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Cristina Comencini. Sulla legge Zan a sinistra si apra un vero dibattito
Intervistata da Avvenire la regista e scrittrice: inaccettabile criminalizzare chi, come me, ha dubbi sul testo. «Non sono d’accordo nell’accostare la tutela degli omosessuali e transessuali a quella di donne e disabili»
di Redazione
Dopo le intervistaìe a Paola Concia e ad alcue femministe “Avvenire” continua a raccogliere le voci critiche sulla legge Zan nel campo della sinistra e dei progressisti (qui un manifesto e qui un altro). Oggi tocca a Critisna Comencini.
Riassuma i dubbi presentati nel documento dei progressisti.
Non siamo d’accordo nell’accostare la tutela delle donne a quella degli omosessuali e transessuali, così come previsto nella legge Zan. La misoginia appartiene ad altri schemi culturali, la si combatte in altri modi. La stessa osservazione riguarda i disabili. La seconda obiezione riguarda la parola 'genere' (la legge Zan elenca le discriminazioni e le violenze per motivi legati «al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità », definendone i contorni in modo che è stato oggetto di polemiche, ndr). Il ddl Zan introdurrebbe una sovrapposizione del concetto di 'sesso' con quello di 'genere', con conseguenze contrarie all’articolo 3 della Costituzione per il quale i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere. La definizione di 'genere' contenuta nel testo crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto. Inoltre 'identità di genere' è l’espressione divenuta il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale. È un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica. Come scriviamo nel nostro documento, c’è il rischio che prevalgano visioni che anche in altre parti del mondo hanno aperto un conflitto rispetto all’autonomia delle donne.
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