Economia

È l’ora delle imprese C-Corp

«Impresa è Comunità». È in questa affermazione una delle restituzioni di Padova capitale europea del volontariato. Il binomio impresa-comunità porta con sé numerosi significati, diverse declinazioni e una precisa indicazione per il futuro. Se ne parlerà oggi alle 18 sui social del Csv di Padova e Rovigo

di Guido Zovico

Nell’elaborazione del percorso europeo, avviata all’inizio del 2019 sotto l’egida de «La Comunità che verrà», una delle direttrici individuate è stata la relazione tra il volontariato e le imprese con il dichiarato intento di uscire dal loop di un legame basato su “beneficienza”, “restituzione” e “responsabilità sociale d’impresa” per interrogarsi, reciprocamente, su come ripensare il rispettivo ruolo dentro un’idea, una funzione e una visione di Comunità quale «casa comune».

La relazione avviata con i partner privati – che hanno poi sostenuto anche economicamente l’anno europeo consentendo, di fatto, di tramutare un “riconoscimento” in un processo di ripensamento e di nuove sperimentazioni del vivere collettivo – sì è pertanto focalizzato sul consegnare a conclusione del percorso una traiettoria precisa per la «Comunità che saremo».

La proiezione verso un modello di «C-Corp», definizione e concetto elaborati con Paolo Gubitta quale via italiana all’idea di «Impresa-Comunità», intende offrire una prospettiva globale e un cambio di paradigma.

Ciò parte del dire che è “interesse comune” operare per la creazione di valore (educativo, economico, sociale, ambientale e relazionale) per uno sviluppo equilibrato, sostenibile e generativo, mirando al ben-essere e al ben-vivere generale in cui il perseguimento dell’interesse individuale (di una persona o di una organizzazione) è legato indissolubilmente dal contemporaneo perseguimento dell’interesse generale.

Si scolpisce nella consapevolezza della sostanziale, diretta e concreta interdipendenza tra le diverse componenti sociali, aspetto resosi drammaticamente tangibile con l’esplodere della pandemia.

Si realizza ridefinendo un’idea “alta” e “altra” di Comunità, capace di esprimere un’identità di città, di territorio e di Paese in cui ritrovarsi e allearsi per affrontare le enormi sfide globali e locali sapendo di essere, nel complesso, una «comunità fragile» che necessita di un inderogabile salto di qualità.

Ciò porta a un approccio di «lean Community» dove ogni componente sociale è interessata, partecipe e corresponsabile di un processo comunitario – dalla sfera educativa-formativa, a quella produttiva sino a quella della cura (della persona, del vivere sociale e dell’ambiente) – che coltivi i talenti e favorisca la capacità individuale di esprimersi nel migliore dei modi nel proprio ambito di appartenenza.

In questo quadro, un inedito legame tra volontariato e impresa può e deve favorire l’accensione di un processo rigenerativo che deve però liberarsi di schemi, di forme e di modalità relazionali ormai obsolete ridefinendo la «filiera del valore» connessa alla riattivazione della «filiera della Comunità», superando così l’immaginario che il volontariato è l’angolo dei «buoni», o schiacciando l’impresa al dualismo profit-non profit.

Ogni forma organizzata per il perseguimento di un obiettivo è «impresa» e il cui agire ha ampie ricadute, o più simbolicamente «effetti farfalla», sia positivi che negativi per la collettività a seconda dei comportamenti intrapresi.

Anche un’associazione di volontariato, perciò, nel suo operare grazie alla gratuità delle persone, è impresa che nel suo perseguire gli obiettivi preposti crea valore sociale con un conseguente impatto anche economico. Così come sono impresa un ufficio o un ente pubblico, una scuola o un sindacato. Tutto si basa sul lavoro delle persone, sulla loro capacità di organizzarsi e di «fare bene» ciò che hanno «scelto» o ciò che sono stati «incaricati» di fare. Le diversità stanno nelle forme organizzative, che possono essere di origine pubblica o privata, e nelle finalità, che possono essere di natura economica o sociale.

Oggi, l’impresa più complessa, sfidante e impegnativa cui tutti noi siamo chiamati a concorrere è quella tornare a «essere» e «fare» Comunità precondizione per tornare a riattivare positive relazioni tra persone e soggetti imperniate sulla reciproca fiducia. E in questa obbligata missione le Imprese private possono dare, nel loro stesso interesse, un contributo fondamentale per le loro capacità di essere organizzazione, managerialità, luogo di produzione, innovazione e creazione di valore. Viceversa, l’impresa privata va considerata dalle altre componenti come parte integrante della Comunità e tutti devono cooperare il suo sviluppo in ottica contributiva e generativa.

La prospettiva delle C-Corp, pertanto, è un invito all’impresa for profit a concepirsi dentro questa «dimensione totale di Comunità» evolvendo ulteriormente il proprio ruolo sociale (la cui forma più evoluta sta oggi nelle aziende Benefit) per essere co-parte protagonista di un’impresa più ampia. Oltre alla responsabilità sociale e alla necessaria sostenibilità va proposta la «circolarità del vantaggio e dell’utile sociale» per un interesse non più particolare ma parti-cir-colare.

In questo ragionamento, l’articolata riflessione sul volontariato sviluppatasi lungo tutto il 2020, ha fatto emergere stimolanti indicazioni, frutto di una contribuzione collettiva di idee ed esperienze arrivate da tutta Italia, che Padova ha elaborato svolgendo nel migliore dei modi il suo essere «Capitale». Raccoglierle e renderle concrete spetta a ciascuno di noi.

Di questi temi si parlerà oggi alle 18 nell'incontro dal titolo “ABC delle imprese sostenibili per la «comunità che saremo”. A come Adattiva, B come Benefit, C come Comunità…

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