Welfare
Lavoro. La custodia passa dalle riforme
Il ministro Andrea Orlando al Meeting di Rimini: non possiamo parlare di competitività e di difesa del lavoro se non affrontiamo prima di tutto il tema dei salari. Per evitare il rischio di “lavoro povero” occorre realizzare un patto che tenga insieme tre cose: il tema dei minimi salariali, quello della riduzione del cuneo fiscale e il rinnovo dei contratti
«Il tema del lavoro è molto urgente. Ma non possiamo parlare di competitività e di difesa del lavoro se non affrontiamo prima di tutto il tema dei salari, uno degli elementi di riconoscimento del valore che una società assegna al lavoro. Altrimenti la competitività stessa è a rischio. Poi c'è un tema di come il lavoro viene utilizzato: davvero possiamo mantenere la selva di tipologie del lavoro o non è il tempo di cominciare a ridurre e selezionare gli strumenti?»: così il ministro del Lavoro, Andrea Orlando al Meeting di Rimini nel panel “Una passione per il lavoro”.
Cosa è la “passione per il lavoro”? È l’uomo in azione, che si muove nell’incertezza della realtà che gli si fa davanti e alle sue incertezze, l'uomo in azione, l'uomo che si muove nella realtà con le sue difficoltà, le incertezze che la realtà gli presenta, ma che in questo modo entra in relazione con gli altri e cerca di misurarsi con le cose, di cambiarle, di aumentare la disponibilità delle risorse a sua disposizione e si mette d'accordo con gli altri in quello che diventa un “noi”: questo, dunque, il concept dell’incontro.
E per l’uomo che si “mette in azione” l’assistenzialismo non aiuta, non rassicura, non migliora, non aumenta la speranza: in due parole, non serve.
Ma perché avvenga lo sgancio dall’assistenzialismo occorre ragionare su una serie di problemi: la carenza quantitativa di forza lavoro dovuta alla contrazione demografica e il mismatching qualitativo, cioè la richiesta di formazione diversa rispetto ai moderni cicli produttivi; il “giusto compenso del lavoro”, che non è solo il compenso economico ma anche il riconoscimento sociale del lavoro di qualità.
Va dunque fatto Un patto per sostenere e dare centralità al lavoro con un insieme di provvedimenti che vanno dalla formazione professionale alla formazione continua, dalla tutela dell'attività del sindacato organizzato alla diminuzione del costo del lavoro, dalla detassazione del lavoro alla distribuzione del lavoro, ma anche alla restituzione della dignità e facendo sparire quel rischio di “lavoro povero” che sarebbe una contraddizione in termini.
Per Orlando occorre realizzare un patto che tenga insieme tre cose: «Il tema dei minimi salariali, quello della riduzione del cuneo fiscale e il rinnovo dei contratti». Il ministro ha sottolineato che si discute spesso di un mercato del lavoro sul quale inizia ad avere un impatto molto significativo la curva demografica. Questo significa un cambio di paradigma: «Pensare al lavoro non solo a un fattore che va valorizzato e sul quale investire, ma un fattore sul quale una risorsa scarsa va custodita. Dire che serve una legge o che servono più leggi è riduttivo. Il tema di un dialogo sociale, del confronto, di un vero patto è la premessa per qualsiasi tipo di intervento».
Oggi il Pnrr mette in campo quattro miliardi e mezzo di investimento sul fronte delle politiche attive, «Dobbiamo quindi provare a fare uno sforzo per mettere insieme gli strumenti che garantiscano che non si possa andare sotto un compenso stabilito in modo o normativo o pattizio», dice il ministro.Non si tratta di opporre, dunque, il salario minimo alla contrattazione, ma di «vedere come è possibile trovare una via che mette insieme i due aspetti perché in questo ragionamento c’è anche il tema di una debolezza in alcuni comparti e che chiama in causa il tema della concorrenza».
Per Orlando il rinnovo dei contratti deve essere stimolato anche dalla riduzione della pressione fiscale sul lavoro. E poi c’è un altro tema, quello che riguarda «Il modo in cui il lavoro viene utilizzato, cioè se noi davvero stiamo investendo sul capitale umano e sul miglioramento delle competenze», il che apre al dubbio sulla sostenibilità di quella che chiama una «Selva di tipologie contrattuali che caratterizza attualmente il mercato del lavoro». Per questo Andrea Orlando dice che «Senza ideologie è tempo di cominciare a ridurre e selezionare gli strumenti contrattuali che funzionano di più e quelli che funzionano meno, penso ad esempio al potenziamento dell’apprendistato. Principalmente per garantire la “custodia del lavoro” in un paese dove i giovani ricominciano ad andarsene».
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