Salute
I nuovi traguardi terapeutici nelle neoplasie mieloproliferative
In occasione del 21 giugno l’Ail – associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma dedica la conferenza di presentazione della sedicesima edizione della giornata nazionale a una serie di tumori rari per fare informazione ed essere più vicina ai pazienti condividendo i successi della ricerca scientifica. Lunedì otto illustri ematologi risponderanno al Numero Verde Ail - Problemi Ematologici 800 226 524
È stata dedicata ai nuovi traguardi terapeutici nelle neoplasie mieloproliferative la conferenza di lancio della XVI edizione della “Giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma”. Una giornata, ha ricordato in apertura il presidente nazionale di Ail Sergio Amadori, nata dall’idea del professor Mandelli «di dedicare un intero giorno all’informazione dei pazienti e dei familiari. L’obiettivo rimane quelli di far sì che i pazienti vengano a conoscere i progressi terapeutici e le novità in modo trasparente e scientifico senza ricorrere al “dottor Google” e al sentito dire». Anche per questo lunedì 21 giugno dalle ore 8 alle 20, ha annunciato il presidente Amadori «otto pesi massimi dell’ematologia italiana sono a disposizione per rispondere alle domande dei pazienti». I medici risponderanno al numero verde Ail – Problemi ematologici 800 226 524.
Alla conferenza in streaming hanno partecipato: Tiziano Barbui, Primario Emerito di Ematologia clinica e Direttore scientifico di From; Alessandro Maria Vannucchi, professore di Ematologia Università di Firenze, Direttore Sod Ematologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi e Responsabile Crimm Centro Ricerca e Innovazione delle Malattie Mieloproliferative; Fabrizio Pane, professore Ordinario di Ematologia e Direttore U.O. di Ematologia e Trapianti A.O.U. Federico II di Napoli; Massimo Breccia Dirigente medico Responsabile Uos Ematologia Policlinico Umberto I Università Sapienza di Roma; Marco Vignetti, presidente Fondazione Gimema Franco Mandelli e vice presidente Nazionale Ail e Giampiero Garuti, del gruppo Ail Pazienti Mmp ph- (Mielofibrosi, Trombocitemia Essenziale e Policitemia Vera) che ha portato la sua testimonianza di paziente e volontario Ail. «Ho ricevuto moltissimo e mi è sembrato naturale restituire qualcosa in "piccole rate"», ha raccontato Garuti «mi sono anche reso conto della necessità del paziente di avere informazioni corrette per avere consapevolezza della propria malattia»
Nel corso della conferenza non poteva mancare un riferimento alla difficile situazione dovuta alla pandemia da Covid-19 che ha reso più complicato il supporto ai pazienti, ma è fondamentale garantire la sicurezza delle cure e l’accesso al piano vaccinale per i pazienti, i caregiver e i familiari. «I pazienti ematologici che contraggono l’infezione rischiano molto, sia per le conseguenze dirette del virus sia per la mortalità, più alta (5-6% in più) rispetto alla popolazione sana e ad altre categorie di malati» ha osservato Amadori che ha invitato pazienti e caregiver a vaccinarsi ricordando anche quanto l’Ail si sia battuta per inserire nei gruppi prioritari i familiari dei pazienti. «L’ematologia italiana, a differenza di altre specializzazioni» ha osservato infine Amadori riferendosi alle ricadute della pandemia e dei lockdown sulle cure «non ne ha risentito troppo: i trattamenti sono proseguiti come anche le cure ad alta complessità come le Car-T, i trapianti. E poi tutto il grande lavoro e sostegno degli oltre 15mila volontari Ail che sono sempre stati al fianco dei pazienti e dei loro familiari portando tutto il loro carico di empatia».
Nei loro interventi gli specialisti hanno illustrato i progressi in corso nella cura, come il dottor Barbui che è intervenuto sulla Policitemia vera e trombocitemia essenziale. «I farmaci per il controllo dell’aumentata proliferazione delle cellule progenitrici midollari sono sostanzialmente tre: lo standard è idrossiurea, i nuovi farmaci sono interferone e JAK2 inibitori. Oggi, questi ultimi non trovano indicazione nella trombocitemia essenziale (salvo casi eccezionali), ma solo nei casi di policitemia vera che hanno mostrato resistenza all’idrossiurea. L’interferone, attualmente, è oggetto di numerosi studi e impiegato nei più giovani, in età fertile o in gravidanza. La ricerca in queste malattie è molto attiva anche per merito di numerosi gruppi italiani».
Sulla forma più rara, la mieolofibrosi che in Italia registra circa 2.000 diagnosi, è intervenuto il professor Vannucchi che ha sottolineato l’esistenza di 20 studi in corso. «La ricerca ha consentito di fare progressi notevoli in vari ambiti: l'aumento della consapevolezza della malattia, il miglioramento degli approcci diagnostici utilizzando le scoperte delle mutazioni di geni (quali JAK2, MPL e CARL, e molti altri) e lo sviluppo di modelli di rischio che permettono di identificare i casi più gravi che richiedono il trapianto di cellule staminali. Sono state proprio le scoperte di geni associati alla malattia a favorire lo sviluppo di farmaci, gli inibitori di JAK2. Queste terapie si sono dimostrate capaci di ridurre, fino a normalizzare, il volume della milza e arrivare alla regressione totale dei sintomi; la qualità di vita è migliorata grandemente e si iniziano ad avere evidenze scientifiche solide anche sull'impatto favorevole sull’allungamento della vita».
Sulla leucemia mieloide cronica che è un tipo neoplasia in cui la moderna onco-ematologia ha ottenuto i migliori risultati terapeutici e di qualità della vita, grazie alla scoperta degli inibitori tirosin-chinasi (TKI), il professor Pane ha voluto puntare l’attenzione sul «20% dei pazienti per cui la risposta al trattamento non è soddisfacente». Ha inoltre ricordato che: «L’immunoterapia sta entrando prepotentemente in tutti gli ambiti delle terapie per le malattie neoplastiche del sangue. Ma un po’ meno per quanto riguarda la leucemia mieloide cronica, e la ragione è molto semplice: sono disponibili, ormai da alcuni anni, farmaci molto efficaci in grado di cronicizzare la malattia e anche di arrivare in molti casi all’”Operational cure”. Tuttavia, l’immunoterapia potrebbe essere molto utile in quei pazienti che non rispondono in maniera ottimale alle terapie disponibili o che sono troppo fragili. Utilizzando gli inibitori di check-point, cioè farmaci che riducono i meccanismi di immunotolleranza alle cellule leucemiche, si potrebbe agire su quella parte di pazienti che non raggiungono la “Operational cure”». Sugli studi in corso ne ha ricordato uno internazionale gestito da Gimema.
Sull’eterogeneità dei centri italiani di ematologia nel corso della pandemia è intervenuto Breccia, che ha ricordato come nella fase del lockdown alcuni hanno subito degli importanti cambiamenti, riducendo sensibilmente il numero delle prime visite e dei successivi monitoraggi. Ma poi, le visite dei pazienti in trattamento sono state riprogrammate anche con intervalli più brevi tra l’una e l’altra. Inoltre, c’è stato un grande utilizzo della tecnologia: email, WhatsApp, video chiamate. Questi strumenti sono stati molto utili per i pazienti già in trattamento e con una malattia stabile, mentre non sono stati usati con coloro che iniziavano la terapia o in trattamento con inibitori di JAK2. «Nessuno è stato abbandonato nella gestione della terapia, si sono anche fatte iniziative per portare il farmaco a casa dei pazienti», ha poi aggiunto che sul tema della telemedicina «non tutti gli ospedali sono pronti».
«Bisogna essere orgogliosi della ricerca italiana» ha detto il presidente di Gimema ricordando i grandi progressi raggiunti in ematologia negli ultimi 20 anni grazie alla messa a punto di farmaci mirati. E in questo sforzo la parola chiave è “alleanza” «i successi nella ricerca clinica italiana è dovuta sì ai cervelli» ha chiosato Vignetti «ma soprattutto alla disponibilità a collaborare e in questo Gimema offre un’infrastruttura operativa». Tra i primi sostenitori di Gimema vi è Ail che ha concluso Vignetti «si prende cura del paziente a casa e aiuta la ricerca: lo sforzo comune per la qualità della vita dei pazienti è fatta infatti di assistenza e ricerca scientifica».
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