Non profit
Lasciti filantropici, una questione di fiducia
Lavorare sull'incentivazione fiscale delle donazioni che sia più un premio ai comportamenti virtuosi che una tassa, è un’ipotesi convincente che può dare slancio a una nuovo cultura della generosità, rafforzando un legame di fiducia personale, ma anche intergenerazionale
La riflessione avviata da Fondazione Italia Sociale sul tema della ricchezza inattiva del nostro Paese, con l’obiettivo di trovare canali aggiuntivi di sostegno agli enti di Terzo settore, è molto utile anche per attualizzare le previsioni della riforma del Terzo settore. Soluzioni come quelle prospettate renderebbero infatti disponibili ulteriori strumenti di supporto alle scelte di donazione degli italiani, che accanto a erogazioni liberali, al 5 per mille, potrebbero contribuire all’interesse generale anche con le proprie scelte testamentarie.
Tuttavia, nel valutare la proposta, è doveroso approfondire diversi aspetti, da quello culturale a quelli di contesto e di prospettiva. La cultura del lascito fa parte della nostra storia come strumento di sensibilità civica e filantropica, soprattutto dei detentori di grandi patrimoni. I grandi lasciti ci sono sempre stati: e quelle eredità di patrimoni e opere sociali sono spesso ancora ben visibili nelle nostre comunità.
Ad immobilizzare la ricchezza del paese non è, a mio avviso, la scarsa sensibilità donativa degli italiani, ma soprattutto la percezione di una complessiva fragilità del contesto, e il peso che hanno i patrimoni immobiliari, soprattutto delle case di proprietà, come principale strumento di eredità intergenerazionale e quindi di sostegno intrafamiliare fra generazioni.
Non possiamo però porci il tema dei lasciti solidali soltanto nella prospettiva dei patrimoni senza eredi, risultato di una demografia a saldo negativo, anche se questo dato di contesto rappresenta un primo importante spazio concreto da percorrere. L’inversione del destino demografico del Paese infatti deve tornare ad essere una priorità delle politiche, mentre l’investimento su una diffusa cultura della donazione solidale resta importante a prescindere dal dato demografico, tanto più in un tempo in cui registriamo una grande sensibilità al dono, fortemente accresciuta dall’emergenza sanitaria, che va sostenuta con nuovi strumenti.
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Nella costruzione della proposta potrebbe essere utile poi lavorare su alcuni aspetti di merito importanti. La salvaguardia della storicità delle relazioni tra donante e beneficiario, e del legame di fiducia che si crea tra i due soggetti, dirimente per il lascito da parte del donante verso quello specifico ente, un po’ come accade per il 5 per mille.
Il fatto che si possa lavorare su un’incentivazione fiscale di questo istituto che sia più un premio ai comportamenti virtuosi che una tassa, ci sembra un’ipotesi più convincente. Infine occorre riflettere sulla governance delle risorse e trovare soluzioni funzionali a garantire una coerenza d’uso di quelle risorse rispetto alle finalità del soggetto che le ha donate.
Queste le piste di riflessione per una proposta convincente ed efficace capace di cogliere una grande e crescente sensibilità donativa da parte degli italiani.
* Portavoce del Forum Nazionale Terzo Settore
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