Politica
Garante Infanzia: no a una rigida durata massima per l’affido
«Le condizioni del nucleo familiare sono caratterizzate da dinamiche complesse e non prevedibili, che non garantiscono che al momento del rientro il minorenne trovi un ambiente adeguato. La scadenza automatica sembra posta più a tutela degli adulti che dei minori»: così Carla Garlatti in audizione in Commissione Giustizia sulla riforma della legge 184/83
di Redazione
La Commissione Giustizia della Camera nell’ambito dell’esame dei cinque progetti di legge sulla riforma degli affidi (Modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori) ha svolto oggi l’audizione della Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti.
Sono quattro i punti toccati in particolare dalla Garante. Il primo, di ordine generale, è un invito ad affrontare la riforma della disciplina degli affidi «senza farsi travolgere dall’emotività che, comprensibilmente, talune vicende di cronaca hanno suscitato. Occorre infatti fare in modo che nell’applicazione della legge si trovino soluzioni caso per caso, senza automatismi o rigidità, nell’effettivo interesse del minore», ha detto la Garante.
La disciplina degli allontanamenti d’urgenza, disposti dai servizi sociali prima dell’intervento dell’autorità giudiziaria va sì modificata ma senza abrogare quel comma 403 che era stato pesantemente messo sotto accusa nell’estate di “Angeli e Demoni”. Si tratta di «un istituto che dal 1942 a oggi ha avuto un’applicazione frammentaria, discrezionale e non uniforme in Italia, ma che non va abrogato. L’Autorità garante, come già nel 2019, ha chiesto in tali casi l’immediato coinvolgimento del pubblico ministero per un rapido inoltro al tribunale per i minorenni per l’eventuale convalida o modifica del provvedimento», sintetizza Garlatti.
Suscita invece la preoccupazione della Garante, la previsione contenuta in diverse proposte di legge di ancorare rigidamente la durata massima dell’affidamento a un termine, scaduto il quale si verificherebbe automaticamente la decadenza del provvedimento: perché, visto che gli affidi sine die sono sempre stati indicati come un problema e una violazione dei diritti? E che in Italia per esempio secondo l’ultimo Rapporto sugli affidamenti familiari e collocamenti in comunità (pubblicato nel 2017 su dati al 31 dicembre 2014) il 61% degli affidi familiari duravano più dei due anni previsti per legge mentre la permanenza in comunità supera i due anni per il 25% dei minori. «Le condizioni del nucleo familiare – spiega Carla Garlatti – sono caratterizzate da dinamiche complesse e non prevedibili, che non garantiscono che al momento del rientro il minorenne trovi un ambiente adeguato. La scadenza automatica sembra posta più a tutela degli adulti che dei minori».
Garlatti si è infine detta contraria a un abbassamento per legge, dai 12 anni attualmente previsti a 8 o 10 anni, dell’età minima per l’ascolto del minore nei procedimenti di affido: «Sotto i 12 anni già oggi il giudice può svolgere, secondo il suo equo apprezzamento, una valutazione sulla maturità e sul grado di consapevolezza del minore. È importante che questi elementi siano esaminati di volta in volta e non prestabiliti per legge».
In allegato e a questo link il dossier del Servizio Studi della Camera sulle proposte di modifica della legge 184/83.
Foto di copertina Carolina Hernandez, Unsplash
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