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Mediterraneo, nuove operazioni di salvataggio per la Open Arms Uno

Salpa da Barcellona la nave dell'Ong che, dal 2015 ad oggi, ha complessivamente salvato 26.500 persone, di cui cinquemila con l'impiego della Open Arms

di Redazione

La Open Arms Uno salpa finalmente dal porto di Barcellona, diretta verso le acque internazionali del Mediterraneo centrale per la sua prima missione umanitaria di ricerca e soccorso. Dopo otto mesi di ostacoli amministrativi e una meticolosa messa a punto, il nuovo fiore all’occhiello dell’Organizzazione nei prossimi giorni raggiungerà la più grande fossa comune del pianeta, un tratto di mare in cui è già operativa la barca a vela Astral, in missione di sorveglianza, assistenza e denuncia. Nella stessa zona, quest’anno, più di mille persone hanno già perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim). Solo nell’ultimo mese, più di 15mila persone sono state localizzate alla deriva, conseguenza delle politiche migratorie stabilite dall’Unione Europea che, a detta dell’Ong, «preferisce guardare dall’altra parte e non agire di fronte a una tragedia umanitaria di proporzioni enormi. Le due navi di Open Arms ci permetteranno di adempiere al nostro impegno: proteggere la vita delle persone in condizioni di vulnerabilità e rispettare l’obbligo di qualsiasi imbarcazione o persona che si trovi di fronte a vite in pericolo in mare. Ciò è previsto dal diritto marittimo internazionale e dalle convenzioni internazionali».

Dal momento dell’arrivo al porto di Barcellona, il suo porto di origine, la Open Arms Uno ha aperto le sue porte ai cittadini e in sei week end 5.048 persone sono passate attraverso il suo ponte e hanno potuto conoscere le strutture di questa nave progettata per svolgere interventi massicci di soccorso marittimo. Questa nuova nave, una delle più grandi in Europa nella sua categoria (è lunga 66 metri, larga 15, ha un tonnellaggio quattro volte superiore al vecchio rimorchiatore Open Arms e un ponte di 353 metri quadrati che può essere convertito in eliporto in caso di emergenza ed evacuazione), ha a bordo quattro imbarcazioni semirigide, note anche come Rhib, che possono ospitare circa 300 persone: un numero che, in caso di emergenza, può essere esteso a mille. Inoltre, ha 31 posti per l’equipaggio, composto da personale di bordo e volontari, e un ospedale con 26 posti letto, due dei quali sono abilitati a terapia intensiva.

Secondo le parole del fondatore della Ong, Oscar Camps, pronunciate durante la presentazione ufficiale della nave l’8 giugno, «la Open Arms Uno sarà ambasciatrice dei cittadini ovunque vada». La Open Arms Uno, costruita in Norvegia nel 2000, è stata prestata dal presidente dell’Organizzazione Solidaire, il pilota e filantropo argentino Enrique Piñeyro, che ha collaborato con Open Arms per più di un anno nella realizzazione di voli umanitari per affrontare le crisi umanitarie in India, Mozambico, Ucraina, Afghanistan, i quali hanno permesso di portare in salvo più di duemila persone in Spagna, Italia e Canada. La Open Arms Uno salpa «consapevole che centinaia di persone rischiano quotidianamente la vita in mare fuggendo da guerre, persecuzioni e povertà perché non ci sono canali legali e sicuri per farlo, che ancora oggi non esistono meccanismi di soccorso governativi strutturati, che le navi umanitarie sono l’unica presenza in grado di proteggere la vita e i diritti in acque internazionali, e che l’attesa per l’assegnazione di un porto sicuro di sbarco è tutt’altro che accettabile per le situazioni di emergenza che affrontiamo in mare. In questo momento storico e politico particolarmente complesso, con i governi europei che continuano a rimandare decisioni improcrastinabili, l’esigenza di avere una nave più sicura era per noi prioritaria. Soccorrere significa salvare vite, ma anche garantire alle persone la dignità che meritano e della quale hanno diritto. È questo il senso del nostro sforzo e del nuovo impegno che da oggi ci assumiamo».

Open Arms è un’organizzazione non governativa che si batte per i diritti umani nel mare. Ha iniziato le sue missioni di salvataggio nel settembre 2015 a Lesbo (Grecia), salvando un migliaio di persone nel Mare Egeo. Nell’inverno del 2016 ha esteso le sue missioni nel Mediterraneo centrale dove, in quattro mesi, ha salvato 15mila vite a bordo della barca a vela Astral. Dall’inizio delle sue missioni nel Mediterraneo centrale, ha complessivamente salvato 26.500 persone, di cui 5.000 a bordo della Open Arms.

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