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Presto testato a Udine fegato bioartificiale

In arrivo in Italia il fegato bioartificiale con epatociti umani. ''in futuro potrebbe permettere di sostituire le cellule danneggiate del fegato senza ricorrere al trapianto d'organo''

di Paolo Manzo

In arrivo in Italia il fegato bioartificiale con epatociti umani. L’Università di Udine, infatti, sta presentando al ministero della Salute richiesta per il ‘via libera’ alla prima sperimentazione clinica italiana di questa tecnica.

Che, scrivono gli esperti in una nota, ”in futuro potrebbe permettere di sostituire le cellule danneggiate del fegato senza ricorrere al trapianto d’organo”.

È questo, infatti, l’obiettivo della ‘Banca degli Epatociti umani’, istituita nel luglio 2001 e unica in Italia, in cui si conservano e si studiano le cellule del fegato.

Questi epatociti potranno essere utilizzati, come primo passo, nella tecnica del fegato bioartificiale (dialisi epatica che mantiene il paziente in attesa di trapianto) e del trapianto di cellule del fegato.

Attualmente, le tecniche di intervento per gravi patologie del fegato sono tre: il trapianto di fegato tradizionale (da donatore cadavere), lo ‘split liver’ (da donatore cadavere, il cui fegato si divide in due parti che vengono utilizzate per due trapianti, di un adulto e di un bambino) e il trapianto di fegato da donatore vivente consanguineo (da cui si preleva il lobo destro del fegato per essere trapiantato nel ricevente).

Ci sono, poi, altri tre metodi, ancora in fase di sperimentazione clinica presso la ‘Banca’: il fegato bioartificiale con epatociti di maiale, quello, appunto, con epatociti umani e il trapianto di epatociti umani.

”Gli epatociti umani conservati nella Banca verranno utilizzati proprio per queste due ultime tecniche”. ”Il progetto, sottolinea Fabrizio Bresadola, direttore della Banca e della Clinica chirurgica dell’Università di Udine, richiede naturalmente anche un notevole impegno economico, fino ad oggi sostenuto con i contributi della ricerca universitaria e di fondazioni private.

L’auspicio, dice Bresadola, è che questa Banca venga riconosciuta anche a livello regionale e, quindi, possa utilizzare risorse distribuite dal ministero della Salute alle Regioni”.

L’uso degli epatociti umani nella prassi del fegato bioartificiale è fondamentale, spiega l’esperto, perché garantisce la biosicurezza.

In questo modo, infatti, è possibile eliminare i rischi di trasmissione di agenti infettivi dal maiale all’uomo (la cosiddetta ‘zoonosi’), e i problemi di biodiversità per incompatibilità tra alcune proteine del maiale e l’uomo.

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