Welfare

Arabia Saudita: dopo sei mesi rilasciati cristiani arrestati

Dopo circa sei mesi di prigione, è finito il calvario dei 14 cristiani arrestati in Arabia Saudita, sonos tati espulsi

di Redazione

Dopo circa sei mesi di prigione, è finito il calvario dei 14 cristiani arrestati in Arabia Saudita. Tra il 20 e il 30 gennaio dodici di loro sono stati espulsi dal paese con le loro famiglie, dopo il trasferimento al carcere di Breman, dove soggiornano detenuti con il foglio di via. Secondo organizzazioni umanitarie che hanno seguito la vicenda, anche gli ultimi due (gli etiopi Gabayu Tefer e Bahru Mengistu) sarebbero stati rilasciati ed espulsi il 2 febbraio. Il provvedimento di espulsione dal paese è una via d’uscita trovata dal governo, stretto fra le pressioni internazionali, per la tutela dei diritti umani, e l’integralismo islamico interno, che non ammette libertà religiosa. I cristiani, accusati di propagazione della fede (proselitismo), erano stati arrestati dalla polizia religiosa saudita fra luglio e settembre 2001 a Jeddah. Erano tutti lavoratori immigrati impiegati in compagnie saudite e si riunivano nelle loro abitazioni private per incontri di preghiera. Hanno diverse nazionalità: un indiano, tre eritrei, otto etiopi, un nigeriano, un filippino. La loro vicenda è cominciata con l’arresto dell’indiano Prabhu Isaac, arrestato il 19 luglio 2001 a Jeddah. Nella casa di Isaac, che ha lavorato in Arabia per 17 anni, la polizia religiosa saudita ha ritrovato e confiscato bibbie, libri di canti, audio e video cassette di argomento cristiano. Il suo arresto ha poi condotto alla detenzione di altri 13 uomini, accusati degli stessi reati. Christian Solidarity Worldwide (CSW), associazione che difende i cristiani nel mondo, informa che i prigionieri non hanno mai ricevuto accuse formali, non hanno avuto permesso di incontrare esponenti dei loro consolati, hanno subito in carcere condizioni disumane. L’organizzazione Middle East Concern ricorda che, dopo l’amnistia generale concessa a dicembre 2001 dal re saudita Fahd per la fine del Ramadan, le autorità avevano promesso ai cristiani il rilascio, poi negato, in occasione del Natale. Con l’amnistia erano tornati in libertà oltre 12mila prigionieri, ma non i cristiani. In un articolo riportato dal sito web Arabia on-line, il principe Talai Ibnu-Abdel-Aziz Al Sa’ud, membro della famiglia reale saudita, afferma che la presenza cristiana nella società arabica è “un’autentica forza, tutela la diversità e aiuta a mantenere una visione equilibrata”. Ma la versione radicale dell’Islam applicata in Arabia Saudita proibisce manifestazioni pubbliche di culto non islamico. Funzionari sauditi dicono che ai cristiani è consentito incontrarsi in privato per la preghiera; ma la polizia religiosa spesso arresta quanti lo fanno.


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