Formazione
La lite che spacca Ds e Margherita. Rami secchi addio
Ulivo. Cosa resta di un progetto che fu vincente.
Un anello per domarli, uno per trovarli, uno per ghermirli». L?anello del potere ormai perduto. A domarli, non ci riesce nessuno, divisi come sono su tutto, pronti a farsi la guerra l?un l?altro. Trovarli (d?accordo) su un?ipotesi politica, un percorso o un nome da dare al loro futuro, neppure. Non a caso, l?unico leader realmente tale che abbiano avuto, quel Romano Prodi che li ha guidati, sì, alla vittoria, ma ere politiche fa, quando da Bruxelles torna in Italia può solo mettersi le mani nei capelli e sfogarsi con Repubblica: «Non hanno un programma e si massacrano tra loro». A ghermirli invece ci pensa il Cavaliere nero che in Europa manda Fini e, bontà sua, Amato.
Le danze per continuare a farsi del male, tanto per cambiare, sono state aperte in casa Ds: «Ieri alla manifestazione degli immigrati non mancava nessuno. Era Fassino», sferzava jena sul Manifesto. Il segretario Ds, infatti, fino all?ultimo secondo non sapeva se scendere in piazza contro la Bossi-Fini. Il corteo era troppo no global, diceva. L?opposizione interna, intanto, faceva ?tintinnar le sciabole?: da Fumagalli a Mussi (applauditissimi), dalla Bandoli alla Melandri (arrabbiatissime), l?area che abbraccia gli ex veltroniani come la nuova e vecchia sinistra, si ribella e minaccia. Cesare Salvi, leader della corrente Socialismo 2000, lo ripete a Vita : «O si cambia linea o si rompe». Ipotesi futura, un nuovo partito con Rifondazione e i no global. Ultima spiaggia, le amministrative.
Credibilità dove sei
Quelle dove i Ds rischiano il tracollo. Ma nonostante ?il correntone? si faccia forte di nomi come Paolo Sylos Labini o Giovanni Berlinguer, Giampaolo Pansa parla della «sinistra di Porto Tetro». Sarebbe quella or ora salpata per Porto Alegre, alla rincorsa dei movimenti, e che sempre il Manifesto sostiene dedita al turismo politico. Nel Nuovo Mondo i Ds schierano Burlando (?), Veltroni, che almeno è sindaco di Roma e può dire che fa bilancio partecipativo, e Pietro Folena, uno che, abituato com?è ai fischi, sostiene che «a volte i fischi bisogna anche andare a prenderli». Antagonisti di complemento, i verdi Pecoraro Scanio e Paolo Cento. Per il Prc c?è il palco d?onore.
Massimo D?Alema, che nemmeno sa dov?è Porto Alegre, aveva invece appena finito di chiedere, davanti alla platea che predilige, quella della Fondazione Italianieuropei, «più credibilità», quando i parenti-serpenti della Margherita gli hanno preferito Dini, a nome dell?Ulivo, in Europa. Apriti cielo, anzi: fatti tenebra. Il tandem Rutelli-Fassino è andato in fumo, l?alleanza Margherita-Ds pure, i vertici dell?Ulivo nemmeno si tengono più. In primavera si terrà il congresso costituente della Margherita e, forse, la convention ulivista, ma la leadership rutelliana è tutto meno che salda, Mastella guarda ovunque tranne che all?Ulivo, mezzo Ppi è in rivolta, solo i Democratici reggono.
Recuperare Di Pietro?
D?altronde, se la manovra d?avvicinamento a Di Pietro è inutile, quella a Rifondazione è vana. Un gioioso Bertinotti ha sentenziato: «L?Ulivo è morto». Ma è davvero morto, l?Ulivo? Mimmo Lucà, responsabile del Terzo settore per i Ds, da poco nominato a tale carica da Fassino e di estrazione cristiano-sociale, nega con fermezza: «Parlerei di sconcerto, disorientamento, di episodi spiacevoli, non di tracollo. Dobbiamo puntare a una federazione di forze, darci regole e procedure comuni. Per la leadership vedremo in seguito, ma va decisa insieme. L?importante è privilegiare i contenuti». Appunto. E il tira e molla sul corteo contro la Bossi-Fini? Lucà ribatte: «Nessuna incertezza, abbiamo aderito tutti assieme. Con Fassino abbiamo da poco incontrato il Forum del Terzo settore e in primavera partirà un viaggio di ascolto di tutto il gruppo dirigente nelle sue tante realtà locali».
Nuccio Iovene, ex coordinatore del Forum, oggi senatore Ds ed esponente della sinistra interna, è più critico, ma non disfattista: «Certo è singolare che, proprio quando il centrodestra era in difficoltà sulla questione giustizia come su quella sociale, il centrosinistra pensi a litigare, ma l?importante è introiettare la sconfitta e ripartire da questa. Lo facemmo nel ?94, possiamo farlo ora. Va recuperato il rapporto con Di Pietro e Rifondazione, va capita quella società che va in piazza, mentre la politica latita. Dobbiamo saper stare in mezzo alla gente».
Anche Renato Mosella, ex responsabile dei volontari cattolici per il Giubileo e oggi deputato della Margherita, prova a difendere la coalizione: «Abbiamo retto bene. C?è bisogno di un chiarimento, certo, ma il problema non è la leadership, non è Rutelli. E chi spera nella nostra disfatta, be? se lo scordi». Avanti così, dunque? «Sono in partenza per Porto Alegre, dove andremo ad ascoltare col cuore sgombro e presto lanceremo una grande iniziativa sui temi della solidarietà, come Margherita».
Il rischio marginalità
Emilio Del Bono, forse perché della Margherita è, come si autodefinisce, «un semplice peones», la pensa diversamente: «Io mi sono riconosciuto nello sfogo di Prodi: i gruppi dirigenti ulivisti mi sembrano più impegnati a dividersi su nomi e cariche che impegnati a produrre progetto politico. Invece di inseguire la destra e il suo modello sociale americano, dovremmo produrne uno nostro. Rischiamo di diventare marginali anche rispetto al mondo della solidarietà e del volontariato: noi deputati le leggi sul privato sociale e la cooperazione allo sviluppo le seguiamo. E i nostri leader?».
I leader dell?Ulivo sembrano più occupati a lottare per dividersi gli anelli del potere ancora a terra. Il problema è che, senza bisogno di scomodare Tolkien, il potere logora. Soprattutto chi non ce l?ha.
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