Politica

Il Terzo settore è necessario per dare forma e principi allo spazio politico

Il compito del Terzo settore - spiega Stefano Zamagni, che riprende l'appello lanciato da Giuliano Amato - «è alzare il livello del dibattito per andare a toccare quelle questioni di principio che, invece, sono state accantonate». In questa situazione, il Terzo settore «deve occuparsi del sociale, del culturale, ma anche del politico inteso come ambito dove quei principi vengono rappresentati»

di Stefano Zamagni

Lo spazio politico non coincide con lo spazio occupato dai partiti. Quando si parla di ruolo o di funzione politica degli Enti di Terzo settore non significa necessariamente alludere all’impegno degli stessi enti nella sfera partitica. Questo è un equivoco che viene da lontano e, purtroppo, continua a perseguitarci. La politica riguarda tutti. Riguarda il singolo cittadino, le aggregazioni sociali, i corpi intermedi. I partiti, all’interno dei corpi intermedi, sono una parte, non il tutto. Rappresentano il veicolo di certe istanze, di certe idee e di certi processi. Istanze, idee e processi che devono essere realizzati, dopo esser stati elaborati nella società.

In Italia, però, è successa una inversione tra mezzo e fine: lo spazio politico e lo spazio partitico si sono scambiati le parti, fino a sovrapporsi. L’origine di questa inversione risiede nel fatto che il mondo del Terzo settore ha sempre curato la sfera sociale e la sfera culturale, ma mai quella politica.
Prova ne è che tutte le volte che in un’organizzazione – che sia un’associazione di volontariato, un’associazione di promozione, una coop e via dicendo – si faceva riferimento all’impegno politico la reazione era immediata: «noi non c’entriamo». Il risultato è sotto gli occhi di tutti: in questi ultimi decenni, il mondo del Terzo settore ha fatto passi da gigante sul fronte dell’impegno, dell’innovazione sociale e anche sotto il profilo culturale (diffondendo, ad esempio, la cultura della sussidiarietà), ma non ha fatto nulla sul piano eminentemente politico. Conseguenza quasi inevitabile: lo spazio della politica è stato occupato, quasi “invaso” manu militari dai partiti. I partiti si sono arrogati poteri che non solo loro, Ma vista da un’altra prospettiva – quella dei partiti – questa occupazione ha d’altronde un senso: quello spazio era stato lasciato vuoto.

Un esempio. Nel dopoguerra, per alcuni decenni e fino agli anni Settanta, un’associazione come l’Azione Cattolica nutriva al proprio interno una dialettica politica che la portava ad agire politicamente. Poi, con gli anni, si iniziò a parlare di socio-politica, fino a che della politica non rimase più molto. Negli ultimi trent’anni abbiamo lasciato sguarnito il campo e abbiamo buttato all’aria un patrimonio enorme. Questo vale tanto per gli Enti del Terzo Settore di matrice culturale cattolica, quanto per quelli che si riconoscevano nella tradizione di pensiero laico-socialista. Si è così prodotto un impoverimento radicale del tessuto politico complessivo.

Ora i nodi stanno venendo al pettine. Quello che caratterizza il nostro Paese è un paradosso. Un paradosso del seguente tipo: quanto più le posizioni programmatiche dei partiti sono percepite come tra loro simili, tanto più gli stessi partiti si trovano costretti, nella competizione politica, a sottolineare il tema dei valori. In altre parole, le questioni di valore aumentano l’impatto elettorale. Nella letteratura internazionale, si parla di valence issue. Mentre una volta la competizione era sui programmi, oggi tra i partiti c’è una sostanziale convergenza programmatica e la gara politica si concentra allora sui valori. Ma attenzione: i valori non sono sinonimo di principi. Sui principi è evidente che non si può negoziare, sui valori invece si negozia.

In questa situazione di paradosso e di confusione, la contromossa è reimmettere nel dibattito politico la questione dei principi. Ed qui che io vedo il ruolo specifico dei soggetti e degli Enti del Terzo settore.

Ovviamente, questo non significa “parteggiare” – cosa comunque legittima e possibile. Ma ciò che caratterizza il settore nel suo complesso è questa assunzione nuova di responsabilità. Una responsabilità che riporti il tema dei principi fuori dalla secca in cui lo hanno collocato i partiti.

Il compito del Terzo settore, oggi, è alzare il livello del dibattito per andare a toccare quelle questioni di principio che, invece, sono state accantonate. In questa situazione, il Terzo settore non può tirarsi indietro. Il Terzo settore deve occuparsi del sociale, del culturale, ma anche del politico.

Il Terzo settore deve battere un colpo. Questo (anche questo) è il senso dell'appello lanciato da Giuliano Amato. Deve assumere consapevolezza del proprio ruolo anche politico, soprattutto dopo gli importanti riconoscimenti che ha avuto in questi anni. Il Terzo settore sta crescendo: deve essere dunque capace di una prospettazione politica all’altezza della propria vocazione.

Testo raccolto da Marco Dotti

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