti tra i 18 e i 30 anni. I soggetti, in autonomia o con l’assistenza dei genitori nel caso dei più giovani, dovevano provare a riconoscere le espressioni dei volti, con e senza mascherina chirurgica, che esprimevano diverse emozioni quali: allegria, tristezza, paura e rabbia. I risultati hanno dimostrato come i bambini tra i 3 e i 5 anni siano in grado di riconoscere le espressioni facciali che esprimono felicità e tristezza se coperte dalla mascherina solo il 40% delle volte. Le percentuali salgono se si considerano le altre fasce di età: tra i 6 e gli 8 anni (55-65%) e tra gli adulti (70-80%) ma in generale si è osservata una difficolta di tutte le fasce di età nel interpretare tali emozioni espresse con il volto parzialmente coperto dalla mascherina.

L’esperimento è stato condotto nelle primissime fasi della pandemia nel 2020, quando le mascherine erano ancora una novità per tutti. «In questo momento stiamo eseguendo i test per verificare se, con il tempo, la comprensione delle emozioni nei bambini sia aumentata o meno», spiega ancora Monica Gori. «Speriamo che oggi i bambini siano riusciti ad adattarsi. Ci potremmo infatti aspettare che ci sia stato un adattamento al contesto e che adesso, dopo un anno di esposizione, i bambini abbiano imparato ad interpretare le espressioni anche solo attraverso gli occhi».

Il prossimo passaggio: lo studio con i bambini disabili

«Nello studio abbiamo lavorato con bambini e adulti che non presentavano alcun tipo di disabilità», piega Maria Bianca Amadeo ricercatrice dell’IIT e co-autrice dello studio. «Ovviamente queste osservazioni risultano ancora più importanti quando si parla di bambini affetti da disabilità che implicano difficoltà di interazione sociale».
Lucia Schiatti, la terza ricercatrice, sottolinea ad esempio come «le disabilità visive implicano già grosse difficoltà nelle interazioni sociali, per questi soggetti sarà ancora più importante concentrarsi su possibili misure preventive o attività di riabilitazione specifiche».

Link al documento

Foto in apertura: studio sul riconoscimento delle emozioni. Credits IIT

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.