Cultura

«Prendiamo il toro per le corna»: la sfida della finanza d’impatto

Superare il modello di una finanza rapace e aggressiva è possibile. Come? Applicando i principi dell'impact investing. Un numero imperdibile di Vita dedicato al tema, con interventi, inchieste e interviste esclusive ai maggiori esponenti di un nuovo modo di pensare che sta cambiando, da dentro, le regole del mercato

di Redazione

Ripensare la società, riprogettare l'economia attraverso la leva della della finanza ad impatto. È la sfida raccontata nella cover story del nuovo numero di Vita, in edicola dal 9 giugno, ma scaricabile già ora per gli abbonati.

Impact, un'offerta che cresce

Nel primo capitolo, dedicato all'offerta della finanza ad impatto, si parte con una panoramica del direttore Stefano Arduini sull'Europa. In particolare, l'Urban Impact Fund, un programma con una dotazione di 100 milioni di euro che verrà lanciato entro fine anno, è raccontato da ceo di Plus Value, Filippo Addarii, che gestirà l'operazione. Il tutto in un mercato che, spiega Mario Calderini del Politecnico di Milano, ha un valore stimato al 2019 di circa 1,825 miliardi di euro. Attraverso player privati e pubblici sempre più attenti alle conseguenze sociali delle proprie azioni e operazioni, si tratta di un mercato destinato a crescere nel giro di pochi anni come notano il consigliere della Corte dei Conti Natale D'Amico e Raffaella De Felice, Nab community manager del Global Steering Group for Impact Investment.

«Puntare sull'impact è un dovere», insiste Giovanna Melandri, presidente di Social Impact Agenda per l'Italia, nel suo intervento dedicato al PNRR. La valutazione d'impatto è uno «strumento di management ex ante, durante ed ex post», non un mero criterio a posteriori per comunicare la bontà dei progetti.

Per questo, oggi, è possibile non solo rendicontare, ma mappare il modello. Cosa che ha fatto Sara De Carli nell'indagine sui sei fondi stricly impact specializzati in Italia: alimpact, Fondazione Social Venture Giordano Dell'Amore, Oltre II Sicaf EuVEca S.p.A., Opes Italia Sicaf Euveca, Fondo Sì Social Impact, Social Fare Seed Srl. La sfida, osserva tra gli altri Luciano Balbo di Oltre Venture, è individuare per ogni azienda i driver di cambiamento, «definendo dei Kpi sociali specifici». Una sfida che Elena Casolari, partner & ceo di Opes Italia Sicaf Euveca, declina soprattutto sul talento e la leadership femminile attraverso una strategia di impatto inclusivo.

Dopo i fondi, gli Istituti i credito. Investimenti sostenibili, Esg, fondi filantropici mostrano che le banche hanno sempre più «fame d'impatto», come spiegano – nell'inchiesta di Marco Dotti – Marco Morganti, responsabile della direzione impact di Intesa Sanpaolo, Laura Penna, Head of Group Social Social Impact Banking di UniCredit, Rossana Brambilla, head of multi-asset and responsible investment di Sella Sgr.

Sono soprattutto Luca Mattiazzi, direttore generale di Etica Sgr e il direttore generale di Federcasse Sergio Gatti a spiegare come l'impatto non possa più ridursi a una mera tattica, ma riguardi l'intera strategia di un gruppo bancario in termini che potremmo definire «olistici».

Fondi, Istituti di credito, ma anche finanza mutualistico-cooperativa, crowdfunding e microfinanza. Se Lorenzo Maria Alvaro, attraverso le parole del suo country manager Stefano Rossi, racconta come la francese Lista abbia alzato il sipario sul crowdfunding specializzato nell'impatto sociale, Francesco Dente censisce i 13 operatori italiani accreditati in un'esperienza oramai pronta a decollare: il microcredito d'impatto.

C'è poi la grande questione del mutualismo, che rappresenta un vero e proprio modello soprattutto con Coopfond di Legacoop. Racconta infatti il direttore generale Simone Gamberini che Coopfond «si è dato l'obiettivo di supportare la transizione e il riposizionamento strategico delle piccole e medie cooperative». Proprio attraverso l'impact.


Una domanda trascinata dai pionieri

Nel secondo capitolo, affrontiamo la questione della domanda. Da dove arriva la domanda di finanza ad impatto? Cooperative, imprese sociali e Società Benefit sono ancora tiepide, ma i pionieri stanno tracciando la strada. Come osservano il presidente del Cfi Mauro Frangi, quello di Cgm Finance Francesco Abbà e l'open innovation manager di Cgm Flaviano Zandonai le imprese cooperative – in particolare le cooperative sociali – e le imprese sociali in genere condividono i problemi di tutte le piccole e medie imprese: sottocapitalizzazione e dipendenza dal credito bancario.

Una situazione che influisce sulla domanda, che non per questo è destinata a rimanere statica. Anzi. Stefano Granata, presidente di Federsolidarietà, spiega che il tema è sia culturale, che economico. Culturale perché ha a che vedere con la poca abitudine di un certo mondo a sottoporsi a analisi di due diligence. Economico, perché sul mercato ci sono opportunità di finanziamento meno costose di quelle impact e, questo, indubbiamente sfavorisce il cambio di prospettiva.

C'è inoltre, osserva Eleonora Vanni, presidente di Legacoopsociali, il nodo della dimensione del progetto su cui investire: gli operatori finanziari hanno come orizzonte grandi progetti da 10 milioni di euro in su, cifre impensabili per la maggior parte delle realtà sociali italiane.

E le Benefit? Il presidente di Assobenefit Mauro Del Barba nota che le società benefit hanno una sensibilità strutturalmente e strategicamente affine a quella della finanza impact. Partendo da questa affinità è possibile immaginare un cambio di rotta a breve termine. Lo stesso che hanno seguito le dieci realtà-pioniere, concrete e di successo, che raccontiamo nel secondo capitolo della nostra cover story: Santagostino, Bella Dentro, Wonderful Italy, Ricehouse, il Birrificio di Messina, Fraternità e Sistemi, Sfera Agricola, Consorzio Solidarietà, Cooperativa Socioculturale e Anffas Sibillini.

Nuove esperienze, per nuovi mercati. Il tutto porterà presto a convergere queste e altre esperienza in una Borsa a impatto sociale di cui parla Giorgio Fiorentini nel suo pezzo a chiusura del capitolo.

Visioni e parole

Nel terzo capitolo, infine, dopo l'offerta, la domanda e le esperienze parliamo di visioni. Un'intervista esclusiva concessa a Vita da sir Ronald Cohen, autore del recente Impact, un vero e proprio manuale d'uso strategico dell'impact financing, racconta come e perché questa rivoluzione silenziosa sta ridisegnando il perimetro del nostro sistema. Una rivoluzione che, nell'era dei Big Data, renderà non solo auspicabile e possibile, ma necessario misurare le conseguenze e gli effetti di ogni investimento in vista di un futuro più equo. Un futuro imminente, come racconta il ministro delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini: «la sostenibilità genera cambiamento» e il cambiamento calibrato sull'impatto genera sostenibilità.

Il capitolo prosegue con una lunga e articolata intervista con Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, che connette il grande tema dell'inclusione sociale e della lotta alle disuguaglianze con l'evoluzione impact delle banche e del credito. Un'evoluzione che va letta, però, attraverso una lente di sistema, capace di tenere insieme tanti pezzi del mosaico del mondo nuovo che si sta lentamente componendo.

Una visione, questa, condivisa anche da Stefano Zamagni, che osserva come il movimento B-Corp e la finanza d'impatto sono facce di una stessa medaglia, e dall'economista Antonella Sciarrone Alibrandi la quale, ripercorrendo l'insegnamento di Papa Francesco, mostra come la finanza debba essere ricondotta al suo ruolo strumentale e di servizio rispetto allo sviluppo umano.

Attenzione: questo atteggiamento si deve necessariamente integrare con una dimensione territoriale dell'impatto. Senza territorio e senza comunità non c'è impatto positivo possibile. Ecco perché, ribadisce il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori, gli aministratori pubblici devono impegnarsi a interconnettere società civile, associazioni e imprese. Facendole dialogare in vista di una nuova progettualità sociale misurabile nei suoi presupposti e nei suoi fini.

Quella misurabilità che, ad oggi, ancora fa problema ma che, conclude il cofondatore di Next-Nuova Economia Leonardo Becchetti, giorno per giorno dimostra che dobbiamo «misurare per competere». Generatività sociale e impatto, infatti, vanno di pari passo. «Misurare l'efficacia delle nostre azioni» sul piano sociale, ambientale, relazionale e generazionale è una sfida da cui non possiamo esimerci. «Le metriche e le valutazioni saranno sempre più cruciali», insiste Becchetti in chiusura di capitolo, «per realizzare, ma anche per stimolare l'attivazione delle energie migliori della nostra società».

La copertina, infine. Opera di un designer d'eccezione, il lucano Mauro Bubbico, membro dell'Alliance Graphique Internationale, è un chiaro invito: «prendiamo il toro di Wall Street per le corna!». Buona lettura!

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